MATERNITÀ SURROGATA

La maternità surrogata reato universale. No, affittare l’utero non è come donare un rene

utero in affitto

“Finalmente una decisione chiara, netta – dichiara Marina Casini, presidente del Movimento per la Vita Italiano – in difesa delle madri e dei concepiti, dei più piccoli e indifesi. Ricordando che i figli non sono prodotti da commissionare o diritti da pretendere, la legge è un traguardo di civiltà che rende onore ai bambini, alle donne, alla genitorialità, a tutta la società”.

Queste parole giungono dopo che è stata approvata una normativa, in Italia, che impedisce, ufficialmente, di affittare l’utero di una donna e sfruttarla per “produrre” un bambino su commissione, tramite maternità surrogata. Sarà reato anche se commesso all’estero.

La maternità surrogata, definita in modo più soft “gestazione per altri” non tiene conto, anzitutto dei diritti dei nascituri. 

Durante il dibattito in aula, qualche deputato o deputata dell’opposizione ha manifestato disappunto per la proposta di legge. 

Perché – ha fatto presente qualcuno – se si può donare un rene, decidendo liberamente di rimanerne privi, non si può scegliere anche di donare l’utero, permettendo così a una coppia che tanto desidera un figlio di realizzare quel sogno?

A questa obiezione è bene rispondere che donare un rene è un sacrificio che denota solidarietà (inoltre, si presume che lo si faccia gratuitamente, solo per amore della persona che ne ha bisogno per sopravvivere); affittare l’utero implica coinvolgere una terza persona (il bambino) e trasformare la vita umana in un prodotto da commercio, quando nessuno rischia di morire perché non è stato rispettato un inesistente “diritto a un figlio”. 

C’è un libro che ci aiuta a fare chiarezza su questo: “Generato non creato. Mistica e filosofia della nascita. La maternità surrogata e il futuro dell’umanità”, di Simone Tropea, giornalista scientifico.

L’autore nel suo testo si sofferma sul legame madre-figlio, citando testi come “Maternal Care and Mental Health”, di J. Bowlby, medico che curò un documento per l’OMS sul tema della maternità e dell’attaccamento del neonato alla madre.

Leggi anche: “Credevo che la maternità surrogata fosse un gesto di altruismo, invece…”: la storia di Elisa (puntofamiglia.net)

“Con Bowlby – spiega Tropea – attraverso un approccio scientifico integrato, la scienza contemporanea afferma definitivamente che l’esperienza psichica fondamentale, per ogni individuo umano, è la relazione con la madre. Una relazione pre-culturale, che può risultare ferita o negativamente compromessa, quando viene alterata da un contesto storico e sociale, o da un evento biografico, che produce uno strappo violento e innaturale tra genetrix e generatus, trasformandosi così nell’origine inconscia di molte patologie psichiche e fisiche”. “Se questa separazione non avvenisse in maniera graduale, in maniera tale che il soggetto sia progressivamente in grado di interiorizzarla, riconoscendo in modo positivo ciò che questa separazione significa per la costruzione della sua identità, ovvero l’unica condizione possibile per l’originalità, allora ecco che neppure si uscirebbe dal paradigma edipico”.

Un conto è donare un rene (gesto più che lodevole), altro conto è ritenere che i figli si possano comprare, vendere, regalare, dopo aver firmato accordi e contratti. La prima relazione nasce nel grembo materno.

“La speranza – prosegue Marina Casini, riferendosi alla nuova normativa – è che questa legge non sia un punto di arrivo, ma una tappa nel cammino di riflessione, che va portato a tutti i livelli, sul senso del figlio, tale dal concepimento, della maternità e della paternità. Non basta dire ‘no’ alla maternità surrogata, bisogna dire ‘sì’ all’uguale e inerente dignità di ogni essere umano dal momento del concepimento. Solo questo garantisce il vero progresso e mette al riparo da abusi, discriminazioni, sfruttamenti e prepotenze di ogni tipo, e solo da qui possiamo gettare solide basi per un più alto livello di civiltà”.




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