La Chiesa deve dire con verità ciò che è famiglia

«La famiglia è un buon annuncio che viene donato da Dio per “salvare” l’uomo e la donna nella loro identità e nella loro relazione»: a colloquio con il cardinale Gualtiero Bassetti, classe 1942, Pastore dell’Arcidiocesi di Perugia-Città delle Pieve.

«Se non abbiamo un’attenzione alla famiglia come Dio l’ha concepita, ovvero l’unione tra un uomo e una donna, la società non solo rischia di diventare liquida, ma anche di perdere senso e significato» è la dichiarazione chiara e precisa del cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo della Diocesi di Perugia-Città della Pieve. Stile semplice e grande apertura pastorale, in linea con il pontificato di Francesco, dal quale ha ricevuto la porpora il 22 febbraio del 2014, durante il primo concistoro di Bergoglio.

Abbiamo dialogato con il presidente della Conferenza Episcopale Umbra, in uno scambio che sottolinea la sensibilità del Pastore nei confronti della famiglia.

La famiglia è una delle priorità del suo ministero episcopale. Vuole chiarirci meglio questo concetto che “la Chiesa deve dire con verità ciò che è famiglia”?

Oggi viviamo in una realtà sociale molto difficile per la famiglia. L’ha ricordato Francesco più volte: c’è una crisi culturale e una fragilità dei legami sociali che finiscono per incrinare sempre più l’unità e la centralità della famiglia. Tuttavia, anche se maltrattata e spesso marginalizzata dal discorso pubblico, la famiglia non può non rimanere al centro della vita sociale perché essa ne è il cuore pulsante e il motore spirituale. Mai come in questo momento, infatti, la famiglia è un “buon annuncio” che viene donato da Dio per “salvare” l’uomo e la donna nella loro identità e nella loro relazione. La vita coniugale infatti, se vissuta secondo il disegno di Dio costituisce essa stessa un Vangelo, una buona notizia per tutti. L’amore che unisce i coniugi fino a formare una “sola carne” santificata dal sacramento del matrimonio è arricchita dallo stesso amore di Cristo per la Chiesa. In altre parole, l’amore dei coniugi e l’amore reciproco tra genitori e figli non è altro che il riflesso dell’amore di Cristo per la Chiesa.

Eminenza lei insiste molto sul compito della Chiesa di essere ponte tra i potenti e gli ultimi della terra. Secondo la sua esperienza missionaria, c’è oggi questa pastorale di vicinanza nella Chiesa?

C’è sicuramente lo sforzo e l’anelito ad andare verso gli ultimi. Non sempre questa pastorale di incontro ottiene i risultati sperati – a volte per una sensibilità non adeguata, più spesso per difficoltà oggettive – ma senza dubbio questo impegno a prendersi cura dei piccoli appartiene, da sempre, al codice genetico della Chiesa. Certamente, però, spetta a Francesco il merito storico di aver rimesso al primo posto, non tanto e non solo della Chiesa ma di tutta l’opinione pubblica, l’attenzione verso i poveri. Verso tutti coloro che hanno bisogno di un aiuto, di una cura, di uno sguardo d’amore. Questa è la grande sfida per il presente e per il futuro. Una Chiesa che guarda il mondo con gli occhi delle periferie. Con gli occhi e il cuore dei piccoli e degli ultimi. E che diventa concretamente il buon samaritano della parabola evangelica. La crisi socioeconomica che attanaglia tutta la nostra società ci interroga profondamente e ci spinge ad agire con ancora maggiore incisività.

Da maggio lei ha iniziato la visita pastorale per “conoscere capillarmente il territorio. Il tema scelto ha una chiara caratterizzazione familiare. Quali sono i bisogni più grandi che le famiglie avvisano?

Le famiglie, prima di tutto, hanno bisogno di attenzione. Non possono essere lasciate sole, abbandonate a loro stesse. Bisogna farle parlare e occorre saper ascoltare. Hanno bisogno di attenzione perché spesso hanno la percezione di non essere considerate. E non gli si può dare torto. A volte nel dibattito politico sembra che le priorità siano altre. E che la famiglia sia qualcosa di residuale. E invece non è così. Ci sono urgenze imprescindibili di cui bisogna occuparsi subito. C’è il dramma della disoccupazione che colpisce i figli e spesso anche i genitori con conseguenze durissime nella vita delle persone. C’è la difficoltà delle donne a coniugare la vita familiare con l’essere madre e lavoratrice. C’è il problema della casa, degli asili e infine degli anziani bisognosi di cure. Insomma, c’è un universo vivo e salutare bisognoso di rispetto e di attenzione.

Ci può parlare di questa iniziativa che i vescovi dell’Umbria stanno promuovendo ad Assisi, cioè di un luogo stabile di incontro e di studio, di preghiera e di riflessione, che possa allargare gli orizzonti a tutta l’Europa?

Si tratta di un’iniziativa di grande rilievo internazionale e ancora in fase di costruzione, ma con alcune collaborazioni importanti, come l’Università degli Studi di Perugia e il Sacro Convento di Assisi, e che in qualche modo è un prodotto del lavoro di preparazione del Convegno Ecclesiale Nazionale di Firenze che si svolgerà a novembre 2015. Quello che è certo è che tutti noi dobbiamo riscoprire l’importanza dell’Europa. I discorsi del Papa a Strasburgo sono decisivi. Se vogliamo avere un futuro, sia come Chiesa che come società, e se vogliamo veramente costruire un dialogo di pace con tutti, laici e religiosi, bisogna prima riscoprire noi stessi. Avere consapevolezza dell’anima dell’Europa, come la chiamava Paolo VI, e delle sue radici culturali come le hanno definite Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Questo è il punto di partenza imprescindibile. Quale migliore luogo di Assisi? La città francescana è una sorta di capitale morale, spirituale e culturale dell’Europa. Che oggi, come dice il Papa è invecchiata e assomiglia ad una periferia, ma che per secoli è stata il centro del mondo. Cosa significa per i popoli europei di oggi questa storia? E infine quale sarà il suo futuro politico, sociale ed economico? Domande fondamentali che necessitano di una risposta.

Cosa si aspetta dal Sinodo della Famiglia che celebreremo ad ottobre 2015?

Pur non avendo preso parte al Sinodo straordinario, lo seguo con grande attenzione e in preghiera. Mi aspetto, come tutti i credenti, che i padri sinodali sappiano mettersi in ascolto della volontà di Dio e che sappiano cogliere tutte le urgenze della pastorale familiare. E sono convinto che sarà così. Ho parlato con alcuni di loro e ho avuto modo di scambiare delle idee anche con il Papa. Si respira una grande fiducia per come si svolgerà il Sinodo di ottobre. Una fiducia che non viene raccontata dai giornali troppo presi dal descrivere gli scontri veri o presunti. Quello che stiamo vivendo è un momento di grande importanza perché mai nei Sinodi recenti si era svolto un dibattito così franco e aperto. Il coraggio e lo stile di Francesco non possono che essere lodati e apprezzati. Un esempio per tutti e un monito per i tiepidi.

 




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