23 Ottobre 2024
“Essere padre mi ha fatto capire cosa significa essere figlio di Dio”
Oggi lascio spazio ad un papà. Gli uomini scrivono poco delle loro esperienze di paternità; eppure, potremmo imparare tanto dal loro cuore e dal modo in cui vivono il ministero paterno. Lui è Davide, ed è un amico. Qualche tempo fa gli ho chiesto una testimonianza per il mio podcast “E tu lo chiamerai Gesù” e lui mi ha mandato questo dono, la condivisione di un frammento della sua vita.
Mi chiamo Davide Zanelli, sono sposato dal 1997 con Marina e insieme abbiamo due figlie: Marta ed Elisa. Facciamo parte del gruppo degli Oblati di Casa Betlemme, un’opera fondata dall’ostetrica aretina Flora Gualdani. Oggi, grazie a Giovanna, mi trovo a mettere per iscritto alcune riflessioni sulla mia esperienza di paternità, cosa che non avevo mai fatto prima d’ora. Rivolgendo uno sguardo al passato, ho individuato tre pensieri che desidero condividere.
Il primo riguarda la mia esperienza di paternità avvenuta per la prima volta venti anni fa, e ricordo come quel momento segnò un inizio molto intenso, quasi un “testa coda” emotivo. Pochi minuti dopo la gioia travolgente della nascita di mia figlia, mi sono trovato di fronte una situazione drammatica: ho rischiato di perdere prima lei e poco dopo mia moglie. Un episodio che mi ha profondamente toccato avvenne l’anno successivo. Mi trovavo in montagna, in un luogo meraviglioso vicino a una chiesa. Ero solo con mia figlia e la guardavo dritta negli occhi, grandi e spalancati, perdendomi in quello sguardo, innamorato e rapito da tanto amore. A un certo punto, una riflessione mi attraversò la mente: se io, creatura fatta di fango e miseria, posso amare mia figlia in maniera così folle e travolgente, quanto grande deve essere l’amore che Dio Padre ha per me! Fu un lampo, un istante di consapevolezza che mi fece sentire come affacciato sull’abisso dell’amore divino. Provai una vertigine, uno stordimento. Essere padre mi aveva fatto intravedere, per un istante, cosa significa essere figlio di Dio. Ricordo che entrai in quella chiesa piangendo, ma erano lacrime di pura gioia.
Il secondo pensiero che mi preme condividere riguarda l’importanza dell’esempio e della tradizione, intesa come trasmissione da padre a figlio. Nel tempo, mi sono reso conto di quanto sia grande la responsabilità che abbiamo come genitori, e soprattutto come padri. I nostri figli respirano e assorbono ciò che vivono in famiglia: osservano i nostri comportamenti, la nostra affidabilità, la fedeltà alle promesse. Come qualcuno ha detto, “Un uomo e una donna che si amano e si rispettano nella pace e nella gioia possono assaporare, insieme ai loro figli, un’anticipazione del Paradiso. Al contrario, due genitori che si insultano e non si rispettano aprono una ferita devastante nel cuore dei figli”.
I figli non sono una nostra proprietà, ma un dono immenso che ci è stato affidato dal Creatore. Crescerli e educarli significa custodirli, farli fiorire, per poi lasciarli andare verso ciò che Dio ha in serbo per loro. Il nostro compito è insegnare loro a camminare nel mondo, proteggerli dalle insidie, aiutarli a distinguere il bene dal male attraverso l’esempio della nostra vita, e soprattutto insegnare loro a scegliere la vera libertà e la vera felicità, quella che spesso richiede sacrificio. Come padre, ho capito che l’eredità più preziosa da lasciare ai nostri figli è la fede e la preghiera. È questo il tesoro che conterà di più nel loro cammino.
Ricordo un episodio che illustra bene questo concetto. Le bambine erano ancora piccole e stavano giocando in camera loro. Io, nel frattempo, ero al piano di sopra a suonare la chitarra, provando alcune canzoni che avevo composto per Gesù e Maria. Credevo che fossero totalmente immerse nei loro giochi, ma a un certo punto mi chiesero di cantare ancora quelle canzoni. Mi diedero persino dei suggerimenti su come migliorarle! Fu allora che capii che anche attraverso la musica stavo trasmettendo loro la fede. Oggi, ormai adulte, suonano e cantano le loro lodi al Signore, e trasmettono questa gioia anche ad altri bambini, insegnando loro a fare lo stesso.
Il terzo pensiero riguarda l’umiltà. Sia come sposo che, come padre, ho compreso profondamente le parole di Gesù: “Senza di me non potete fare nulla”. La nostra fondatrice Flora ci insegna a offrire ogni giorno a Gesù le nostre “tre P”: le nostre pene, i nostri peccati e le nostre povertà. Ho imparato così, giorno dopo giorno, a consegnare a Lui tutto ciò che sono: i miei affetti, i miei difetti, le mie imperfezioni. Gli chiedo ogni giorno di colmare le mie lacune, di essere Lui il mio “divino supplente”, perché sa bene dove cado, anche nel mio ruolo di padre.
Nella sua misericordia conosce tutte le mie miserie, le mie assenze di tempo e d’amore, le mie distrazioni e mancanze di attenzione. Lui risana e ripara. Dico spesso: “Gesù, pensaci tu. Copri tu le mie lacune, compi tu ciò che io ho mancato. Aiutami a crescere nel mio compito di padre, insegnami, sull’esempio di San Giuseppe, a migliorare nella mansuetudine e nella fortezza, nella castità e nella tenerezza. Insegnami a vivere secondo la tua volontà in famiglia, nel lavoro e nell’apostolato”.
Ogni mattina affido le nostre figlie a Gesù e ai loro angeli custodi, affinché il Signore le benedica e la Madonna le guidi e protegga. Amen.
Il Caffè sospeso...
aneddoti, riflessioni e storie di amore gratuito …quasi sempre nascoste.
Il caffè sospeso è un’antica usanza a Napoli. C’è chi dice che risale alla Seconda Guerra Mondiale per aiutare chi non poteva permettersi nemmeno un caffè al bar e c’è chi dice che nasce dalle dispute al bar tra chi dovesse pagare. Al di là delle origini, il caffè sospeso resta un gesto di gratuità. Nella nuova rubrica che apre l’anno 2024, vorrei raccontare storie o suggerire riflessioni sull’amore gratuito e disinteressato. Quello nascosto, feriale, quotidiano che nessuno racconta, che non conquisterà mai le prime pagine dei giornali ma è quell’amore che sorregge il mondo, che è capace di rivoluzionare la società dal di dentro. Buon caffè sospeso a tutti!
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Cari lettori di Punto Famiglia,
stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).
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