TRASMETTERE LA FEDE AI FIGLI

Trasmettere la fede ai figli: come la storia di Mosè parla a noi oggi?

famiglia

di Angela De Tullio

Dove eravamo rimasti? Una donna disperata affida a Dio e alle acque del Nilo suo figlio per evitargli la morte. Lei non lo sa ancora, ma questo atto di fede salverà lei, il suo bambino e il popolo. La salvezza di questo fanciullo viene dall’acqua, per merito di una donna, la figlia del faraone, che lo salva dandogli il nome: Mosè. 

Il battesimo nell’acqua è segno di salvezza del cristiano. Ci saranno molte similitudini con la storia di Gesù e con la nostra, le scopriremo poco per volta. 

Papa Francesco offre un bel ritratto di Mosè con queste parole: «Quando Dio lo chiama, Mosè è umanamente “un fallito”. Il libro dell’Esodo ce lo raffigura nella terra di Madian come un fuggiasco. Da giovane aveva provato pietà per la sua gente, e si era anche schierato in difesa degli oppressi. Ma presto scopre che, nonostante i buoni propositi, dalle sue mani non sgorga giustizia, semmai violenza. Ecco frantumarsi i sogni di gloria: Mosè non è più un funzionario promettente, destinato ad una rapida carriera, ma uno che si è giocato le opportunità, e ora pascola un gregge che non è nemmeno suo. Ed è proprio nel silenzio del deserto di Madian che Dio convoca Mosè alla rivelazione del roveto ardente: “Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe… Il grido degli Israeliti è arrivato fino a me e io stesso ho visto l’oppressione con cui gli Egiziani li tormentano. Ora va’! Io ti mando dal faraone. Fa’ uscire dall’Egitto il mio popolo, gli Israeliti!» (Esodo 3,7-10). 

Stiamo vedendo, col passare delle settimane, che ogni storia di salvezza, nasce da un “sì”, un semplice – ma allo stesso tempo complicatissimo – “sì”. 

Questo non riguarda solo i personaggi biblici o i santi, riguarda ciascuno di noi. Non è semplice dire di “sì” alla volontà di Dio quando la tua storia l’avevi immaginata diversa: quando la sofferenza fa capolino nella tua vita, di fronte alla malattia, ad una gravidanza inaspettata o una gravidanza desiderata che non arriva, alla perdita improvvisa di una persona cara. E potremmo fare mille altri esempi, ciascuno di noi sa cosa sta vivendo oggi. 

Mosè riceve questa chiamata da Dio, non capendo neanche bene fino in fondo il suo significato e nella sua testa rimbombano solo queste parole: “Io non sono capace!”. 

Dio lo rassicura: “Io sono con te”, diceva Agostino. 

Dio ci lascia liberi, ma nella mia vita ho sperimentato che non ci lascia mai soli. E un semplice “sì” apre orizzonti che neanche nelle nostre più argute fantasie, riusciremmo ad immaginare. 

Pensiamo ai nostri figli, avremmo potuto immaginarli più belli di come Dio li ha creati? Forse più ubbidienti, è vero, ma più belli no di certo: “Da noi due è uscito questo capolavoro?” 

L’abbiamo di certo pensato dopo aver partorito! Sì, il nostro “sì” ha permesso a Dio di creare quel capolavoro. 

Leggi anche: Raccontare ai bambini di Mosè: una cesta che culla nelle acque c’è per ognuno di noi (puntofamiglia.net)

E chissà quante altre opere meravigliose vuol creare tramite noi, tramite l’amore che saremo in grado di trasmettere all’altro, se ci lasciamo plasmare da Lui. 

Tornando a Mosè, dubiterà varie volte ancora, nonostante Dio gli mostri ogni volta la sua assistenza: egli deve imparare a fidarsi di Dio e delle persone che gli vengono messe a fianco. Per guidare il suo popolo verso la libertà, dovrà letteralmente passare di tutto: l’ostilità del faraone, un’infinità di nemici da combattere, l’incomprensione e l’ingratitudine del suo popolo verso di lui e verso il Dio che lo ha liberato. Le avversità possono essere superate se sei convinto fino in fondo di dover lottare per la libertà, ma anche, e soprattutto, se hai la certezza che senza quella libertà che ti è stata promessa non vale la pena vivere. Né tu, né tutti gli altri. Perché questa libertà è parte di un disegno più grande, di cui l’umanità è parte. Vuoi far parte del disegno di Dio? Vuoi che i tuoi figli ne facciano parte? Racconta loro questa storia, in maniera semplice. 

Mostra la potenza di Dio, che tramite Mosè divise le acque del mar Rosso lasciando passare il popolo ebraico. I miracoli esistono e non serve pensare che lo siano solo guarigioni improvvise o chissà quale avvenimento inspiegabile. Benediciamo Dio quando riusciamo a godere di qualche giorno di vacanza in famiglia perché non eravamo sicuri che ce l’avremmo fatta a racimolare i soldi, ma Dio ha provveduto; benediciamo Dio quando una famiglia accetta di accogliere un figlio adottivo malato regalandogli una speranza; benediciamo Dio quando incontriamo un medico che ci indica la strada giusta per curare una malattia o quando un figlio frequenta cattive compagnie e decide di tornare sui suoi passi chiedendo perdono ai genitori. 

In ogni situazione in cui ci troveremo, Dio può separare le acque, proprio nel momento in cui ci sembra che ci travolgeranno, che affogheremo. 

Dio ci fa attraversare il mare uscendo illesi. Questo è il miracolo. 

Ci guarderemo indietro e diremo: “Davvero ce l’ho fatta?”. 

Nella storia di Mosè possiamo cogliere un barlume di come Dio attui il Suo piano di redenzione nelle vite dei fedeli nel corso della storia umana. Ciò ci dà la speranza che, proprio come Dio salvò il Suo popolo e diede loro il riposo per mezzo delle azioni di Mosè, allo stesso modo salverà noi e ci darà il riposo eterno in Cristo, sia adesso che nella vita che verrà. 

Infine, ricordiamoci che la libertà non è solo un possesso personale: chi davvero è libero ha il coraggio di dare la sua vita per il bene degli altri. 

Affidandoci a Dio potremo compiere meraviglie!




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