UOMO E DONNA

Cultura patriarcale: è colpa del cristianesimo? I motivi per rispondere “no”

di Giuseppe Lubrino

“Non è bene che l’uomo sia solo”, ovvero “desidero che egli si senta completo, appagato, realizzato”. L’uomo ha come suo partner privilegiato la donna che, essendo “uguale” a lui nella dignità, può completarlo. Se la Genesi già afferma questo, Gesù viene a ribadirlo con forza nel suo ministero, rifuggendo ogni forma di maschilismo. Pensiamo che la prima a ricevere la rivelazione della risurrezione è una donna…

Tra le critiche più serrate che si rivolgono alla Chiesa, al cristianesimo e alla cultura biblica c’è senz’altro quella secondo cui il pensiero cristiano, nel corso dei secoli, abbia contribuito ad oscurare ed emarginare la figura della donna. Tale discriminazione è posta così alla base della disparità etica, sociale della coppia uomo-donna. A partire da tale prospettiva, “i sapienti” del nostro tempo delineano anche la genesi della cultura patriarcale e maschilista. Senza ombra di dubbio, si può affermare che nulla di vero vi è in queste posizioni, sia dal punto di vista storico che culturale. 

In primis precisiamo che la storia umana è caratterizzata da diverse trame oscure, ordite e complesse. Pertanto, un conto è dire che in determinati periodi storici alcune ideologie che sono state al potere hanno commesso abusi e soprusi nei riguardi della donna e hanno fomentato una certa cultura, appunto, patriarcale e un altro conto è affermare, invece, che la Bibbia o la fede cristiana, nella loro oggettività, insegnano o veicolano certe visioni antropologiche distorte. 

Detto questo, da un’attenta disamina dei dati biblici e relativi al Magistero della Chiesa si può affermare bensì il contrario: la fede cristiana nella sua oggettività ha da sempre proclamato l’uguale dignità della Persona umana in quanto tale! E peraltro da sempre la Chiesa ha tutelato la figura della donna e ha contribuito alla sua emancipazione all’interno della società. Per dimostrare la veridicità di quanto si afferma si intende riflettere su due brani biblici: il racconto di Genesi 2,18-24 e l’annuncio della Resurrezione riportato dalla tradizione giovannea (Gv 20,11-18). I testi biblici che ribadiscono l’eguale dignità dell’uomo e della donna sono molteplici e l’intero insegnamento di Gesù nei Vangeli è un richiamo costante di questa sacrosanta verità della fede! 

Il racconto genesiaco è certamente il frutto di una redazione che intende trasmettere un messaggio di fede adoperando il genere letterario del mito: veicolare una verità ai posteri utilizzando un linguaggio figurato, popolare, dal carattere universale. La funzione del linguaggio mitico persegue, dunque, chiare finalità didattiche e educative. L’agiografo sacro, tramite il suo racconto “delle origini”, vuole dire ai lettori di tutti i tempi da “Chi” hanno avuto origine l’universo, la terra, animali, piante, fiumi, l’uomo e la donna. Il come ciò è avvenuto è compito della scienza e tale era anche il pensiero del celebre Galileo Galilei. Fatta questa precisazione, va detto che i primi undici capitoli del libro della Genesi vanno letti ed interpretati alla luce di queste considerazioni. Si legga di seguito il brano: 

Poi il Signore Dio disse: «Non è bene che l’uomo sia solo: gli voglio fare un aiuto che gli sia simile». Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di bestie selvatiche e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all’uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l’uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome. Così l’uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutte le bestie selvatiche, ma l’uomo non trovò un aiuto che gli fosse simile. Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull’uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e rinchiuse la carne al suo posto.  Il Signore Dio plasmò con la costola, che aveva tolta all’uomo, una donna e la condusse all’uomo. Allora l’uomo disse:

«Questa volta essa
è carne dalla mia carne
e osso dalle mie ossa.
La si chiamerà donna
Perché dall’uomo è stata tolta».

Per questo l’uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne. (Cf. Gn 2,18-24). 

“Non è bene che l’uomo sia solo”, ovvero “desidero che egli si senta completo, appagato, realizzato”. 

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L’uomo ha come suo partner privilegiato la donna che, essendo “uguale” a lui nella dignità, può completarlo. La donna è uguale all’uomo secondo la visione biblica, sia dal punto di vista ontologico che antropologico e culturale. Il primo canto di amore lo si ricava dal brano succitato: “Questa volta essa è carne della mia carne e osso delle mie ossa”. Ovvero: “É simile a me, identica, con la stessa propensione ad amare ed essere amata”. 

“Una sola carne”: Dio con agire chirurgico trae la donna dalla costola dell’uomo, appunto, per sottolinearne l’uguaglianza, la parità di livello ontologico. La coppia umana uomo-donna è posta nell’Eden con uguali diritti e doveri, con pari dignità. Entrambi sono “Persona umana” e ciò è quanto da sempre insegna la fede Cattolica. Il brano del Vangelo secondo Giovanni, invece, informa che nondimeno Gesù risorto sceglie come sua prima Testimone una donna! Tale “scelta” circa il tema che è a fondamento del Cristianesimo, ossia la Resurrezione rivela tutta l’attenzione e la premura che da sempre la Bibbia ha avuto per la figura della donna e l’uguale dignità della persona uomo-donna. Si legga quanto segue: 

Maria invece stava all’esterno vicino al sepolcro e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro e vide due angeli in bianche vesti, seduti l’uno dalla parte del capo e l’altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. Ed essi le dissero: «Donna, perchéé piangi?». Rispose loro: «Hanno portato via il mio Signore e non so dove lo hanno posto». Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù che stava lì in piedi; ma non sapeva che era Gesù. Le disse Gesù: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?». Essa, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: «Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove lo hai posto e io andrò a prenderlo». Gesù le disse: «Maria!». Essa allora, voltatasi verso di lui, gli disse in ebraico: «Rabbunì!», che significa: Maestro! Gesù le disse: «Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli e di’ loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro». Maria di Màgdala andò subito ad annunziare ai discepoli: «Ho visto il Signore» e anche ciò che le aveva detto. (Cf. Gv 20,12-18). 

Gesù affida a Maria un compito straordinario! Farsi discepola e annunciatrice della sua Resurrezione! Ciò significa che gli Apostoli – da buoni lettori ed interpreti delle Sacre Scritture – sapevano benissimo cosa il Dio della Rivelazione giudeo-cristiana insegnasse in merito alla figura della donna. Se non altro non avrebbe “assegnato” ad una donna le sorti della fede e della vita futura della sua Chiesa. Gesù le chiede di “annunciare” ai Dodici che Egli è vivo e che presto si mostrerà loro. Questa richiesta ci fa comprendere di quale grande considerazione, affidabilità e credibilità godeva Maria all’interno del gruppo degli Apostoli. Se questo è vero, allora la Bibbia non ha mai discriminato la figura della donna, tantomeno il Cristianesimo è alla base della cultura maschilista e patriarcale! Al contrario, il Vangelo ha ribadito in tutte le epoche storiche, l’uguale dignità e parità dell’uomo e della donna. 




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