Famiglie numerose

Ci dicevano sterili, poi i nostri cinque figli

di Giovanna Abbagnara

Tra gli appunti del mio diario ritrovo dopo alcuni anni la cronaca di un incontro meraviglioso con una famiglia che dopo una diagnosi di sterilità accoglie 5 figli. Tra le gravidanze a rischio e la fatica di essere in tanti sotto lo stesso tetto ripropongo di leggere la bellezza di essere famiglia.

Giuseppe ha 54 anni ed è sposato con Linda dal 1986. La loro storia è avvincente e nello stesso tempo ordinaria, frutto di una fede viva accolta con grande fiducia e di un grande amore vissuto con eroica fedeltà nonostante tutto. È un giorno di sole, la temperatura è fredda, mentre insieme ad alcuni amici seguo Giuseppe, che è venuto a prenderci al casello autostradale per condurci nella sua casa. La sua accoglienza è calorosa, ospitale. La prima cosa che noto all’ingresso sono le tante bici parcheggiate davanti casa, da quelle piccole a quelle grandi, di tutte le misure. Si, perché Giuseppe e Linda hanno 5 figli, sono una grande famiglia, una famiglia numerosa di quelle che oggi non si vedono più, di quelle che non hanno avuto paura di aprirsi alla vita, di quelle che si sono fidati di un Altro che li chiamava a trasmettere la vita. La loro casa però non è a misura di una grande famiglia, è semplice, modesta, essenziale direi, forse troppo considerando che la cucina è davvero piccolissima e ogni giorno stabilmente 7 persone pranzano, inoltre – mi dice Giuseppe – «Molte volte vengono a mangiare con noi degli extracomunitari, dei marocchini, c’è una brasiliana che quasi puntualmente ogni settimana sta con noi e i bambini si accorgono del clima di ospitalità, che si viene a creare. La casa è piccola, fino a ieri non era neanche nostra, eravamo in affitto, ma nonostante la situazione della casa il Signore ci ha fatto questo grande dono e siamo sempre stati aperti alla vita, abbiamo accolto tutti i figli che il Signore ha voluto donarci».

Ripenso alle nostre case superaccessoriate, a misura dei nostri bisogni e Linda mi dice «abbiamo solo una cameretta dove dormono tutti i nostri figli». Mentre lo dice nella sua voce non c’è lamentazione, piuttosto una grande serenità. All’inizio non si siede con noi, lascia che sia Giuseppe a raccontarci la loro storia, ma il suo affaccendarsi a prepararci il caffè, gli sguardi continui con il marito, il sorriso, sono gesti molto eloquenti e racchiudono senza parole una amore silenzioso ed umile. Non mi è difficile immaginarla durante i mesi di gravidanza dei suoi cinque figli,  e lei, incalzata dalle mie domande, mi dice: «Io non ho avute delle gravidanze facili. Ho sempre avuto molti problemi, dovevo stare a riposo assoluto, avevo la nausea, il vomito, non mangiavo niente, dimagrivo durante la gravidanza e poi ingrassavo durante l’allattamento. Ma, nonostante la sofferenza fisica, stavo bene. Quando aspettavo Gioele, il mio secondo figlio, il bimbo era trasverso e questo mi portava le coliche renali, non potevo sforzarmi, non potevo prendere l’altro bambino piccolo in braccio e Giuseppe anche in questo mi ha aiutata molto. I nostri cinque figli sono nati a distanza di due anni l’uno dall’altro, solo tra Gioele e Noemi ci sono due anni e mezzo di differenza, ma sempre perché Dio così ha voluto, noi non abbiamo mai programmato nulla». Giuseppe e Linda non hanno mai pensato, nonostante le difficoltà, di opporsi all’accoglienza di una nuova vita. Il loro pensiero corre ai primi anni di matrimonio, erano giovani e pieni di speranze e subito dopo il matrimonio decisero di rimandare il ruolo genitoriale e di dedicarsi ai viaggi, sono stati in molti Paesi «nell’ex Cecoslovacchia, in Grecia, in Iugoslavia, insomma, ci piaceva viaggiare e non avendo figli ci dedicavamo a questa passione». Dopo quattro anni però nonostante tanti tentativi un figlio non arrivava, «ci siamo recati dal medico e dopo le opportune analisi siamo stati raggiunti da una diagnosi pesantissima: sterilità». È Giuseppe a raccontarci gli istanti di quel momento indelebile: «Quando il medico ci comunicò che eravamo sterili, io vidi che nella stanza non c’era nessun crocifisso, nulla che riportasse a Dio, solo attestati accademici e titoli medici vari. Dissi a Linda “So che Dio se vuole può fare nascere i figli dalle pietre proprio come dice nella Bibbia per i figli di Abramo. Quindi se Dio vuole noi avremo comunque dei figli”». Improvvisamente nelle loro vita avviene un incontro imprevisto: «Una domenica pomeriggio, mentre facevamo una passeggiata per la nostra bellissima costiera amalfitana, un anziano signore ci fermò e ci chiese un passaggio. Salito in macchina ci domandò come mai due giovani come noi erano così tristi ed io – che rispetto a Linda sono sempre stato più loquace – gli risposi: “Come possiamo essere felici se sono tre anni che siamo sposati e non abbiamo ancora avuto dei figli. Ci sentiamo distrutti perché dalle analisi risulta che questo non potrà mai accadere”. Lui subito mi disse  che l’anno successivo avremmo avuto un figlio, proprio come alla Madonna fu annunciato dall’angelo Gabriele, detto questo continuò a parlami di Dio. Subito dopo la galleria che da Amalfi conduce ad Atrani, c’è una cappellina e lui volle scendere, mi disse: “Devo dire un rosario alla Madonna perché mia moglie mi ha preceduto in Paradiso, io andrò da lei, ma lei non potrà più venire da me”. Dopo averlo lasciato, ho invertito la marcia e sono tornato verso la cappellina perché volevo ringraziare quell’uomo per la gioia e la speranza che ci aveva trasmesso, ma lui non c’era più».

