Educazione

Figli: non basta tenerli a bada

di Carolina Rossi e Giulia Palombo

Il silenzio educativo: quando i genitori abdicano al compito educativo, delegando baby sitter, tecnologia e televisione. Cosa significa per i genitori avere un progetto educativo? Come accompagnare e sostenere la crescita dei figli responsabilmente?

La storia. Marcello, 9 anni, definito “iperattivo” a scuola e in tutti i suoi contesti di vita. Non riesce a star fermo un attimo e le insegnanti ormai hanno rinunciato non investendo più su di lui, sebbene lo ritengano un ragazzo molto intelligente. Tant’è che spesso per fargli sbollire il suo bisogno di evasione lo lasciano uscire dalla classe per qualche ora. Anche al gruppo del catechismo Marcello è quello che non rispetta le regole, cerca continuamente di smontare ogni cosa e ogni iniziativa dell’adulto. E continua fino a quando chi ne è responsabile non lo redarguisce o arriva ad esasperarsi. Come mai? I genitori di Marcello non riescono ad occuparsi molto di lui, perché da sempre presi principalmente dal lavoro e da loro stessi. Anche loro da bambini non sono stati adeguatamente seguiti, ed ora fanno i conti con il bisogno di recuperare quella parte di vita attiva e di figli protagonisti persa precedentemente. Così, il loro tempo e le loro attenzioni, oltre al lavoro, sembrano principalmente orientate alla ricerca di spazi personali, che non gli permettono di “attenzionare” adeguatamente il figlio ed i suoi bisogni. La baby sitter sembra essere stata incaricata di occuparsi di loro e quando mamma e papà sono a casa, la tv e i videogiochi la fanno da padroni, gli unici strumenti capaci di fermare Marcello. La modalità disimpegnata che utilizzano nella cura del figlio contribuisce ampiamente a strutturarne il comportamento. Poco calore e poco controllo, scarsa comunicazione sono gli elementi alla base di uno stile educativo e relazionale di tipo disimpegnato/trascurante, che poco fa sentire al figlio di poter “esistere” emotivamente, che non offre adeguati strumenti di comprensione del mondo e delle regole, disorientando.

Il silenzio educativo. All’interno della propria famiglia ogni bambino sperimenta il proprio essere unico ed irripetibile e affronta l’itinerario evolutivo dall’infanzia all’adolescenza, fino alla giovane età, nutrendosi delle profonde relazioni che stabilisce con chi si prende cura di lui e lo aiuta a crescere.

Il rapporto con la madre e con il padre e, più in generale, con la storia familiare è un’esperienza ricca da un punto di vista affettivo, in cui ciascuno impara che ha valore per se stesso al di là del livello di prestazioni che può dare, ma allo stesso tempo fornisce al figlio precisi orizzonti di senso.

Dare calore, sostegno, ma anche direzione alla crescita in modo che il piccolo, e poi l’adolescente, si sviluppi e raggiunga una piena identità adulta è il principale compito dei genitori.

Se è proprio questa la funzione che si richiede ai genitori, è facile ed intuitivo capire che l’educazione dei figli non può essere lasciata al caso o “all’istinto”, ma richiede impegno e dedizione per l’elaborazione e l’attuazione di quello che è un vero e proprio “progetto” educativo.

La storia di Marcello ci mostra come a volte si perda di vista la progettualità educativa nei confronti dei propri figli, ed evidenzia le conseguenze che questo può avere sulla loro crescita. Le tante ore che Marcello trascorre davanti alla tv da solo sono un modo per i suoi genitori per tenerlo buono e tranquillo, ma di sicuro non rientrano in un progetto di crescita per lui. Rappresenta il modo più semplice ed immediato per raggiungere un obiettivo tutto dei genitori.

Quella di usare la tv come intrattenimento per un figlio non può essere ritenuta una scelta ponderata e ragionata. Molte famiglie vivono la solitudine educativa e la difficoltà di soffermarsi sulle tematiche legate allo sviluppo e ai bisogni dei figli.

