Nel 2023 in Italia sono in condizione di povertà assoluta più di 2,2 milioni di famiglie e quasi 5,7 milioni di individui. Una condizione che continua a colpire sproporzionalmente i migranti rispetto agli italiani, come conferma il Report Povertà 2023 pubblicato il 17 ottobre 2024 dall’Istat. Nel 2023, scrivono i ricercatori, si contano oltre 1,7 milioni di stranieri in povertà assoluta, con un’incidenza individuale pari al 35,1%, oltre quattro volte e mezzo superiore a quella degli italiani (7,4%).
C’è senza dubbio un problema da affrontare che ha molte sfaccettature ma rischia di essere ideologizzato da una parte o dall’altra della politica italiana. Non voglio fare un discorso politico, né mi unisco alle due grandi fazioni pro o contro l’immigrazione. Faccio difficoltà sia ad accettare un modus agendi secondo cui l’immigrato è solo un numero da inserire in bollettini periodici relativi agli sbarchi o, peggio, alle tragedie del mare e lo rende una non – persona priva dei diritti fondamentali, ma utile all’economia nazionale, perché disposta a svolgere quei lavori faticosi, pericolosi o degradanti, che gli italiani non sono più disposti a fare. Ma rigetto anche chi, senza un’adeguata riflessione e senza concrete attività di integrazione e di mediazione culturale pensa che bisogna accogliere e basta.
Rifuggo lo stereotipo dell’immigrato delinquente. È una narrazione distorta della realtà e molto faziosa quella che pone l’accento sul fatto che se manca il lavoro è colpa degli immigrati che ce lo rubano, se mancano le case popolari è colpa degli immigrati che le occupano o che le hanno legittimamente attribuite dagli enti preposti a scapito degli italiani, se il trasporto pubblico non funziona è colpa degli immigrati che non pagano il biglietto…. e potrebbe seguire un lungo elenco di esempi. Questo è un mantra che spesso nasconde le vere responsabilità della politica e delle amministrazioni locali.
Ma con il buonismo è pur vero che non si va da nessuna parte. Mentre accogliamo come integriamo una persona immigrata? E non si tratta di assicurare solo la casa e il lavoro ma la consapevolezza delle disparità culturali e spesso anche religiose che ci sono tra le popolazioni. Nei costumi, nella differenza uomo-donna, nel lavoro femminile, etc. Chi si assume questa responsabilità? Accogliere sempre e comunque? Come si aiutano questi fratelli?
Nei Paesi nel Nord Europa dove negli anni si sono favorite le politiche di immigrazione, sono nati veri e propri quartieri dove gli immigrati si sono compattati insieme formando delle città nelle città. Comprensione e solidarietà umana devono essere al primo posto, però senza una reale “integrazione” tutto si complica e molto.
Il Caffè sospeso...
aneddoti, riflessioni e storie di amore gratuito …quasi sempre nascoste.
Il caffè sospeso è un’antica usanza a Napoli. C’è chi dice che risale alla Seconda Guerra Mondiale per aiutare chi non poteva permettersi nemmeno un caffè al bar e c’è chi dice che nasce dalle dispute al bar tra chi dovesse pagare. Al di là delle origini, il caffè sospeso resta un gesto di gratuità. Nella nuova rubrica che apre l’anno 2024, vorrei raccontare storie o suggerire riflessioni sull’amore gratuito e disinteressato. Quello nascosto, feriale, quotidiano che nessuno racconta, che non conquisterà mai le prime pagine dei giornali ma è quell’amore che sorregge il mondo, che è capace di rivoluzionare la società dal di dentro. Buon caffè sospeso a tutti!
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stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).
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