Giuseppe nella vita è un decoratore di ceramica, ogni anno si reca con sua moglie a fare delle analisi particolari, per controllare se vi sia piombo nel sangue, cosa che questo lavoro può comportare. «Quell’anno al ritiro di queste analisi il medico ci comunicò che Linda era incinta da più di un mese. Noi ci stupimmo e riferimmo al medico che non era possibile, data la diagnosi di sterilità irreversibile, ma lui confermò la presenza del bambino. Abbiamo accolto con gioia la notizia e lì ci siamo detti che avevamo un po’ forzato la mano a Dio anche se Lui fa di questi regali». Da quella prima gravidanza, ogni due anni Giuseppe e Linda si sono ritrovati ad accogliere una nuova vita per altre quattro volte. È Linda a raccontarci questi anni: «Io ho sempre allattato senza ciclo, ingrassavo tantissimo, e anche durante l’allattamento potevo tranquillamente rimanere incinta senza nemmeno poter fare un conto. Ed in quel tempo io vedevo come era Dio a scandirmi i tempi».

Con la terza gravidanza Giuseppe e Linda hanno vissuto un momento molto difficile. Linda soffriva di disfunzioni alla tiroide e il medico le richiede una scintigrafia con contrasto raccomandandole di stare attenta a non restare incinta, perché questo esame è radioattivo e avrebbe potuto nuocere allo sviluppo dell’embrione. Quando Linda ha fatto l’esame però era già in attesa e non lo sapeva. «Tutti mi hanno accusata, anche in maniera pesante, dicendomi che ero stata imprudente – racconta Linda – che ero pazza ed io all’inizio l’ho presa proprio male, ho litigato con Dio, mi chiedevo perché il Signore faceva una cosa del genere proprio a me, che ero sempre stata aperta alla vita e che l’avevo sempre accolta con gioia. L’ho presa talmente male che volevo abortire. Poi un giorno Matteo mi disse: “Ma come mamma, mi fai tanto pregare per la sorellina e poi tu la vuoi ammazzare?”. Quello è stato il momento in cui ho capito che io non posso giudicare nessuno né un assassino, né una persona che abortisce, perché io non sono migliore di nessuno, se Dio non mi tiene la mano in testa nemmeno io so fare sempre le scelte giuste. Quella è stata la gravidanza più bella sia dal punto di vista personale che di coppia, è stata la gravidanza che ho vissuto con una maggiore tranquillità interiore, perché l’ho vissuta con la consapevolezza che Dio ci accompagna». La strutturale pochi mesi dopo dirà che la bambina era perfettamente sana.

Giuseppe e Linda ci tengono a sottolineare che da soli non ce l’avrebbero mai fatta, sono stati sostenuti dalla comunità a cui appartengono, i neocatecumenali della parrocchia di Pregiato, una frazione di Cava dei Tirreni (SA) e da qualche tempo fanno anche parte dell’Associazione Famiglie Numerose.

«Il Papa tempo fa in un incontro con le famiglie invitava le famiglie numerose ad unirsi e fare qualcosa. Quando ascoltai questa cosa mi restò nel cuore – racconta Linda – ma non capii che cosa bisognasse fare. Poi ad un incontro di comunità abbiamo conosciuto Aniello, il responsabile dell’Associazione in Campania, che ci ha proposto di far parte di questa realtà. E in questa cosa io ho visto realizzarsi un po’ quello che il Papa aveva chiesto qualche anno fa».

Ma i figli, i veri protagonisti, come vivono in questa grande famiglia? «Devo dire la verità, essere numerosi li aiuta ad essere più uniti tra di loro, a volersi più bene a stare più attenti l’uno all’atro. Io vedo che sono già controcorrente. A scuola, ad esempio, vestono tutti firmati e mio figlio è il primo a dirmi quanto trovi stupida questa cosa, perché per lui se una cosa è bella e ti sta bene non è sicuramente perché è un capo griffato. In estate vengono spesso degli amici, che vivono in palazzi e case di lusso, con tutti i confort, noi qui non abbiamo nemmeno il computer e non avremmo nemmeno dove metterlo, che invidiano i miei figli semplicemente perché possono girare con le bici o andare sull’altalena, mentre loro non hanno questi spazi.

Noi come famiglia a sera recitiamo il rosario e la domenica mattina ci riuniamo per le lodi, in queste sere per stanchezza non abbiamo fatto il rosario e la piccolina è venuta dicendomi: “Mamma ma cosa succede, ti sei dimenticata?”».

No, non hanno dimenticato di ringraziare Dio, il Signore della vita e non lo dimenticheranno mai, è la loro forza, la forza dell’amore.




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