Morte vissuta in famiglia
“I nostri cari non sono scomparsi nel buio del nulla”
Nell’udienza di ieri, Papa Francesco ha proseguito con le sue catechesi, riflettendo sull’esperienza della morte vissuta in famiglia: quanta sofferenza quando vola in Cielo un figlio o quando i bambini chiedono dove sia la mamma o il papà dopo la loro scomparsa. Un dolore da affrontare alla luce della fede.
«La morte è un’esperienza che riguarda tutte le famiglie, senza eccezione alcuna. Fa parte della vita; eppure, quando tocca gli affetti familiari, la morte non riesce mai ad apparirci naturale. Per i genitori, sopravvivere ai propri figli è qualcosa di particolarmente straziante, che contraddice la natura elementare dei rapporti che danno senso alla famiglia stessa. La perdita di un figlio o di una figlia è come se fermasse il tempo: si apre una voragine che inghiotte il passato e anche il futuro. La morte, che porta via il figlio piccolo o giovane, è uno schiaffo alle promesse, ai doni e sacrifici d’amore gioiosamente consegnati alla vita che abbiamo fatto nascere. Tante volte vengono a Messa a Santa Marta genitori con la foto di un figlio, di una figlia, bambino, ragazzo, ragazza, e mi dicono: “Se ne è andato, se ne è andata”. E lo sguardo è tanto addolorato. La morte tocca e quando è un figlio tocca profondamente. Tutta la famiglia rimane come paralizzata, ammutolita. E qualcosa di simile patisce anche il bambino che rimane solo, per la perdita di un genitore, o di entrambi. Quella domanda: “Ma dov’è il papà? Dov’è la mamma?” – Ma è in cielo” – “Ma perché non lo vedo?”. Questa domanda copre un’angoscia nel cuore del bambino che rimane solo. Il vuoto dell’abbandono che si apre dentro di lui è tanto più angosciante per il fatto che non ha neppure l’esperienza sufficiente per “dare un nome” a quello che è accaduto. “Quando torna il papà? Quando torna la mamma?”. Cosa rispondere quando il bambino soffre? Così è la morte in famiglia. […]
I nostri cari non sono scomparsi nel buio del nulla: la speranza ci assicura che essi sono nelle mani buone e forti di Dio. L’amore è più forte della morte. Per questo la strada è far crescere l’amore, renderlo più solido, e l’amore ci custodirà fino al giorno in cui ogni lacrima sarà asciugata, quando «non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno» (Ap 21,4). Se ci lasciamo sostenere da questa fede, l’esperienza del lutto può generare una più forte solidarietà dei legami famigliari, una nuova apertura al dolore delle altre famiglie, una nuova fraternità con le famiglie che nascono e rinascono nella speranza. Nascere e rinascere nella speranza, questo ci dà la fede».
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stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).
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