IDENTITÀ PERSONALE

Stare nella vita come chi fa il sub: se la fede aiuta ad andare in profondità

di Giuseppe Lubrino

Il pensiero cristiano può aiutare i giovani a formare la loro identità perchè li aiuta ad andare in profondità nella vita. Spiega la pedagogista Helga Dentale che bisogna imparare a stare nel mare della vita non come chi fa surf, che sempre rimane in superficie, ma come chi fa il sub, che riesce ad andare in profondità. Da lì, il mare, lo si vede tutto, perché lo si vede da dentro…

Erik Erikson ha avuto il merito di teorizzare le otto fasi che determinano il percorso evolutivo dell’individuo. A differenza di Sigmund Freud egli propone un’evoluzione anche per l’età adulta. Tale presupposto risulta interessante, poiché si ritiene che l’esistenza umana costituisca un itinerario di sviluppo cognitivo, affettivo, culturale permanente. 

L’essere umano ha sempre da imparare, e perciò si rende necessario un apprendimento perenne. Detto questo, particolare attenzione va posta alla fase dell’età adolescenziale: periodo in cui l’individuo si gioca, infatti, la partita decisiva per dare una forma alla propria identità personale

È in questa stagione della vita, caratterizzata perlopiù da una profonda insicurezza, dalla confusione e dalla crisi, che in molti hanno l’opportunità di decidere e di scegliere “chi vogliono essere”. 

In tale contesto, entra in campo anche la dimensione spirituale dell’esistenza

Come il pensiero cristiano può contribuire ad accompagnare i giovani durante il loro percorso di crescita e maturazione personale? 

Una riflessione in tal senso si rende necessaria.

La fede più che fornire una risposta ai grandi interrogativi di senso che ogni persona si pone, aiuta, invece, ad imparare a porsi le domande giuste. L’affettività si sviluppa in questa fase evolutiva della vita e pone ogni ragazzo/a in confronto col dilemma: essere o apparire? 

In tale contesto sembrano illuminanti alcune considerazioni della pedagogista Helga Dentale: occorre contrapporre ad una pedagogia della trasmissività una pedagogia dell’ascolto. A partire dal pensiero di Zygmunt Baumann, che definisce la società attuale liquida e la vede intrappolata nella morsa del consumismo, che rende le persone dei consumatori del tempo, delle relazioni, della cultura. Dentale sottolinea la necessità di riscoprire e promuovere un approccio alla realtà diverso da quello dei surfisti che attraversano il mare restando di fatto in superficie, ma invita a diventare come dei Sub, i quali si immergono. Dal fondo la realtà si comprende meglio e da là si può interpretare in maniera autentica. Si legga quanto segue a proposito dell’arte di ascoltare: 

“Stare in ascolto significa saper aspettare, mantenere la concentrazione, stabilire una comunicazione profonda, con sé stessi o con gli altri. Si sta in ascolto di una persona che ci racconta qualcosa, si sta in ascolto di un’emozione che ci sta attraversando, si sta in ascolto di un tramonto. L’ascolto è un concetto molto ampio e che coinvolge la persona interessata in modo globale”. (Cf. H. Dentale, Prendiamoci il tempo di stare con noi: Educare all’ascolto, alle emozioni, alla felicità. Lindau (17 ottobre 2019), pp. 83-87). 

Leggi anche: Cultura patriarcale: è colpa del cristianesimo? I motivi per rispondere “no” – Punto Famiglia

Affinare il proprio carattere, informarsi sui i rischi e i pericoli che attanagliano non di rado l’esistenza di una moltitudine di giovani, risulta essere una scelta consapevole di senso. Fragilità caratteriali, dipendenze da alcol e droghe, disturbi alimentari, bullismo e cyberbullismo, autolesionismo sono solo alcune delle problematiche che spesso interessano il vissuto dei giovani del XXI secolo. Sulla base di queste considerazioni ci si chiede in che modo il pensiero cristiano può proporre il suo contributo. I giovani durante il periodo dell’adolescenza costruiscono e definiscono la loro identità personale. Tuttavia, tale periodo risulta in genere caratterizzato da incertezze, paure, confusione, conflitti. Ora l’educazione cristiana può risultare un supporto decisivo in tal senso. Il compito della Teologia è quello di rendere ragione della speranza che costituisce la fede. Si legga in proposito il brano della prima lettera di San Pietro: 

“[Siate] pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi. Tuttavia, questo sia fatto con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza, perché nel momento stesso in cui si parla male di voi rimangano svergognati quelli che malignano sulla vostra buona condotta in Cristo. È meglio infatti, se così vuole Dio, soffrire operando il bene che facendo il male”. (Cf.1Pt 3,15b-17).

Partendo, dunque, dal presupposto che questa fase della vita è caratterizzata da profondi e forti cambiamenti corporei, cognitivi e psicologici in cui i giovani sono posti, seriamente ed inevitabilmente, a confronto con se stessi, con le proprie emozioni e i propri sentimenti, con la totalità del loro essere uomo o donna; si può ipotizzare che essi durante questa transizione sono interpellati nel loro intimo anche dalle domande di senso riguardo l’esistenza. Ed è in tale contesto che entra in gioco la dimensione spirituale, la quale, stando all’antropologia cristiana, costituisce la condizione propria di ogni essere umano. A questo punto la fede può far emergere la sua notevole portata pedagogica e educativa per la vita. Il cristianesimo offre una risposta plausibile e accettabile alla ragione circa le domande ultime: “Chi sono? Quale è lo scopo della mia vita? Perché la sofferenza? Cosa succede dopo la morte?”. 

Inoltre, la fede cattolica propone ai giovani un progetto di vita definito: abitare il tempo presente e la società in maniera onesta, responsabile e consapevole, affrontando, trattando le realtà temporali orientandole ai principi e ai valori del Vangelo




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