Politiche familiari
“Bonus Bebè”: vero incentivo alla natalità?
di Giuseppe Notarstefano, vicepresidente nazionale Azione Cattolica
È dello scorso febbraio il decreto attuativo dell’incentivo economico rivolto ai nuovi nati. Una misura fondamentale che sostiene la natalità, ma da inserire in un pacchetto più ampio di politiche a favore della famiglia.
La legge di stabilità del 2015 all’articolo 13 ha confermato la misura volta ad incentivare la natalità nel nostro Paese attraverso un incentivo di carattere economico noto comunemente come “Bonus Bebè”.
Si tratta di un trasferimento in denaro erogato dall’Istituto nazionale di previdenza (INPS) nell’arco di un triennio a favore di quelle famiglie in cui ci sarà un nuovo nato a partire dal primo gennaio di quest’anno.
L’entità di tale contributo è di 80 euro mensili per un totale di 960 euro annui che verranno erogati a quelle famiglie che dovranno dimostrare di avere un reddito complessivo, ossia di entrambi i genitori, non superiore a 90.000 euro. Il bonus raddoppia a 160 euro per i genitori che non sforano il tetto dei 7mila euro. Le somme incassate dal genitore sotto forma di “Bonus Bebè” non contribuiranno inoltre al reddito imponibile della famiglia. Le famiglie dovranno dimostrare la propria condizione economica producendo l’ISEE, ossia un Indicatore sintetico della condizione economica equivalente, attestato da soggetti idonei a farlo (ad esempio i centri di Assistenza fiscale, i CAF) sulla base di una corposa certificazione fiscale che i contribuenti devono produrre ai fini dell’ottenimento dell’attestazione stessa.
La revisione delle istruzioni di calcolo e delle modalità di presentazione e attestazioni costituisce un elemento particolarmente critico, e per certi versi una sorta di disincentivo nei fatti, nell’applicazione della misura che rischia di essere implementata con un certo ritardo, un rallentamento che però dovrebbe essere a garanzia del principio di equità e sostenibilità dell’attuazione della misura che sarà realmente indirizzata ai destinatari effettivi della politica stessa.
Il decreto attuativo, firmato lo scorso febbraio, ha completato l’iter amministrativo che assegna all’INPS un ruolo di monitoraggio e di vigilanza particolarmente importante, ruolo che viene assunto in un momento delicato dovuto ai recenti cambiamenti al vertice di governo dell’istituto.
L’incentivo economico è rivolto ad un ampio spettro di nuovi nati, tra cui i figli di immigrati regolari e i figli adottati, una platea ampia ma che rischia di escludere una fascia rilevante di donne che pur contribuiscono a sostenere i tassi di fecondità del Paese che in qualche maniera partecipano al processo produttivo pur non essendo (o magari subendo) condizioni di emarginazione sociale e di vulnerabilità economica.
Una tale misura – che è bene ricordarlo incentiva la natalità – va giudicata importante e necessaria anche come misura anticiclica, ma dovrebbe essere considerata dentro un pacchetto a sostegno da un lato della maggiore armonizzazione (preferiamo questo termine suggerito da Stefano Zamagni a quello consueto di “conciliazione”) tra la condizione familiare e sociale dei genitori e dall’altro da misure di sostegno al reddito in una logica di contrasto alla povertà e di inclusione sociale.
Occorrono politiche familiari, differenziate socialmente ed integrate territorialmente, che sappiano sostenere l’offerta di servizi alle famiglie, in una logica di coordinamento pubblico che include anche un ruolo sussidiario ed importante del Terzo Settore, e che incoraggino soprattutto i giovani nella scelta di dare vita ad una famiglia anche attraverso uno sguardo positivo sul futuro e sulla nuova vita che rappresenta l’accoglienza del dono più grande, quello dei figli.
Giuseppe Notarstefano è vicepresidente nazionale del Settore Adulti di Azione Cattolica, è professore aggregato di statistica economica per il territorio e di metodi statistici per la valutazione delle politiche pubbliche presso l’Università degli Studi di Palermo. È coordinatore didattico dell’Istituto di formazione politica “Pedro Arrupe” di Palermo; direttore dell’Ufficio diocesano per i problemi sociali ed il lavoro dell’arcidiocesi di Palermo; componente del Comitato Scientifico dell’istituto “Vittorio Bachelet”. Collabora con Aggiornamenti Sociali, Dialoghi, Benecomune.net ed è autore di numerose pubblicazioni sull’economia regionale, lo sviluppo locale e la valutazione delle politiche pubbliche territoriali.
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