Il XXIII Rapporto annuale dell’Inps, pubblicato a settembre, ha rivelato dati ancora allarmanti sul fronte della maternità. Riporto i numeri significativi non per sottolineare un’operazione culturale di gender gap, cioè di disparità tra l’uomo e la donna, sinceramente mi interessa poco contare i soldi nelle tasche delle donne che sono nettamente inferiori a quelli degli uomini a parità di condizioni. Vorrei evidenziare soltanto che in Italia le donne che accolgono un figlio sono penalizzate moltissimo.
Con la nascita di un figlio sale la probabilità di uscita dal lavoro per la donna e si riduce per l’uomo. Prima della nascita di un figlio la probabilità di uscita dal lavoro è simile per uomini e donne con l’8,5%-9% per i primi e il 10,5%-11%% per le seconde mentre nell’anno di nascita la percentuale sale al 18% per le donne e scende all’8% per gli uomini. A sette anni dalla nascita del figlio la probabilità di uscita dal lavoro è del 5% per gli uomini e del 10% per le donne.
Perché accade questo? Perché una donna che diventa madre e dunque, a mio avviso, diventa anche una professionista migliore perché la maternità sprigiona in pienezza tutta la sua femminilità, la cura e l’attenzione verso l’altro, è costretta a lasciare il suo lavoro? Soprattutto perché in Italia la concezione della professione è ancora molto maschilista, cioè si richiede per le donne le stesse performance degli uomini in termini di ore, forza fisica e tempra caratteriale. Il lavoro non si adegua alla femminilità né tantomeno alla maternità.
Oltre il danno, la beffa. La nascita di un figlio infatti pesa anche sui redditi. Le donne perdono il 16% dei redditi se hanno il congedo di maternità e il 76% dei redditi se non possono contare su questo ammortizzatore. La nascita di un figlio non incide negativamente sul reddito degli uomini che anzi a 7 anni dalla nascita di un figlio contano in media su un incremento del reddito di circa ilo 50%.
Tutto questo in barba alla nostra Costituzione che mi sembra di ricordare bene all’art. 37 recita: “Le condizioni di lavoro [delle donne] devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione”.
Dunque se ho capito bene, tutti gli esperti gridano all’allarme natalità, visto che nel 2080 passeremo da 59 milioni di abitanti di oggi a 46 milioni con le conseguenze che tutto questo avrà sull’economia, sulle pensioni e sulle nuove generazioni e intanto noi insistiamo su un modello contributivo, economico e fiscale che penalizzano le donne con figli. La solita commedia all’italiana.
Il Caffè sospeso...
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Il caffè sospeso è un’antica usanza a Napoli. C’è chi dice che risale alla Seconda Guerra Mondiale per aiutare chi non poteva permettersi nemmeno un caffè al bar e c’è chi dice che nasce dalle dispute al bar tra chi dovesse pagare. Al di là delle origini, il caffè sospeso resta un gesto di gratuità. Nella nuova rubrica che apre l’anno 2024, vorrei raccontare storie o suggerire riflessioni sull’amore gratuito e disinteressato. Quello nascosto, feriale, quotidiano che nessuno racconta, che non conquisterà mai le prime pagine dei giornali ma è quell’amore che sorregge il mondo, che è capace di rivoluzionare la società dal di dentro. Buon caffè sospeso a tutti!
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