Quante volte piuttosto che guardare negli occhi dei figli chiedendosi di cosa abbiano veramente bisogno, da genitori ci si ritrova a dare risposte precostituite, basate sull’abitudine o dettate da standard personali? Quante volte da genitori si danno regole, che poi dal genitore stesso non sono rispettate? O ancora, quante volte da genitori si incontrano difficoltà nel “condurre” i figli, nel dare loro una prospettiva e una direzione verso cui tendere? Spesso prevale l’insicurezza sui criteri e sugli obiettivi educativi con cui orientarsi nelle difficili e, oggi, assai complesse scelte. Ancor più spesso domina l’incertezza nell’orientamento perché anche l’adulto non sa cosa desiderare per sé e per i figli. Tante volte il timore di non saper dare risposte adeguate fa si che si evitino alcuni argomenti.

Consigli. È fondamentale cercare di attivarsi per costruire/fruire di spazi di approfondimento e confronto sulle tematiche genitoriali: nessun genitore può ritenersi competente sempre ed in ogni caso e durante le differenti fasi evolutive attraversate dal figlio, ma anche dal proprio compito. Sentire altri genitori accanto e arricchirsi dell’altrui esperienza è sempre utile.

Partendo dalla consapevolezza che i figli vanno innanzitutto conosciuti e riconosciuti, occorre darsi degli obiettivi alla luce della conoscenza dei differenti bisogni e delle differenti fasi del percorso formativo e di sviluppo dei propri figli.

È necessario e fondamentale riflettere in coppia sulla proposta dei riferimenti valoriali che fanno da cornice e da guida al  progetto educativo.

Altresì, risulta importante attrezzarsi per anticipare le domande sempre più mature ed evolute dei figli: non bisogna aspettare che siano i figli a porci le domande intorno ai temi importanti, o far sì che quando arrivano a noi con i grandi temi ci trovino impreparati.

Non è necessario demonizzare tv e video giochi, piuttosto è fondamentale riflettere e far riflettere sull’uso che di questi strumenti della tecnologia si fa. Guardare insieme la televisione è importantissimo perché i bambini hanno tante domande e avere la possibilità di chiedere al genitore e di trovare risposta permette al piccolo di guardare la televisione con un atteggiamento di fruizione attiva e critica. Anche commentare insieme i programmi può essere stimolante come occasione di confronto su tanti temi.

È sicuramente fondamentale in qualità di genitori dare l’esempio, ossia evitare di guardare tv spazzatura, selezionare i programmi televisivi, fare un uso mirato della tecnologia, evitare da adulti di utilizzare la tv come intrattenimento passivo personale.

Affidare i bambini a nonni o a baby sitter non è necessariamente negativo; occorre però esserci anche quando si è assenti, ossia mantenere sempre la dovuta attenzione e regia sui bisogni del proprio bambino, sulla strutturazione e sulla qualità del suo tempo, sui messaggi che gli vengono offerti, sulle attività svolte, insomma occorre prendersi cura di ogni attimo che vede l’assenza del genitore. Un figlio che sa di essere pensato sa anche di essere amato.

Insieme per crescere. I genitori esercitano nei confronti dei propri figli una “responsabilità” educativa, quella che Erikson (1968) definisce “generatività” cioè una  caratteristica precipua dell’adulto che esprime “interessamento in costante espansione verso le nuove generazioni”. Generare, codice tipico della famiglia, non va confinato nel generare figli propri, ma esteso al prendersi cura responsabilmente delle nuove generazioni.

I genitori responsabili e padroni del proprio ruolo sanno che ogni parola, ogni gesto, ogni azione può e deve avere un preciso significato e un risvolto educativo, sanno che sia “il detto” che “il non detto” degli adulti veicolano sempre degli insegnamenti. Essi cercano di sviluppare la capacità di leggere gli eventi e gli episodi familiari in chiave educativa, cercando di cogliere nelle emozioni, nei vissuti, il tentativo di imparare a vivere, di voler crescere e diventare grandi.




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