Non si parla molto del rapporto tra presbiteri e sposi, tra i sacramenti dell’Ordine e del Matrimonio. Oggi che si aprono i solenni festeggiamenti in onore dei santi Luigi e Zelia Martin, genitori di Teresa di Gesù Bambino presso la Cappella sita in Angri (SA) a loro dedicata e possiamo offrire qualche spunto di riflessione. Siamo tutti d’accordo che le due vocazioni hanno specificità e caratteristiche proprie che le rendono uniche e speciali davanti a Dio e per la Chiesa. Ed è bene custodire la diversità, di chiamata e di ruoli senza scimmiottarsi vicendevolmente. Ma spesso cadiamo vicendevolmente anche in un altro errore madornale e cioè intendere la relazione solo sotto il profilo funzionale.

Siamo troppo fermi nella palude della collaborazione pastorale che è poca cosa rispetto al progetto di Dio. Aggiungo che spesso anche in questa collaborazione pastorale non emerge il tratto del matrimonio e della coniugalità, chiamando solo uno della coppia a svolgere un ministero in quanto laico magari formato ma senza aiutarlo a vivere quella specifica attività come sposi e a partire dall’originalità del Matrimonio.

Si necessità di un cambiamento di mentalità che rimette al centro la grazia dei due sacramenti, una comunione spirituale che sia alla base dell’agire pastorale, costruire un’amicizia che sia consolazione gli uni per gli altri. Che ci faccia venire la voglia di farci santi, per mostrare la bellezza di costruire quell’unico edificio spirituale sulla roccia, sulla pietra angolare che è Cristo.

Se vogliamo rivolgere il nostro sguardo ai santi potremmo indagare su come i santi Luigi e Zelia Martin parlavano dei loro figli della dignità della vocazione al sacerdozio e alla vita consacrata. Essi desideravano molto un figlio sacerdote ma non hanno ricevuto questo dono ma Dio esaudisce questo anelito del cuore quando la figlia suor Teresa di Gesù Bambino riceve come fratello spirituale un sacerdote missionario, il p. Adolph Roulland. Scrive Teresa a questo fratello: “Se, come credo, mio Padre e mia Madre sono in cielo, devono vedere e benedire il fratello che Gesù m’ha dato. Avevano tanto desiderato un figlio missionario! Mi hanno raccontato che, prima della mia nascita, i miei genitori speravano che i loro voti, finalmente, fossero vicini a realizzarsi. Se avesse potuto penetrare il velo dell’avvenire, avrebbero veduto che in realtà era per mezzo mio che il loro desiderio sarebbe stato soddisfatto. Poiché un missionario è diventato mio fratello, e anche loro figlio e, nelle loro preghiere, non possono separare il fratello della sua indegna sorella” (LT 202, 9 maggio 1897). Scopriamoci dunque nell’amicizia. Grandi grazie il Signore riserva ai suoi amici.