Dire quello che pensi? Prima pensa a quello che dici. Il consiglio di Papa Francesco
Il papa all’udienza di mercoledì 17 aprile parla della temperanza, ovvero la virtù della giusta misura e afferma: “Le persone senza temperanza sono sempre inaffidabili. In un mondo dove tanta gente si vanta di dire quello che pensa, la persona temperante preferisce invece pensare quello che dice”.
Nella mattinata di mercoledì 17 aprile, papa Francesco ha affrontato l’ultima dele quattro virtù cardinali: la temperanza. Già individuata da Aristotele,che per descriverla utilizzava il termine enkráteia, la temperanza significa letteralmente “potere su sé stessi”.
È così che la definisce anche papa Francesco, durante la sua udienza generale: “La temperanza è un potere su sé stessi. Questa virtù è dunque la capacità di auto-dominio, l’arte di non farsi travolgere da passioni ribelli, di mettere ordine in quello che il Manzoni chiama il guazzabuglio del cuore umano”.
Il pontefice cita anche il Catechismo della Chiesa Cattolica, dove si afferma: “la temperanza è la virtù morale che modera l’attrattiva dei piaceri e rende capaci di equilibrio nell’uso dei beni creati”. “Essa – prosegue il Catechismo – assicura il dominio della volontà sugli istinti e mantiene i desideri entro i limiti dell’onestà. La persona temperante orienta al bene i propri appetiti sensibili, conserva una sana discrezione, e non segue il proprio istinto e la propria forza assecondando i desideri del proprio cuore” (n. 1809).
Dunque, per il Santo Padre “la temperanza, come dice la parola italiana, è la virtù della giusta misura. In ogni situazione, si comporta con saggezza, perché le persone che agiscono mosse sempre dall’impeto o dall’esuberanza alla fine sono inaffidabili. Le persone senza temperanza sono sempre inaffidabili. In un mondo dove tanta gente si vanta di dire quello che pensa, la persona temperante preferisce invece pensare quello che dice”.
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La differenza, per il vescovo di Roma, sta nel “Non dire quello che mi viene in mente, così… No, pensare a quello che devo dire. Non fa promesse a vanvera, ma assume impegni nella misura in cui li può soddisfare”.
Oltre ad “agire con giudizio”, la persona temperante “sa pesare e dosare bene le parole”.
Tuttavia, “se la persona temperante sa controllare la propria irascibilità, non per questo la vedremo perennemente con il volto pacifico e sorridente. Infatti, qualche volta è necessario indignarsi, ma sempre nella giusta maniera. Queste sono le parole: la giusta misura, la giusta maniera. Una parola di rimprovero a volte è più salutare rispetto a un silenzio acido e rancoroso. Il temperante sa che nulla è più scomodo del correggere un altro, ma sa anche che è necessario: altrimenti si offrirebbe libero campo al male”.
Il temperante, inoltre “riesce a tenere insieme gli estremi: afferma i principi assoluti, rivendica i valori non negoziabili, ma sa anche comprendere le persone e dimostra empatia per esse”.
Francesco nota che “Il dono del temperante è dunque l’equilibrio, qualità tanto preziosa quanto rara”.
La temperanza, infine, “si sposa bene con atteggiamenti evangelici quali la piccolezza, la discrezione, il nascondimento, la mitezza. Chi è temperante apprezza la stima degli altri, ma non ne fa l’unico criterio di ogni azione e di ogni parola. È sensibile, sa piangere e non se ne vergogna, ma non si piange addosso. Sconfitto, si rialza; vincitore, è capace di tornare alla vita nascosta di sempre. Non cerca gli applausi, ma sa di avere bisogno degli altri”.
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