Una parola per voi

Luce

Luce

di fra Vincenzo Ippolito, biblista

La luce ricopre un significato particolare tra i segni della Pasqua. Il chiarore del cero dalla Veglia del Sabato santo sino a Pentecoste, ricapitola il cammino dell’uomo della Scrittura che, proprio nella luce vede l’alfa e l’omega della sua storia con Dio.

Luce è la prima parola che Dio pronuncia – ’ôr nel testo ebraico (Gen 1,3) – e mentre chiama per nome ciò che esiste sono nella mente e nel cuore suo come desiderio, essa acquista una sua consistenza, esiste con una identità propria, si impone nel caos informe quale prima sua creatura. “Nasca la luce” oppure “Venga alla luce la luce” potrebbe così suonare, in una diversa traduzione, il parto della luce – fôs in greco – che la parola del Creatore genera nell’antico testo degli ebrei di lingua greca. La luce, come ogni realtà creata da Dio, è frutto di un parto, di un gioioso travaglio generato dal concepimento del desiderio che incontra in Dio la volontà, della bellezza di comunicarsi sorgente d’amore e la gioia di vedersi rispecchiato nell’opera delle sue mani. “Fiat lux” diciamo ancora noi, mutuando il linguaggio biblico nella versione latina, quando la nostra storia è attraversata da un chiarore non atteso, da una visita non sperata, da una gioia neppure sognata.

Dal testo di Genesi inizia la corsa della luce. Non c’è pagina nella Scrittura che non ne parli, versetto che non intrecci luce e gioia, luce e vita, luce e calore, luce e sapienza, luce e giustizia, luce e amore. Se chiedi all’uomo della Scrittura un sinonimo di luce, non attenderti una risposta. Difatti, il chiarore che ci permette di vedere ed operare non esaurisce il significato della parola, perché tutto ciò che Dio è ed opera per la sua creazione, è luce e vita, bellezza e sicurezza, speranza ed abbondanza di bene, rettitudine e pace. In tal senso, il termine permette una pluralità di sinonimi, sfaccettature diverse e complementari del dono primordiale del Creatore. Contraria alla luce è poi la tenebra, sinonimo del mondo ostile a Dio e al suo disegno, cifra del male che seduce l’uomo e corrode nel suo cuore il desiderio di Dio.

Un’esperienza raccontata

Ciò che il testo della Rivelazione ci trasmette non è però una riflessione sistematica, ma un’esperienza raccontata. Israele non viaggia con la mente per concetti astratti perché ha bisogno di vedere e toccare nella concretezza della vita l’amore di Dio da accogliere nella fede. Tutto ciò che dice e scrive è passato nel crogiolo dell’esperienza, ogni parola ha il sigillo di un fatto impresso, indelebile, nella memoria collettiva. L’evento si fa ricordo che, trasmesso nel raccolto, educa l’uomo, introducendolo nel mistero di Dio e aprendogli la strada per vivere alla sua presenza. I figli di Abramo apprendono dalla storia il mistero della luce divina: quando “vennero dense nubi su tutta la terra d’Egitto – con i propri occhi si accorgono che – per i figli d’Israele c’era luce là dove abitavano” (Es 10,23) e mentre si allontanavano dalla terra di schiavitù, camminando nel deserto “Il Signore marciava alla loro testa … di notte con una colonna di fuoco, per far loro luce, così che potessero viaggiare” (Es 13,21). Per Israele Dio è luce, il suo amore rischiara le tenebre, apre strade nuove, sgombra una terra abitata da altri e fa sorgere per i suoi eletti un paese largo e spazioso. È Dio che, “avvolto di luce come di un manto” (Sal 104,2), dona forza al suo popolo nel “camminare nella sua luce” (Is 2,5), seguire i suoi sentieri, obbedire ai suoi comandi. Israele, ricco dell’esperienza dell’esodo, sa di poter confidare nel Signore e non si stanca di ripetere al suo cuore, spesso in battaglia: “Il Signore è mia luce e mia salvezza, di chi avrò timore?” (Sal 27,1) e confessa, rapito dal ricordo del fuoco del Sinai: “Tu sei luce alla mia lampada, tu rischiari le mie tenebre” (Sal 18,29). Più è profondo il baratro del peccato e più l’uomo sperimenta che “È in te la sorgente della vita, alla tua luce vediamo la luce” (Sal 36,10); più il popolo cammina nelle tenebre e più Dio lo rischiara (cf. Is 9,1). La luce dell’antica Alleanza è poca cosa rispetto a quella che Dio, con giuramento, ha promesso di donare ai suoi figli: “Il sole non sarà più la tua luce di giorno, ne ti illuminerà più lo splendore della luna. Ma il Signore sarà per te luce eterna, il tuo Dio sarà il tuo splendore (Is 60,19).

La luce nel Nuovo Testamento

È con la venuta del Cristo che l’uomo è abbagliato dalla luce radiosa del mistero di Dio, “sole che sorge dall’alto” (Lc 1,78) “per illuminare le genti” (Lc 2,32). Nel Nuovo Testamento, infatti, abbiamo la rivelazione della luce nel suo significato più vero. Gesù, il Figlio della Vergine, è la luce della vita, “in lui non ci sono tenebre” (cf. 1Gv 1,5 ), Egli non conosce il peccato, il buio dell’odio e della disobbedienza. Chi lo segue ha “la luce della vita”, perché egli è “la luce del mondo” (Gv 8,12). Ciò che Gesù è lo rivela nelle sue parole che illuminano, lo manifesta nei suoi gesti che donano Dio. Tutta la vita di Gesù è sotto il segno della luce: una stella guida i Magi dall’Oriente e un angelo, pieno di luce, annuncia ai pastori la sua nascita a Betlemme. Circondato di luce sul Tabor, scende dal monte pronto ad essere lampada posta sul lucerniere del Golgota per far luce a quanti sono nella casa del Padre. Tutta la sua vita è una rifrangenza della luce-amore, un riflesso del sorriso di Dio per ogni creatura. Per questo il discepolo sa di trovare in Lui la “luce vera che illumina ogni uomo” (cf. Gv 1,9), perché il chiarore della sua divina Persona dona quanto è necessario per vivere in pienezza e trovare la gioia. Con Gesù la vita dell’uomo si riveste di luce, luce di amore e di accoglienza, luce che fuga la paura e l’odio del diverso, luce che spinge ad amare fino alla fine.

È la famiglia il luogo naturale in cui si sperimenta la luce nei suoi molteplici significati. In essa ogni figlio viene alla luce e, giorno dopo giorno, è generato nella luce di esperienze sempre nuove. Tra le mura domestiche, cammina sotto lo sguardo dei suoi genitori e da essi accoglie parole e gesti che illuminano e guidano il suo cammino nella ricerca del vero bene. È Cristo, infatti, la lampada della famiglia, lui rischiara il buio delle difficoltà ed effonde il calore dell’amore, unico tepore che scioglie il freddo del cuore. Più la luce di Cristo è cercata nella preghiera, sperimentata nell’Eucaristica, incontrata nella Parola e più le relazioni in famiglia creano la civiltà dell’amore, il Regno di Dio in terra. Ecco perché dopo Pentecoste il cero pasquale viene spento, siamo noi la luce di Cristo nel mondo, luce che accoglie e riscalda, luce che porta la verità e l’amore, luce che genera vita, ricerca sincera della giustizia, desiderio di un’autentica fraternità tra gli uomini.




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