Ho partecipato al Convegno nazionale del Movimento per la Vita che si è tenuto a Mogliano Veneto (Treviso) dal 15 al 17 novembre 2024. Qual è la novità? Ogni giorno sia in ambito sociale che ecclesiale, si tengono tantissimi appuntamenti su argomenti variegati. Tuttavia, credo, dal mio piccolo osservatorio, che la sosta del popolo della vita abbia un valore profetico che pochi media sanno cogliere. Non è solo il ritrovo di un gruppo di amici, circa 350 persone da ogni parte d’Italia, è il segno pacifico di un popolo che nel silenzio e nel sacrificio ogni giorno semina parole e gesti di speranza. E quest’opera è rivoluzionaria perché nella sua azione mette al centro il bambino nel grembo materno e la sua mamma, insieme essi sono i più poveri tra i poveri.
Il senso è ben sintetizzato nelle parole di apertura della presidente Marina Casini: “Nel nostro servizio, lo sappiamo bene siamo testimoni di speranza e siamo chiamati a portare parole di speranza: nelle vite delle donne e delle famiglie che incontriamo nei Centri di aiuto alla vita e nella società ferita dalla cultura dello scarto, affinché proprio nell’accoglienza di ogni figlio della famiglia umana, nato e in viaggio verso la nascita, possa individuare la prima pietra di rinnovamento, per l’edificazione della civiltà della verità e dell’amore”.
Di parole di speranza durante il convegno ne abbiamo sentite tante. E non sono solo quelle che i relatori hanno presentato nei vari workshop che si sono succeduti durante le giornate assembleari, sono soprattutto quelle che provengono dagli operatori della vita. Persone meravigliose che non giudicano né puntano il dito, come sono state ingiustamente dipinte specie negli ultimi tempi da una parte dei media, ma che sono sempre al fianco delle donne, di ogni bambino, anche quello scartato perché portatore di disabilità, vicini ai loro papà, alle giovani donne confuse e vittime di un distorto modo di concepire la libertà.
Il volontario della Vita è un profeta di speranza. Non ha paura di guardare in faccia le difficoltà, né di affrontare la durezza della vita, ma sa che, in ogni situazione, anche la più buia, c’è una possibilità di rinnovamento, di crescita e di amore. Non si limita a osservare i problemi, ma si impegna in prima persona per cambiare le cose, con gesti di accoglienza, con il coraggio di stare vicino agli ultimi, ai vulnerabili, a chi spesso è invisibile agli occhi del mondo. La sua speranza non è ingenua, ma nasce da una profonda convinzione che ogni vita ha un valore inestimabile e questa certezza è un faro che illumina il cammino di chi nelle difficoltà spesso perde la rotta.
Senza la loro presenza, il mondo sarebbe un luogo certamente meno accogliente. Ascoltarli è un’opportunità grandissima di aprire gli occhi e spalancare il cuore all’amore che si fa dono. Attraverso le loro parole si può imparare non solo come comunicare la vita ma anche come comunicare vita. A parlare sono i fatti, le esperienze concrete. Il popolo della vita non fa battaglie ideologiche, semina speranza attraverso storie reali in grado di entrare in quell’angolo oscuro che si chiama coscienza e di rischiarare, offrire una prospettiva diversa.
E i volontari lo fanno con una pazienza immensa, uno stile accogliente mai giudicante, capace di tenere in sé contemporaneamente verità e misericordia. Il silenzio che accoglie, le parole che generano vita, l’accoglienza priva di giudizio, il tempo, la pazienza, la tenerezza che non è mai scendere a compromessi ma essere compassionevoli: sono questi i tratti che si riscontrano nei volontari della vita. Essi entrano discretamente nel vissuto della donna per comprendere se è fino in fondo veramente libera di scegliere la vita o è costretta. Si prendono poi cura di quella donna e del suo bambino per tutto il tempo necessario. Non accampano mai pretese, né appendono medaglie ai loro abiti. Scendono con le donne negli inferi se necessario e risalgono piano piano tenendo per mano le madri e i loro figli.
Non è forse commovente tutto questo? Non è profondamente in grado di trasformare la società dalle periferie più nascoste? Non è forse questo il segno giubilare per eccellenza alle porte di un Anno Santo dedicato alla speranza? Che cos’è la speranza? Ha detto Marina Casini al convegno: «Non è qualcosa di superficiale o episodico, ha una radice profonda che è la fiducia. La più grande? Sapere di essere stati creati per amare ed essere amati. Fonte vera e profonda della nostra speranza. Da qui tutto il resto: la riconciliazione, il perdono. Questa è la certezza che ci deve unire».
Il Caffè sospeso...
aneddoti, riflessioni e storie di amore gratuito …quasi sempre nascoste.
Il caffè sospeso è un’antica usanza a Napoli. C’è chi dice che risale alla Seconda Guerra Mondiale per aiutare chi non poteva permettersi nemmeno un caffè al bar e c’è chi dice che nasce dalle dispute al bar tra chi dovesse pagare. Al di là delle origini, il caffè sospeso resta un gesto di gratuità. Nella nuova rubrica che apre l’anno 2024, vorrei raccontare storie o suggerire riflessioni sull’amore gratuito e disinteressato. Quello nascosto, feriale, quotidiano che nessuno racconta, che non conquisterà mai le prime pagine dei giornali ma è quell’amore che sorregge il mondo, che è capace di rivoluzionare la società dal di dentro. Buon caffè sospeso a tutti!
Aiutaci a continuare la nostra missione: contagiare la famiglia della buona notizia
Cari lettori di Punto Famiglia,
stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).
Lascia un commento