Solidarietà familiare
Chi ha famiglia ha una difficoltà in più?
di Marco Giordano
“Chi ha famiglia ha una difficoltà in più”: è possibile ribaltare questo luogo comune? Come riconoscere che la famiglia è invece profezia di comunione? Ce lo spiega Marco Giordano, presidente della Federazione Progetto Famiglia.
«All’inizio di quest’anno un’amica ha segnalato a me e ai miei amici la situazione di una giovane mamma – Anna – con due figlie piccole, che stavano tutto il giorno in ospedale ad accudire il padre gravemente ammalato…».
«Tutto sembrava andare bene fino a quando Giselda non è rimasta incinta. Il compagno non voleva un figlio, lei non poteva nemmeno pensare di “liberarsene”. È rimasta sola…».
«Occhi azzurri, capelli biondi raccolti in una semplice coda di cavallo, spinge un passeggino con un bimbo di un anno, per mano ne ha un altro di circa tre anni e il suo stato di gravidanza è evidente. È polacca, si chiama Vika, mentre il suo compagno è un tunisino sempre disoccupato o con piccoli lavori in nero: sono poverissimi! Ad un certo punto arriva lo sfratto…».
Storie di famiglie, diverse per condizione sociale, contesto geografico, cultura, situazioni concrete, tutte accomunate da un elemento ritornante: ad un certo punto del loro cammino si scontrano, da sole, con problemi più grandi di loro. Difficoltà complesse apparentemente irrisolvibili. Come fare ad uscirne? Come possono Anna, Giselda, Vika, e tante madri e padri come loro, costruire soluzioni per sé e per la propria famiglia?
Don Antonio Mazzi, fondatore della Comunità Exodus, ama ripetere che «il disagio non è causa ma effetto». Effetto della solitudine – aggiungiamo noi – e di quel tremendo isolamento in cui versano migliaia e migliaia di bambini, ragazzi, genitori, disabili, anziani, delle nostre città, soli di fronte ai loro problemi. A ben vedere questa condizione di solitudine riguarda anche molte delle famiglie che “ce la fanno ancora”, delle cosiddette famiglie sane. È come se si stesse in mezzo agli altri ma senza riuscire ad “essere con essi”.
Non c’è tempo! Non c’è più tempo e le energie da destinare a rafforzare il nucleo familiare sembrano ridursi sempre più. Carriera, attività extralavorative, fatiche esistenziali e problemi sentimentali, intasano la vita degli adulti, mentre i piccoli crescono sempre più soli ed insicuri. Come invertire la tendenza? Come risalire la china? Una risposta importante ce la danno i vescovi italiani negli Orientamenti pastorali per il decennio in corso. Essi sottolineano che occorre «cogliere il desiderio di relazioni profonde che abita il cuore di ogni uomo – e impegnarsi a – curare in particolare relazioni aperte all’ascolto, al riconoscimento, alla stabilità dei legami e alla gratuità». Per le coppie e le famiglie significa anche vivere una “piena fecondità”, intesa non solo in senso biologico ma educativo ed affettivo. In particolare, bisogna tessere relazioni di vicinato solidale, affinché vi sia intorno a ciascuna famiglia una rete di relazioni allargate, non solo caratterizzate dal vincolo di sangue. Una sorta di “parentela sociale”. Così, una mamma in difficoltà, un papà con dei problemi, un bambino o un anziano solo, potrà trovare più frequentemente un “fratello”, una “zia”, un “nipote”, pronto a vederlo, incontrarlo nei suoi bisogni, rispondere alle sue esigenze, così ci sarà nei quartieri e nelle città una sempre più ampia rete di solidarietà familiare.
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