BRICIOLE DI VANGELO

9 Ottobre 2024

Figli e fratelli

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 11,1-4)
Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli».
Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite:
Padre,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno;
dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,
e perdona a noi i nostri peccati,
anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore,
e non abbandonarci alla tentazione».

Il commento

Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito…” (11,1). Il suo modo di pregare sorprende i discepoli, il Maestro non si limita a recitare formule, consolidate dalla tradizione secolare, quando prega sembra entrare in una terra misteriosa, abitata solo da Dio. Stando a Luca è questo che suscita la richiesta: “Signore, insegnaci a pregare” (11,1). La domanda nasce dal desiderio di vivere quella stessa esperienza. Sono come bambini che non sanno ancora parlare, non hanno ancora imparato a parlare con Dio. Discepoli umili che si lasciano guidare con docilità. È questo il punto di partenza.

Imparare a pregare non significa imparare le preghiere. In apparenza, Gesù insegna una formula, in realtà si tratta di una vera e propria catechesi sulla vita orante. Inizia così: “Padre” (11,2). Una piccola parola densa di significato, una parola che ci immerge nel mistero stesso della vita. Non è posta a caso, in fondo tutta la missione di Gesù viene così riassunta dall’apostolo Paolo che la liturgia fa proclamare prima della lettura evangelica: “Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio […] perché ricevessimo l’adozione a figli” (Gal 4,4). La coscienza di essere figli amati è la premessa di una vita di fede. Ed è anche il fondamento di quella solidarietà che il Padre nostro sviluppa attraverso l’uso del plurale: “dà a noi il pane … perdona a noi … non abbandonare noi”. Non è un dettaglio ma il pilastro dell’esperienza di fede: la coscienza di essere figli genera naturalmente la condivisione fraterna. Se questo non avviene dobbiamo avere il coraggio di dire che si tratta di fede interessata e deformata rispetto alle intenzioni di Gesù. Figli di Dio e perciò fratelli. Fratelli perché figli. Quando preghiamo noi bussiamo alla porta di Dio e Dio bussa alla porta del nostro cuore. Noi chiediamo al Padre di mostrare la sua Provvidenza e Lui ci chiede di diventare strumenti di carità. Un intreccio virtuoso che può nascere solo dalla preghiera. Una grazia da chiedere.



Briciole di Vangelo

di don Silvio Longobardi

s.longobardi@puntofamiglia.net

“Tutti da Te aspettano che tu dia loro il cibo in tempo opportuno”, dice il salmista. Il buon Dio non fa mancare il pane ai suoi figli. La Parola accompagna e sostiene il cammino della Chiesa, dona luce e forza a coloro che cercano la verità, indica la via della fedeltà. Ogni giorno risuona questa Parola. Ho voluto raccogliere qualche briciola di questo banchetto che rallegra il cuore per condividere con i fratelli la gioia della fede e la speranza del Vangelo.


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Silvio Longobardi

Silvio Longobardi, presbitero della Diocesi di Nocera Inferiore-Sarno, è l’ispiratore del movimento ecclesiale Fraternità di Emmaus. Esperto di pastorale familiare, da più di trent’anni accompagna coppie di sposi a vivere in pienezza la loro vocazione. Autore di numerose pubblicazioni di spiritualità coniugale, cura per il magazine Punto Famiglia la rubrica “Corrispondenza familiare”.

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