Cosa possiamo imparare noi genitori dalla storia del profeta Samuele?
Continuiamo il nostro itinerario sull’educazione alla fede in famiglia partendo dalle storie della Bibbia. Da genitori, siamo i primi profeti nella vita dei nostri figli. Si fidano di noi, del nostro parere, anche se non lo dimostrano e può sembrare che non ci ascoltino. Samuele era un bambino e tramite la risposta consigliata da Eli, ha avuto gli strumenti giusti per rispondere ad una chiamata…
Sicuramente siete campioni di risvegli notturni come me. Avrete dovuto interrompere non so quante volte il sonno per tranquillizzare vostro figlio che si presenta accanto al letto, magari spaventato da un incubo. Io di figli ne ho tre e mi è capitato spesso. Alcune volte dico loro ciò che veniva detto a me da bambina: “Era solo un sogno, fai una preghiera al tuo angelo custode e ti riaddormenterai, ci siamo io e papà qui, non preoccuparti”. Altre volte questo invito non ha effetto e devo accogliere il figlio in questione nel lettone per la felicità del papà, che sa bene quanto si starà scomodi per il resto della notte.
La stessa dinamica vede protagonista un bambino di nome Samuele, che nel cuore della notte si sveglia più volte. Samuele, il cui nome significa “nome di Dio”, fu consacrato a Dio da sua madre, Anna, come parte di un voto fatto prima che nascesse. Anna era sterile e aveva pregato di avere un figlio con tanto fervore. Dio esaudì la sua richiesta e lei, fedele alla promessa fatta, lo consacrò al Signore. Pertanto, Samuele viveva nel tempio con Eli, un sommo sacerdote che gli faceva da guida. In un tempo in cui le profezie e le visioni erano rare, Samuele sentì quella che credeva fosse la voce di Eli chiamarlo durante la notte. Le prime tre volte in cui il Signore chiamò Samuele, egli rispose ad Eli, pensando fosse lui, correndo in camera per chiedergli cosa volesse. Eli allora capì ciò che stava succedendo e diede a Samuele istruzioni su come rispondere al Signore se lo avesse chiamato di nuovo. Samuele, all’ennesima chiamata, seguendo il consiglio, rispose: «Parla, perché il tuo servo ascolta». Dio gli diede un messaggio sul suo giudizio da riportare al sommo sacerdote, un messaggio duro che Samuele accolse riferendolo ad Eli il giorno dopo. Fu così costituito già in tenera età “profeta” del Signore, esempio di disponibilità ad ascoltare la chiamata di Dio, anche senza comprenderla appieno.
Cosa può dire questa storia alla nostra vita?
Ci mettiamo in ascolto per comprendere cosa Dio vuole da noi?
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Ci sono molti momenti nella vita in cui possiamo sentirci smarriti o siamo di fronte ad un bivio e non capiamo qual è la strada da percorrere. Scelte che ci tolgono il sonno la notte per quanto ci mettono in crisi! Vale per tutti, nessuno escluso! Bene, possiamo nella preghiera, chiedere a Dio di indicarci con dei segni la via da percorrere. I segni possiamo vederli, sono concreti, ma serve un discernimento speciale. Prestiamo attenzione, magari anche noi ci ritroveremo di fronte un Eli in quel momento della nostra vita pronto a darci un giusto consiglio. Dobbiamo solo riconoscerlo con l’aiuto di Dio.
A nostra volta, da genitori, siamo i primi profeti nella vita dei nostri figli. Si fidano di noi, del nostro parere, anche se non lo dimostrano e può sembrare che non ci ascoltino. Samuele era un bambino e tramite quella risposta consigliata da Eli, ha avuto gli strumenti giusti per rispondere ad una chiamata.
L’intera vita di Samuele si muoverà, da quel momento in poi, sulla linea della fiducia, dell’ascolto, della disponibilità serena a rimettersi in discussione per continuare a essere un tramite autentico e trasparente dell’intenzione divina. La sua vita fu cruciale nella storia di Israele. Egli fu un profeta, unse i primi due re d’Israele, e fu l’ultimo tra i giudici d’Israele, considerato da molti il più grande. Samuele fu un grande “uomo di preghiera” ed il suo popolo lo rispettava per questo, egli ottenne un grande potere dalla sua relazione personale con Dio.
Quanto è importante la preghiera? Moltissimo, per tutti noi. Se abbiamo un brutto mal di testa, ci sono dei medicinali che ci danno sollievo, per qualunque dolore fisico sappiamo come intervenire. E per il mal d’anima? La medicina è la preghiera. Nei momenti in cui mi sento sopraffatta della vita è fondamentale per me mettermi nelle mani di Dio, affidare tutto a lui certa che le cose si sistemeranno o che lui mi sarà accanto per affrontare i momenti bui.
Soprattutto di notte, a prescindere dai risvegli notturni dei miei figli, mi capita che vengano fuori tutte le angosce che durante la giornata, presa dalla frenesia, riesco a far tacere. Non c’è momento migliore per mettersi in ascolto o dialogare con Dio.
Per tutta la sua vita Samuele continuò ad invocare Dio affinché gli desse dei segni. Prendiamo esempio dalla sua fede, dialoghiamo con Dio come hanno fatto Abramo, Mosè, tutti i personaggi di cui abbiamo parlato finora. Lo so, non è semplice perché Dio non possiamo vederlo ma possiamo sentirlo. Ricordo una frase di un film che ho amato, “I passi dell’amore” (ve lo consiglio!) che diceva all’incirca così: “Dio è come il vento, non lo vedi ma puoi sentirlo!”
Il Signore chiama ciascuno di noi per nome, come ha fatto con Samuele, ci ha dato due orecchie e una sola bocca per ascoltare il doppio e parlare la metà.
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