Proclamare la verità della vita

di Giovanna Abbagnara

Mario Palmaro è il presidente del Comitato Verità e Vita. È sposato con Annamaria e ha 4 figli. Il Comitato Verità e Vita ha iniziato la sua attività il 28 febbraio 2004 – a seguito dell’approvazione della legge 40/2004 sulla fecondazione extracorporea – con la presentazione del Manifesto-Appello:  “Una legge gravemente ingiusta: la verità sulla fecondazione artificiale ‘in vitro”.

Sono passati trent’anni dal referendum e nonostante la sconfitta il popolo della vita ha continuato la sua battaglia.  Secondo lei rispetto a trent’anni fa qual è il clima culturale riguardo al tema della difesa della vita?
Vedo un miglioramento da un certo punto di vista ed un  peggioramento da un altro. Il miglioramento, riguarda sicuramente l’atteggiamento delle nuove generazioni rispetto al tema dell’aborto procurato. Pur non mancando talvolta di superficialità e di qualche pregiudizio potremmo dire che complessivamente c’è un atteggiamento di maggiore apertura e con minori pregiudizi di carattere ideologico. Negli anni ‘70 il tema dell’aborto, legato al movimento di liberazione sessuale e al movimento femminista, accompagnato anche dalla forte avanzata della cultura marxista, prevalente all’epoca, fu caricato di forte pressione ideologica. In generale rispetto a quel clima oggi, le nuove generazioni si pongono in modo  diverso. È bello poterli incontrare dopo qualche lezione, a scuola, all’università e sentirsi dire “Professore, grazie per avermi aperto gli occhi su quest’argomento”. L’aspetto che ritengo gravemente peggiorativo è il giudizio dell’opinione pubblica sul fatto che l’aborto sia legalizzato. Da questo punto di vista, abbiamo incamerato una sconfitta con la legge del ’78 e poi con il referendum dell’’81 e le cose da allora vanno sempre peggio. Sono convintissimo che facendo sondaggi e chiedendo all’opinione pubblica se è giusto che ci sia una legge che permetta l’aborto, penso che i numeri non facciano altro che confermare in maniera crescente l’appoggio alla legalizzazione dell’aborto. L’idea che l’aborto sia un diritto è ormai diventata una connotazione intrinseca alla mentalità corrente e questo è molto grave perché la legalizzazione porta con sé anche una legittimazione morale ed un atteggiamento di maggiore accondiscendenza con conseguenze ulteriormente negative. Ci sono poi ulteriori aspetti peggiorativi dati dall’ampliamento delle possibilità e delle modalità di realizzazione dell’aborto procurato attraverso l’aborto chimico, la RU486, così come la diffusione della micro-abortività con la pillola del giorno dopo. Questi nuovi fronti, non denotano tanto un cambiamento qualitativo del tema, perché o chirurgico o chimico l’aborto procurato non perde la sua sostanza; si denota una privatizzazione del tema e la cultura dell’autodeterminazione contenuta nella 194 trova piena applicazione in queste varie forme messe a disposizione dalla tecnologia.

Professore perché è nato il Comitato Verità e Vita nel 2004?
Il comitato è nato dalla volontà di un gruppo di persone di rendere la testimonianza a favore della vita umana dal concepimento alla morte naturale, una testimonianza sempre più forte e robusta. Intransigente se volessimo utilizzare una parola forte e di cui non abbiamo paura. Quindi nella costellazione delle realtà e delle associazioni pro life che già esistevano o che poi sono ulteriormente nate nel nostro paese, abbiamo sentito la necessità di prendere una posizione forte nella proclamazione della verità intorno alla vita. Da qui il nome Verità e Vita. Questo è derivato dalla percezione che alcune preoccupazioni di carattere politico, pur legittime e pur comprensibili, come la preoccupazione di raggiungere dei risultati di carattere politico, riuscire ad ottenere il cambiamento di leggi oppure l’approvazione di una legge nuova, rischiassero di far dimenticare l’importanza di far proclamare la verità. Non riteniamo che ci sia contraddizione tra l’essere per la vita e come qualcuno dice “sporcarsi le mani” cioè fare azione politica e fare compromessi quando si tratta di migliorare una legge che sia sbagliata E qui vale il riferimento per i cattolici e non solo, al n.73 dell’Evangelium Vitae. Non siamo degli idealisti che rifuggono dalla realtà concreta con cui ci si misura in politica, però siamo anche convinti che quando si diventa una minoranza, e il popolo e la cultura della vita sono una minoranza, non si può attenuare la proclamazione della verità. È importante che si continui ad affermare tutte intere le verità sulla vita: quindi no all’aborto procurato, no alla legalizzazione della fecondazione artificiale, in tutte le sue forme, sia eterologa che omologa, no alla legalizzazione dell’eutanasia e del testamento biologico.

