VOCAZIONE AL SACERDOZIO

Chi può diventare sacerdote? Chi è risolto nella sua affettività

sacerdote

Qualche giorno fa, il Papa ha usato un termine scurrile per mostrare perplessità circa l’ingresso nei seminari di persone con tendenze omosessuali. Partiamo dal presupposto che diventare sacerdote non è un diritto. Né un privilegio. “Chi vuol essere primo tra voi, sarà schiavo di tutti”: è questo il mandato che gli apostoli – i primi sacerdoti – ricevono direttamente da Cristo…

Qualche giorno fa il Papa è finito su tutti i giornali per una gaffe: ha usato, infatti, un termine decisamente poco raffinato – del dialetto “romanesco” – parlando della possibilità d’ingresso di persone con tendenze omosessuali nei seminari.

Il Papa, che ha imparato l’italiano da adulto, prendendo forse alcune accezioni dialettali scurrili senza avere piena consapevolezza della gravità di certe parole, si è scusato, dicendo che non voleva offendere nessuno. Ovviamente, però, il danno era fatto.

Lascia un po’ turbati che la notizia sia trapelata da alcuni vescovi, che hanno subito riferito il fatto ai giornali, anziché salvaguardare il Papa, in quanto si trattava di un incontro a porte chiuse, confidenziale. 

Con ciò non si vuole giustificare l’utilizzo di parole inadeguate da parte del pontefice, parole che possono offendere e far sentire “sbagliati”. Si vuole, però – e questo è doveroso – riflettere sul comportamento poco scrupoloso ed ecclesiale di coloro che il Papa poteva considerare, in quel momento, come una famiglia. 

In una famiglia ci si corregge fraternamente, non si vanno a “spiattellare” sulla pubblica piazza gli errori della moglie, del marito, dei figli, dei suoceri. La famiglia dovrebbe essere un luogo protetto, dove chi sbaglia viene corretto, certamente, ma con amore. E i vescovi, attorno al Papa, dovrebbero essere un po’ come una famiglia. L’atto di mettere alla gogna non ha proprio nulla dell’atteggiamento filiale che i pastori dovrebbero al Papa.

Premesso questo, una riflessione la merita anche il contenuto del discorso del Papa, il quale avrebbe mostrato dubbi sull’ingresso di uomini con forti tendenze omosessuali in seminario.

Partiamo dal presupposto che diventare sacerdote non è un diritto. Né un privilegio. È una forma – e per nulla privilegiata – di servizio che non è per tutti: si tratta di una “vocazione”, chiamata particolare, adesione ad un disegno di Dio. Disegno che comporta una serie di grandi fatiche. 

Chi vuol essere primo tra voi, sarà schiavo di tutti”: è questo il mandato che gli apostoli – i primi sacerdoti  –  ricevono direttamente da Cristo. 

Il Papa ha dimostrato in più occasioni che la Chiesa deve accogliere tutti (ha ribadito più volte che lui “non è nessuno per giudicare” uomini o donne con tendenze omosessuali che cercano sinceramente Dio e ha accolto pubblicamente, in piazza san Pietro, persone che erano incorse in un processo di mutazione del sesso biologico).

Altra cosa, rispetto all’accoglienza di ogni figlio o figlia della Chiesa, è dire che tutti possono diventare sacerdoti. Vale anche, ovviamente, per persone eterosessuali. 

Senza entrare nella questione specifica se una persona con tendenza omosessuale possa diventare un fedele sacerdote (e a che condizioni), vorrei soffermarmi sulla vocazione stessa del sacerdote.

Il sacerdote, nella visione limpida e pura di Gesù, è chiamato a “morire” (metaforicamente o letteralmente) per il suo gregge. È chiamato a morire al proprio egoismo e ad amare tutti, mettendosi all’ultimo posto… è chiamato ad accettare il pericolo, pur di recuperare le pecorelle finire nei burroni (pensiamo con gratitudine ai sacerdoti che cercano di strappare i giovani dalle grinfie della criminalità organizzata).

Dobbiamo, dunque, toglierci dalla testa due cose: che il sacerdozio significhi avere un posto di rilievo nella Chiesa e che il sacerdozio sia un privilegio (si segue Cristo fino alla croce, non su un trono dorato).

Se solo capissimo quale condizione di servizio e di sacrificio sia chiamato a vivere il sacerdote cristiano, se capissimo quale capacità di resistere ai colpi sia richiesta per viverla, ci guarderemmo bene dall’augurare quella stessa condizione alle donne (per cavalleria, se non altro) e a chiunque non sia capace di un amore libero, totale, così grande e disinteressato da non cercare più nulla per sé.

Leggi anche: Cosa dire a una ragazza perché sbocci in donna radiosa: 7 spunti da Claire de Saint Lager (puntofamiglia.net)

Non lo augureremmo alle donne non perché sono “meno degli uomini”, ma perché Dio ha una profonda tenerezza per loro e sa – avendoci creati Lui maschio e femmina – che compito dell’uomo è farsi scudo per coloro che gli sono affidati (morire in croce!), mentre quello della donna è custodire in sé il mistero della vita e diffonderla con la delicatezza che è propria del mondo femminile

Se proprio vogliamo fare una gerarchia, Maria, che ha portato Gesù in sé, è stata “più grande” degli apostoli (fu lo stesso Papa Francesco ad affermarlo!), il punto è che è diversa la chiamata dell’uomo e della donna rispetto allo stesso Cristo. 

