STATI GENERALI DELLA NATALITÀ
Cosa avrebbe voluto dire Roccella, censurata agli Stati Generali della Natalità?
Stati Generali della Natalità. Intervenuta all’evento su invito dell’organizzatore Gigi De Palo, a Eugenia Roccella è stato impedito di parlare da un rumoroso gruppo di studenti, che le attribuivano la terribile colpa di essere “antiabortista”. Leggiamo insieme il discorso che avrebbe dovuto pronunciare…
«Una donna di 65 anni nel 1950 aveva 41 parenti viventi; nel 2095 ne avrà una media di 25, con un calo di quasi il 40 per cento. La tendenza riguarda indistintamente tutti i paesi del mondo… Questo vuol dire meno zii, cugini, nipoti. Cioè, meno persone della comunità naturale di prossimità, all’interno della quale ognuno di noi è nato e ha vissuto, e che è il primo ambito in cui impariamo cosa è la vita; il primo ambito di vicinanza, di condivisione e di solidarietà in caso di difficoltà personali. È un cambiamento che incide sulla formazione individuale: le persone vissute in una rete famigliare ridotta crescono senza aver mai sperimentato cosa significa vivere in una rete fitta di rapporti parentali, di prossimità. Insomma, nelle società colpite dall’inverno demografico non si diventa soli a una certa età, ma si cresce nell’esperienza della solitudine».
Sono parole che si leggono nel discorso che Eugenia Roccella, ministro della Famiglia del governo in carica, NON ha potuto pronunciare agli Stati Generali della Natalità, lo scorso 9 maggio. (ma per fortuna il discorso è stato tempestivamente pubblicato dal Foglio).
Intervenuta all’evento su invito dell’organizzatore Gigi De Palo, le è stato impedito di parlare da un rumoroso gruppo di studenti, che le attribuivano la terribile colpa di essere “antiabortista”, termine tanto generico da essere fuorviante. Figlia di uno dei fondatori del Partito radicale, la Roccella ha infatti combattuto tutte le battaglie femministe degli anni Settanta, aborto compreso. Solo che, sin da allora, non ha mai preteso che tale pratica fosse un “diritto” ma, semmai – come da lettera e spirito della legge 194 – una tragica necessità da prevenire aiutando le donne a superarla. Dunque, si può considerare favorevole alla depenalizzazione, ma antiabortista (cioè, contraria a questa pratica che, come detto, la legge stessa invita a combattere).
Si può naturalmente non essere d’accordo con questa posizione, che era poi quella di Giuliano Ferrara, che ricordiamo geniale promotore nel 2008 di una Moratoria sull’aborto sulla falsariga di quella, l’anno prima approvata dall’Assemblea delle Nazioni Unite, sulla pena di morte. Fatto sta che l’attuale ministro della Famiglia combatté al nostro fianco anche la vittoriosa battaglia referendaria sulla legge 40 che per decisivo impulso di Carlo Casini aveva posto dei severi paletti alla pratica della procreazione medicalmente assistita.
Leggi anche: I figli, la vera ricchezza: una Settimana per riflettere sul diritto alla Famiglia (puntofamiglia.net)
Chiarito questo punto, bisogna aggiungere che Eugenia Roccella ha intanto maturato una schietta sensibilità religiosa, come emerge dall’autobiografia Una famiglia radicale (Rubbettino 2023), un libro che racconta in modo vivo e commovente la storia della sua famiglia, davvero inserita – nella sua componente siciliana, paterna – in una piena “comunità naturale di prossimità”, come si legge nel passo d’apertura, e piena di “zii, cugini, nipoti” (ma nel suo caso contano moltissimo anche i nonni). Dunque, con tocco originale, Eugenia affronta qui non solo gli aspetti economici dell’inverno demografico, ma anche gli aspetti personali, esistenziali, quelli che poi fanno la felicità o l’infelicità di un’esistenza.
Quinto di otto figli e, grazie a Dio, anch’io pieno di zii e cugini (sono un nordico molto atipico…), personalmente non ho mai avuto problemi simili. Ma se mi guardo intorno non posso non vedere troppe solitudini e soprattutto un’assenza di speranza che caratterizza buona parte del nostro mondo, intristito da un edonismo individualistico in cui “Io conta più di Dio”.
Ha ragione Eugenia: oggi spesso “non si diventa soli a una certa età, ma si cresce nell’esperienza della solitudine”. E pochi se ne rendono conto… D’altra parte sino a qualche anno fa i giornali che vanno per la maggiore irridevano le preoccupazioni dei cattolici sull’inverno demografico alle porte (e già ben percepibile sul finire dello scorso millennio). Conservo gelosamente gli articoli di fondo di uno di questi giornali che, a firma di un illustrissimo professore di Economia, mettevano periodicamente in guardia dal fare figli. Invito che, semmai, poteva valere per alcune aree del mondo, come la Nigeria o il Bangladesh, non certo per l’Occidente già allora in crisi di nascite.
Il problema oggi si è aggravato, e non mi pare ci siano soluzioni immediate se non, da un lato, valorizzare e aiutare le nostre famiglie, a partire da quelle cattoliche, in modo che siano testimoni di un amore prolifico; dall’altro, favorire un’immigrazione regolare e disciplinata. Un punto, quest’ultimo, più facile a dirsi che a farsi…
Rimangono però sempre le risorse fondamentali del credente: la preghiera, che fa miracoli, e il buonumore, che diffonde tutt’intorno un senso di speranza.
Speranza, proprio la parola chiave ripetuta dal Papa nel suo Discorso agli Stati Generali della Natalità, il giorno dopo la Roccella. Come a dire che il diavolo non ha mai l’ultima parola.
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