Guardo la foto delle due carrozzelle vicine, baciate dal sole, davanti a due bicchieri d’acqua e una scatola di cioccolatini e sorrido. Il mio Papa, il Papa della Chiesa tutta, il Papa della gioia del Vangelo ride e conversa di gusto con Emma Bonino, la leader di Più Europa. Mi alzo e cammino su e giù per la stanza. Il sorriso lascia spazio alla preoccupazione. Confesso che la prima domanda che mi sovviene e che rivolgo a me stessa è: “Era proprio necessario?”.
Come in un film con diverse scene, rivedo la Bonino esultare per aver provocato innumerevoli aborti con la pompa della bicicletta prima del varo della 194 e poi proclamare dai pulpiti di turno, giornali e sedi partitiche, falsità e menzogne pur di giustificare l’aborto al grido che “dopo aver abortito io stessa, nessuna donna dovrà essere più umiliata”. La vedo accompagnare centinaia di donne ad uccidere i propri figli. Quanti bambini non ci sono oggi per mezzo della sua acerrima campagna ideologica! Quella che lei indicava come conquista civile, in realtà non era altro che lo sterminio di 6 milioni di bambini dal 1978 ad oggi.
Il dolore è immane. È come un coltello che si imprime nella carne viva. Ancora oggi piegata dagli anni e da una malattia devastante, continua a non spostarsi di una virgola sui suoi “cavalli di battaglia”. Qualche tempo fa leggevo un suo articolo farcito di bugie sull’obiezione di coscienza nelle Marche. Scriveva: “Su 17 strutture sanitarie, 12 sono punti per l’interruzione di gravidanza. In una non si pratica l’aborto (Fermo) e nelle altre quattro non ci sono ginecologi non obiettori. Quattro su dodici hanno più dell’80% di ginecologi obiettori”. I dati tirati fuori dalla Bonino contraddicono quelli della Relazione ministeriale, la quale racconta un altro scenario: per l’anno 2020 il numero di “stabilimenti in cui si pratica l’IVG” sono il 92,9% del totale nelle Marche, addirittura al secondo posto in Italia dopo la Valle d’Aosta!”.
Per non parlare della sua lotta per l’utilizzo della pillola abortiva Ru486! Quante ragazzine, figlie nostre ingannate dall’idea di poter risolvere in maniera veloce e privata l’inconveniente di una scappatella, ergo un bambino nel grembo materno. No, il Papa non doveva andarci! Cosa penseranno tutti? Che la Chiesa si è piegata alla mentalità di questo mondo? Non è che tutto questo buonismo avrà l’effetto di un boomerang per la comunità ecclesiale? Cosa dovrebbero pensare i fedeli? Una cosa è il dialogo con le realtà laiche, un’altra è garantire loro questa vicinanza così simbolica. Ma non è stato proprio il Papa, solo poche settimane fa, a definire i medici che praticano l’aborto dei “sicari”? Come minimo il fedele esce un tantino confuso da questa visita. Non poteva scriverle un telegramma, una mail, farle una telefonata? Non aveva altre persone che attendono una sua parola, una vicinanza, uno sguardo di conforto? Capisco l’amore ma questo non presuppone il pentimento dei propri peccati?
Nella mia arringa personale mi fermo davanti ad un’immagine nel mio studio di santa Maria Goretti. Ripenso alla sua storia di ragazzina 12enne e del suo aguzzino Alessandro Serenelli. «Non solo lo perdono – disse Maria in punto di morte, dopo essere stata colpita a morte da quattordici colpi di punteruolo -: lo voglio con me in Paradiso (…) Alessandro, ti devi convertire: io ti ho già perdonato». Per gente come lui noi avremmo già pronto il finale: in galera a soffrire le pene dell’inferno. Ma il finale di Dio è un altro. Alessandro vivrà la sua vita in un convento di frati, a fare l’ortolano, dopo che la mamma di Maria, Assunta, l’ha perdonato e insieme si sono accostati all’Eucaristia. «La tenerezza è una maniera inaspettata di fare giustizia» disse una volta Papa Francesco. Oggi nessuno di noi immagina una conversione della Bonino ma c’è qualcuno che, evidentemente, ci crede più di me. E mi piace pensare che sia questo il motivo di questa visita. Sperare contro ogni speranza.
Il Caffè sospeso...
aneddoti, riflessioni e storie di amore gratuito …quasi sempre nascoste.
Il caffè sospeso è un’antica usanza a Napoli. C’è chi dice che risale alla Seconda Guerra Mondiale per aiutare chi non poteva permettersi nemmeno un caffè al bar e c’è chi dice che nasce dalle dispute al bar tra chi dovesse pagare. Al di là delle origini, il caffè sospeso resta un gesto di gratuità. Nella nuova rubrica che apre l’anno 2024, vorrei raccontare storie o suggerire riflessioni sull’amore gratuito e disinteressato. Quello nascosto, feriale, quotidiano che nessuno racconta, che non conquisterà mai le prime pagine dei giornali ma è quell’amore che sorregge il mondo, che è capace di rivoluzionare la società dal di dentro. Buon caffè sospeso a tutti!
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