Le donne sono chiamate quanto gli uomini a seguire Gesù, ma lo fanno in modo diverso, ovvero custodendolo. Sono state loro a baciarlo con oli profumati, ad accompagnalo al calvario asciugandogli il volto, ad accoglierlo deposto dalla croce tra le loro braccia, a vederlo risorto per prime, perché avevano portato dei fiori. E tutto questo, le donne, continuano a farlo oggi per Gesù: pensiamo alle migliaia e migliaia di mamme e di consacrate, quanto sono importanti nella Chiesa! 

Veniamo ora al secondo aspetto. Per essere un sacerdote devi avere un’affettività guarita. Il punto non è essere eterosessuale, il punto è essere “libero”. Quanto capace sei di amare senza aspettarti nulla in cambio?

Spesso al sacerdote viene chiesto di consumarsi per coloro che gli sono affidati, senza godere, in molti casi, della reciprocità. Puoi farlo, se non hai un cuore guarito? Se non ha risolto i tuoi problemi? Se non hai sanato le tue carenze affettive? Se non ti senti così amato da Dio da non aspettarti più nulla dagli uomini – e dalle donne?

Subito dopo aver letto dello scivolone del Papa, mi è capitata sotto agli occhi – senza averla cercata – la notizia di un sacerdote che ha stuprato tre ragazzini

Non sta a me emettere una sentenza su quella persona, ma è evidente – forse più al Papa che a me – che tanti seminaristi e sacerdoti non sono guariti nella loro affettività, non hanno risolto eventuali traumi personali, nutrono perversioni – e qualcuno mi neghi che la pedofilia lo sia! – che del Vangelo non hanno nulla. Non hanno imparato ad amare come Gesù ama.

E se non puoi essere sacerdote alla maniera di Gesù, perché dovresti essere sacerdote? Per rovinare e ferire te stesso e la Chiesa? Abbassare l’asticella non è un buon compromesso: Gesù è molto esigente. O lo segui così come egli è, o meglio –  per te e per gli altri – se volgi lo sguardo altrove. L’amore di Gesù non accetta mezze misure. Sa che siamo limitati, ma la strada che ci offre è alta. 

Perciò se si vuol bene a una persona che pensa al sacerdozio (e se si vuol bene al popolo di Dio che potrebbe essergli affidato) bisogna mettere in dubbio e vagliare la sua capacità di paternità; bisogna mettere in dubbio la capacità di vivere autenticamente il celibato.

Qualche giorno fa ho avuto il dono di incontrare, grazie ai miei libri, un sacerdote, a Napoli, che gestisce un oratorio dove prima c’era una discarica, che era adibita a principale luogo di spaccio della periferia. Quel sacerdote, che è davvero un uomo di Dio, ha salvato tanti ragazzi dalla strada, si prodiga per ognuno di loro, è padre per loro, li abbraccia, ma con la purezza di Cristo.

Penso anche a don Fabio Rosini, che, come sacerdote, è fecondo, genera vita, è padre per tanti, soprattutto per coloro che non hanno figure genitoriali solide. 

Questi sacerdoti – veri padri! – possono servire il Vangelo e i tanti figli loro affidati perché hanno lasciato che Dio redimesse la loro capacità di amare.

Il punto, quindi, per poter assumere la forma di vita richiesta dal sacerdozio (ma anche per poter essere un buon marito e un buon padre in famiglia!) è se sei guarito affettivamente: se sei libero, capace di dono.

Perché se ti trovi arrovellato nelle tue carenze (indipendentemente dal tuo orientamento!), se le ferite del cuore sono ancora aperte, non potrai seguire Cristo sulla via della croce; dunque, non potrai essere sacerdote alla maniera di Gesù. Pensa a curare le tue ferite, allora, poi potrai ascoltare una chiamata particolare per corrispondere e donare a tua volta l’amore di cui sei stato riempito.




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Cecilia Galatolo

Cecilia Galatolo, nata ad Ancona il 17 aprile 1992, è sposata e madre di due bambini. Collabora con l'editore Mimep Docete. È autrice di vari libri, tra cui "Sei nato originale non vivere da fotocopia" (dedicato al Beato Carlo Acutis). In particolare, si occupa di raccontare attraverso dei romanzi le storie dei santi. L'ultimo è "Amando scoprirai la tua strada", in cui emerge la storia della futura beata Sandra Sabattini. Ricercatrice per il gruppo di ricerca internazionale Family and Media, collabora anche con il settimanale della Diocesi di Jesi, col portale Korazym e Radio Giovani Arcobaleno. Attualmente cura per Punto Famiglia una rubrica sulla sessualità innestata nella vocazione cristiana del matrimonio.

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