Comico americano: “L’aborto è un omicidio? Sì, ma possiamo conviverci”

aborto

In un programma tv, il comico Bill Maher ha affermato che l’aborto elimina un essere umano. Ciononostante, è “a favore della scelta della donna”: per lui basta “ammettere che lì avvenga un omicidio e conviverci”. Ha aggiunto: “Rimprovero la sinistra quando dice ‘loro [i pro-life] odiano le donne’. Non odiano le donne… Pensano che sia un omicidio. E in un certo senso lo è. A me va bene così”.

La posizione del comico americano ha fatto infuriare molti: senz’altro i pro-vita per il cinismo dimostrato, ma anche i pro-choice per essere uscito dallo schema del politicamente corretto.

Tra tutte le motivazioni che possono giustificare o rendere moralmente accettabile l’aborto Maher ha scelto sicuramente una delle meno accreditate socialmente.

Ha mostrato totale indifferenza perché una vita umana viene stroncata al suo sorgere, anziché dire che una vita umana “vera e propria” ancora non c’è

Ha detto: “In fondo, se io sono vivo, che mi importa di quell’essere umano che deve ancora nascere?”, invece di sostenere che garantire l’aborto è un gesto di solidarietà

Ha infine affermato che “bisogna convivere con la verità”, invece di fuggire da qualsiasi verità sull’aborto.

Per evitare il cortocircuito tra i valori professati, quasi sempre le persone contrarie all’uccisione di un proprio simile (grazie a Dio la maggior parte, almeno in Italia) ma favorevoli all’aborto (le statistiche dicono che lo sono 3 italiani su 4), contestano – fino a sgolarsi – l’utilizzo della parola “omicidio” in riferimento alla soppressione della “vita umana” nel grembo. 

Basta “ammettere che lì avvenga un omicidio e conviverci”, dice Maher.

No: molti, troppi, non riuscirebbero mai a convivere “pacificamente” con qualcosa di simile e allora è necessario usare altre parole.

Leggi anche: “Ho praticato aborti per 40 anni: è brutto come uccidere in guerra”. La testimonianza (puntofamiglia.net)

Non tutti hanno l’onestà intellettuale del dott. Segato, che spiega da medico non obiettore come stanno le cose e, pur restando saldo alla legge che consente l’aborto, e applicandola, ne soffre

Tanti, proprio in virtù del fatto che esiste una legge si ribellano: l’aborto non può essere definito omicidio perché è legale

È questa la critica mossa di recente a papa Francesco per aver detto che l’aborto è un omicidio e aver definito i medici che lo praticano dei sicari.

Prima di indignarci in maniera quasi automatica con il Papa, proviamo a “dialogare con lui” e con chi la pensa nello stesso modo. 

Interroghiamoci seriamente sulle sue parole, interroghiamoci su quello che avviene con un aborto. E proviamo a rispondere ciascuno secondo la propria coscienza.

Prima di tutto, cos’è un omicidio? 

Nel dizionario troviamo come definizione: “delitto di chi sopprime una o più vite umane”

Ora, l’embrione e il feto sono “vite”? Hanno, cioè, un’esistenza distinta, originale rispetto a quella del padre e della madre? Hanno un nuovo patrimonio genetico, unico e irripetibile; un nuovo principio vitale, inedito rispetto a quello dei genitori?

Sono “vite umane”, ovvero appartengono alla nostra specie? 

Perché, se la risposta a queste domande è “sì”, non c’è legge che tenga. 

Spesso si parla di aborto senza parlare dell’aborto.

Si preferisce portare avanti altri temi ad esso connessi, come quello dell’“autodeterminazione” e della “libertà di scelta sul proprio corpo”. Più che concentrarsi sui problemi etici, si preferisce riferirsi alla sua ineluttabilità (“tanto ci sarà sempre, non importa nemmeno se è giusto o sbagliato, parlarne è solo una perdita di tempo, meglio semplicemente renderlo sicuro”).

È davvero indifferente chiedersi se sia giusto o meno l’aborto?

È indifferente se i nostri giovani ci riflettono con la propria testa, prima di sentirsi dire che “tanto ci sarà sempre”?

Non sarà che, a forza di edulcorare questa realtà, poi andiamo in tilt se un comico, che pur difende l’aborto, ci mette davanti ad una verità così “cruda”, mostrandoci, di colpo, nudo l’imperatore che ci illudevamo di vedere vestito con abiti suntuosi? 

Che siamo favorevoli o no all’aborto, siamo capaci di interrogarci seriamente su cosa sia questo atto e di discuterne veramente, lasciando fuori gli slogan? 

La nostra posizione è maturata da studio e riflessione, esperienza, o ci lasciamo trascinare dalla corrente?

E, infine, se dopo una seria, accurata, onesta ricerca, scoprissimo che l’aborto è, di fatto, un omicidio, continueremmo a conviverci pacificamente, come Maher, oppure cercheremmo di fare la nostra parte – senza condanne o dita puntate – per promuovere la cultura della vita?




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Cecilia Galatolo

Cecilia Galatolo, nata ad Ancona il 17 aprile 1992, è sposata e madre di due bambini. Collabora con l'editore Mimep Docete. È autrice di vari libri, tra cui "Sei nato originale non vivere da fotocopia" (dedicato al Beato Carlo Acutis). In particolare, si occupa di raccontare attraverso dei romanzi le storie dei santi. L'ultimo è "Amando scoprirai la tua strada", in cui emerge la storia della futura beata Sandra Sabattini. Ricercatrice per il gruppo di ricerca internazionale Family and Media, collabora anche con il settimanale della Diocesi di Jesi, col portale Korazym e Radio Giovani Arcobaleno. Attualmente cura per Punto Famiglia una rubrica sulla sessualità innestata nella vocazione cristiana del matrimonio.

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