BRICIOLE DI VANGELO

12 Novembre 2024

Una trappola mortale

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 17,7-10)
In quel tempo, Gesù disse:
«Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stringiti le vesti ai fianchi e servimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti?
Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».

Il commento

Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti?” (17,9). Non è un Vangelo facile da commentare, consegna parole che contrastano con le attese più radicate nel cuore dell’uomo, anche quelle più legittime. La parola ruota attorno alla figura del servo, non è difficile scorgere sullo sfondo l’immagine di Gesù che, proprio nella cena pasquale che precede la passione si presenta come “colui che serve” (Lc 22,27). Una parola che spiega e sigilla tutta la sua vita. Lui ha dato tutto senza chiedere nulla, spinto unicamente dal desiderio di rispondere alla volontà del Padre. Giovanni attribuisce a Gesù queste parole: “Non cerco la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato” (Gv 5,30). Nell’oscurità del Getsemani è questa l’unica luce che risplende: “non sia fatta la mia, ma la tua volontà” (Lc 22,42).

Quando facciamo il bene, ricevere la gratitudine ci sembra più che doveroso. Gesù invece chiede di non cadere in questa trappola e ci insegna a fare “tutto quello che vi è stato ordinato” (17,10). Non quello che ci piace ma quello che Dio chiede. Ogni altro motivo, anche quello apparentemente più santo, inquina il cuore e rischia di dare spazio a quel nemico subdolo che si chiama orgoglio. Se facciamo qualcosa con la speranza di ricevere la gratitudine o una qualche forma di ricompensa, finiamo per selezionare le attività in base al gradimento che speriamo di ricevere; e rinunciamo alle altre, quelle più impegnative e/o prive di considerazione sociale. Se questo diventa il criterio che motiva e orienta le scelte, non siamo più servi di Dio ma prigionieri dell’io. Una trappola mortale e purtroppo molto diffusa anche nella vita ecclesiale, più di quanto si pensi. L’attaccamento a noi stessi non ci dispone a fare il bene che Dio chiede. Siamo veramente liberi quando ci impegniamo a vivere ogni cosa in obbedienza a Dio, non importa se non riceviamo il giusto riconoscimento da parte degli uomini. Non è facile vivere così. È una grazia da chiedere con umiltà.



Briciole di Vangelo

di don Silvio Longobardi

s.longobardi@puntofamiglia.net

“Tutti da Te aspettano che tu dia loro il cibo in tempo opportuno”, dice il salmista. Il buon Dio non fa mancare il pane ai suoi figli. La Parola accompagna e sostiene il cammino della Chiesa, dona luce e forza a coloro che cercano la verità, indica la via della fedeltà. Ogni giorno risuona questa Parola. Ho voluto raccogliere qualche briciola di questo banchetto che rallegra il cuore per condividere con i fratelli la gioia della fede e la speranza del Vangelo.


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Silvio Longobardi

Silvio Longobardi, presbitero della Diocesi di Nocera Inferiore-Sarno, è l’ispiratore del movimento ecclesiale Fraternità di Emmaus. Esperto di pastorale familiare, da più di trent’anni accompagna coppie di sposi a vivere in pienezza la loro vocazione. Autore di numerose pubblicazioni di spiritualità coniugale, cura per il magazine Punto Famiglia la rubrica “Corrispondenza familiare”.

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