Giustizia

Un tribunale per la famiglia

di Daniele Nardi, ufficio stampa Forum delle Associazioni Familiari

Arriva la proposta di istituire sezioni specializzate dedicate alla famiglia e ai diritti delle persone, nel seno del riordino del processo civile. Il decreto parla anche di “famiglia non fondata sul matrimonio”: un tentativo per introdurre una qualche regolamentazione delle unioni di fatto?

Tra le tante notizie che riguardano la famiglia perlopiù nefaste, ogni tanto ne arriva qualcuna positiva. È il caso dell’iniziativa del governo di prevedere, all’interno del decreto delega per l’efficienza del processo civile, l’istituzione di sezioni specializzate dedicate alla famiglia e ai diritti delle persone.

Queste sezioni dovrebbero avere “competenza chiara e netta su tutti gli affari relativi alla famiglia, anche non fondata sul matrimonio e su tutti i procedimenti attualmente non rientranti nella competenza del Tribunale per i minorenni in materia civile”.

Il Forum già da tempo aveva segnalato l’esigenza di un Tribunale per la famiglia destinato a raccogliere tutti i procedimenti riguardanti la famiglia e i diritti dei suoi membri in ambito civile, penale ed amministrativo.

Avevamo anche chiesto con fermezza che a questo nuovo soggetto venissero attribuite una giusta specializzazione e una appropriata e dedicata dotazione organica, in modo da costruire nel tempo uno spazio competente, con personale dedicato esclusivamente alla cura e regolazione delle relazioni familiari e alla tutela dei diritti delle persone (e soprattutto dei minori) nelle relazioni familiari.

Speriamo quindi che questa decisione del governo sia in questa prospettiva, e confidiamo che si possa concretizzare anche un rinnovato confronto approfondito con le associazioni familiari.

Resta però una perplessità: il decreto parla di “famiglia anche non fondata sul matrimonio”. Affermazione equivoca che non vorremmo nascondesse il tentativo di introdurre una qualche regolamentazione delle unioni di fatto, scavalcando il lavoro e le prerogative del Parlamento e della società civile.

In particolare, il tentativo potrebbe servire ad eludere la recente sentenza della Cassazione che ha ribadito che in Italia non può essere introdotto il matrimonio tra persone dello stesso sesso e che questo non costituisce una discriminazione nei loro confronti; essi hanno altresì diritto ad “un grado di protezione e tutela equiparabile a quello matrimoniale” esclusivamente quando si tratta di diritti fondamentali (e non per un generico “diritto al matrimonio”).

È dunque incompatibile col dettato costituzionale l’equiparazione delle unioni di fatto al matrimonio. È evidente dunque che il testo Cirinnà –attualmente all’esame del Parlamento – non è adeguato a far fronte alle pur legittime aspirazioni delle coppie omosessuali.

 




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