Spesso alcune donne mi confidano che fanno difficoltà ad annunciare proprio allo sposo, all’uomo che amano la gioia della fede, la bellezza di questa esperienza che determina la loro vita. Questo stato di cose comporta vere e proprie sofferenze. Quando si incontra la gioia vera si vorrebbe comunicarla innanzitutto a chi si ama. Quando il coniuge o i figli si chiudono a questa esperienza, spesso si vive un senso di fallimento e a volte la fede diventa anche un terreno di scontro. Il dubbio che assale spesso è: “Dio o la mia famiglia?”.
Teresa di Gesù Bambino può aiutarci a districare la matassa. La domanda è mal posta perché non può esserci una scelta. L’amore per Gesù è sempre primario, da esso scaturisce anche l’amore che si incarna nella vocazione. Scrive Teresa alla sorella Celina: “Egli m’insegna a fare tutto per amore, a non rifiutargli nulla, a essere contenta quando mi dona un’occasione di provargli che l’amo” (LT 142). La piccola carmelitana sa con certezza che nessuno può colmare il suo desiderio di amare e di essere amata se non Gesù solo.
Nel rapporto con Lui, Teresa si sente amata in modo unico e irripetibile. Esclusivo. “Gesù, sei tu l’Agnello che io amo: / a me tu basti, tu supremo bene! / In te ho tutto: terra e cielo ancora! / Il Fior che voglio cogliere, mio Re, sei tu! …” (Il Cantico di Celina, P 18,36). Ella entra al Carmelo soprattutto per vivere questa sponsalità con Gesù e in Lui e con Lui amare le sorelle, salvare le anime dei peccatori e pregare per i sacerdoti. Non possiamo staccare la sua vocazione di monaca da questa esperienza nuziale. Altrimenti tutto perde di significato, tutto diventa un esercizio di volontà in cui al centro c’è la persona e le sue capacità, non l’amore e la grazia di Dio.
Vale anche per coloro che sono chiamati al matrimonio. Ciascuno degli sposi è chiamato a vivere un rapporto nuziale con Gesù. È vitale. È in Lui che si trova la sorgente per amare lo sposo o la sposa, i figli, il lavoro, la missione ecclesiale. I cristiani testimoniano che senza di Lui nulla possiamo. Anche le più belle opere di carità se non scaturiscono da questa sorgente restano delle opere sociali ma non hanno la capacità di far risplendere il volto di Dio in mezzo agli uomini. Il primo comandamento è amare Dio.
In famiglia quando sovvengono difficoltà o incomprensioni, a Lui bisogna guardare. A Lui bisogna rivolgersi se non vogliamo che le rivendicazioni, il rancore, la tristezza invadano il nostro cuore e inquinino le buone intenzioni. Non c’è dunque da scegliere, chi resta aggrappato a Gesù ha la forza, l’audacia e l’intraprendenza per vivere e superare qualsiasi difficoltà con i fratelli. Specie con quanti il buon Dio mi ha messo accanto per vivere la mia vocazione.
Il Caffè sospeso...
aneddoti, riflessioni e storie di amore gratuito …quasi sempre nascoste.
Il caffè sospeso è un’antica usanza a Napoli. C’è chi dice che risale alla Seconda Guerra Mondiale per aiutare chi non poteva permettersi nemmeno un caffè al bar e c’è chi dice che nasce dalle dispute al bar tra chi dovesse pagare. Al di là delle origini, il caffè sospeso resta un gesto di gratuità. Nella nuova rubrica che apre l’anno 2024, vorrei raccontare storie o suggerire riflessioni sull’amore gratuito e disinteressato. Quello nascosto, feriale, quotidiano che nessuno racconta, che non conquisterà mai le prime pagine dei giornali ma è quell’amore che sorregge il mondo, che è capace di rivoluzionare la società dal di dentro. Buon caffè sospeso a tutti!
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Cari lettori di Punto Famiglia,
stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).
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