Il vostro impegno pro life è in ambito culturale?
Verità e Vita affida molta importanza al dato culturale. Molti  di noi provengono dalla gloriosa tradizione del Movimento per la Vita, in cui sono compresenti due polmoni: i Centri di aiuto alla vita che estrinsecano l’azione pro life concretamente andando ad aiutare sul campo le mamme con i loro figli e dall’altro lato invece, un’azione che è più di carattere culturale che è quella incarnata dai Movimenti per la vita. In Verità e Vita questa seconda dimensione è quella prevalente ma non esclusiva: organizzazione di convegni, conferenze, pubblicazione di comunicati stampa che hanno avuto in questi anni una forte risonanza, senza però certamente dimenticare anche la necessità di una coerenza di azione, per cui la gran parte degli aderenti di Verità e Vita hanno spesso anche un impegno concreto in Centri di aiuto  alla vita e quindi oltre a scrivere o pensare, lavorano anche concretamente sul campo.

Lei ha conosciuto Giuseppe Garrone?
Sì. È stato innanzitutto un grande amico, una persona che mi ha sempre colpito fin dall’inizio. Quando si dice carismatico di qualcuno, certamente di Garrone lo si può dire a pieno titolo. Un uomo che si caratterizzava contemporaneamente per questo suo aspetto fisico un po’ malfermo, perché le sue condizioni di salute non sono mai state brillantissime, a cui però faceva da contrasto una vitalità ed un impegno sul territorio  impressionante. Tutti lo ricordiamo con questo forte iper attivismo, questo andare dalla mattina alla sera in conferenze in giro per  l’Italia rientrando in nottata, negli ospedali, nelle case delle donne che volevano abortire per cercare di dissuaderle e quindi salvare come giustamente diceva lui tante vite umane. I colloqui telefonici con SOS vita, colloqui nel quale metteva in campo tutta la sua abilità, intelligenza e fede. Garrone è stato uno dei padri nobili della cultura pro life italiana e speriamo che venga ricordato e studiato.

Quali saranno gli impegni futuri del Comitato Verità e Vita?
Cerchiamo di essere attenti per quanto possibile al dibattito culturale attuale. Siamo impegnati con  una posizione anche difficile da sostenere, rispetto alla legge sul “fine vita”, perché c’è una certa tendenza a sostenere questa proposta di legge sulle DAT, dichiarazioni anticipate di trattamento, da ambienti nobilissimi per la vita o dal mondo cattolico. Noi invece abbiamo studiato questo progetto di legge e ne abbiamo dato un giudizio esattamente opposto. Siamo convinti che per le stesse motivazioni ideali, cioè siamo come tutti i movimenti pro life contro l’eutanasia, l’abbandono terapeutico, ma temiamo e abbiamo ragione di temere che questo progetto di legge se diventasse legge si tramutasse in una sorta di boomerang cioè verrebbe approvato con l’intenzione di impedire ciò che invece renderebbe più facile, istituzionalizzando le dichiarazioni anticipate di trattamento. In questo caso, la nostra è una posizione un po’ controcorrente anche se non isolata. Ci sono altre realtà come Medicina e Persona o altri studiosi, costituzionalisti, giuristi di nostro indirizzo che condividono questa valutazione molto critica nei confronti della legge sulle DAT.




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