Gli sposi e la Torre di Babele. Parlare la stessa lingua nel matrimonio: quella di Dio

crisi

La storia della Torre di Babele ci ricorda che per costruire una casa insieme occorre parlare la stessa lingua. Nel matrimonio, la lingua comune che permette alla relazione di “durare nell’amore” è quella di Dio. E com’è Dio?  Accoglie, perdona, rialza. Il matrimonio ha bisogno del linguaggio della tenerezza.

Nel matrimonio, litigare, non capirsi, fare fatica ad accogliere il punto di vista dell’altro e, quando serve, chiedere scusa può non essere affatto semplice. 

Per lasciar morire il proprio egoismo, per lasciarsi “scomodare nella propria sapienza” (ovvero ammettere: “non ho sempre ragione io”) occorre veramente molta umiltà, bisogna aver fatto pace con la propria imperfezione e aver imparato a riconoscere le proprie fragilità. (Quanto è più facile accusare l’altro, invece, come fecero Adamo ed Eva?).

Prima di sposarsi e di entrare così in una relazione a due che punti al per sempre, bisogna essere persone affettivamente risolte e disponibili, pur con mille difficoltà, a lavorare su sé stessi.

Se non lavori su di te è matematico (ma proprio sicuro al 100%!) che la tua relazione con l’altro fallirà.

Ieri mi è capitato di ascoltare una canzone, mentre ero ad un compleanno. Una frase recitava così: “In amore zero regole”. Nulla di più falso: anche l’amore ha le sue regole. Se non le rispettiamo, le relazioni feriscono e finiscono

Qualche giorno fa ho assistito ad una lite tra due sposi. Questa coppia è in crisi da anni, ma non riescono ad uscire dal pantano in cui si trovano, per svariati motivi. Mentre li ascoltavo litigare davanti a me, che ero stata temporaneamente presa come arbitro di quella discussione, mi ha colpito una frase di lui, che ad un certo ha detto: “Per te, l’unica cosa che conta è che la colpa sia mia e che gli altri ti diano ragione. Vuoi solo demolirmi, non cercare soluzioni ai problemi”.

In effetti, il “dialogo” verteva solo sulla recriminazione, sul rinfaccio. Fin nelle virgole. 

Una comunicazione di questo tipo, perpetrata nel tempo, distrugge ogni istante di più la casa comune del matrimonio, che invece ha bisogno della comunione, del perdono, della comprensione, della misericordia per stare in piedi.

Leggi anche: Sposi, come viviamo la misericordia nel nostro matrimonio? (puntofamiglia.net)

In quel momento mi è venuta in mente la storia della Torre di Babele, il racconto biblico che insegna come una torre può essere costruita da più operai solo se essi parlano la stessa lingua.

Nel matrimonio, la lingua comune che permette alla relazione di “durare nell’amore” – e non solo nel tempo – come spiega Papa Francesco è quella di Dio.

E com’è Dio? 

Il Dio descritto da Gesù, maestro di vita e modello degli sposi cristiani, è un Dio che accoglie, anche se sbagliamo. 

Dio ci fa notare dove sbagliamo con fermezza, ma pensando al nostro bene. È la correzione fraterna, il principio cardine di una relazione cristiana.

Dio non ci distrugge, se ci vede a terra, come l’uomo malmenato nella parabola del Samaritano, ci rialza.

Dio non punta subito il dito, tende la mano. 

A volte può non essere facile, se non si è aperti alla grazia, mettere in pratica tutto questo. Ammettiamolo, la tendenza dell’“uomo vecchio” è quella di affossare l’altro, per vincere noi. Istintivamente, ci mettiamo in lotta, ci facciamo giustizia con tutti i mezzi. Eppure, il dolore che ci provochiamo, dovrebbe farci fermare e dire: “Forse stiamo sbagliando qualcosa”, “forse esiste un’altra via”.

Da soli non possiamo far nulla. È così liberante ammetterlo. È così stupendo lasciare nelle mani di Cristo tutte le nostre fragilità, chiedere che sia lui a modellarci a sua immagine, poco alla volta, senza pretendere di diventare santi in un giorno, ma permettendo che Dio ci custodisca e ci formi nel suo amore giorno per giorno.

Tempo fa abbiamo raccontato su questo Magazine la storia di Suor Clare, che è morta in santità, ma da giovane aveva vissuto, per sua stessa ammissione, “nel peccato mortale”. Lei raccontava: “Non avevo la forza di lasciare i miei vizi, però, chiaro, non ce l’avevo perché non la chiedevo al Signore”.

Cari sposi, da soli non possiamo amare come Dio ama. 

Gisto farsi aiutare da esperti, se serve, psicologi, psicoterapeuti, amici, ma anzitutto lasciamoci riempire da Lui, fino a traboccare. 

Solo così potremo riversare sull’altro la tenerezza stessa di Dio. 




Aiutaci a continuare la nostra missione: contagiare la famiglia della buona notizia

Cari lettori di Punto Famiglia,
stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).

CONTINUA A LEGGERE



Cecilia Galatolo

Cecilia Galatolo, nata ad Ancona il 17 aprile 1992, è sposata e madre di due bambini. Collabora con l'editore Mimep Docete. È autrice di vari libri, tra cui "Sei nato originale non vivere da fotocopia" (dedicato al Beato Carlo Acutis). In particolare, si occupa di raccontare attraverso dei romanzi le storie dei santi. L'ultimo è "Amando scoprirai la tua strada", in cui emerge la storia della futura beata Sandra Sabattini. Ricercatrice per il gruppo di ricerca internazionale Family and Media, collabora anche con il settimanale della Diocesi di Jesi, col portale Korazym e Radio Giovani Arcobaleno. Attualmente cura per Punto Famiglia una rubrica sulla sessualità innestata nella vocazione cristiana del matrimonio.

ANNUNCIO


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Per commentare bisogna accettare l'informativa sulla privacy.