Quando è arrivata presso la sede di Progetto Famiglia, Debora aveva 8 anni e un sogno: una famiglia tutta sua. I genitori erano separati e lei viveva in istituto dall’età di quattro anni. Era una bambina molto sveglia e riusciva a comunicare con abilità i suoi desideri e le sue emozioni talvolta attraverso l’uso di storie inventate e con i disegni.
Alla nostra psicologa che la seguiva raccontava spesso di quando era stata ritrovata di sera dai vigili su un marciapiede nei pressi di piazza Dante a Napoli. Lei diceva che la madre l’aveva lasciata a casa con una baby-sitter che non le era molto simpatica e così aveva deciso di scappare. Poi un’altra volta diceva che aveva trascorso una notte fuori casa e aveva dormito in macchina con la mamma e un suo amico e per questo poi la polizia era andata a prenderla e l’aveva portata nell’istituto. Anche quando è arrivata da noi fu accompagnata da un nucleo operativo speciale addetto al ritrovamento di minori, poiché il padre dopo un rientro a casa non l’aveva riportata in istituto.
Aveva smesso di sperare che i suoi genitori tornassero a riprenderla, difatti pochissime volte chiedeva di poterli incontrare. Voleva spesso invece sentire le suore che l’avevano accolta e amata. Con loro aveva costruito un legame molto forte. Debora aveva paura del buio e di notte lasciava vicino al suo letto una piccola lucina accesa, e prima di addormentarsi faceva una preghiera e chiedeva al suo angelo custode di trovare presto per lei dei genitori nuovi.
L’abbinamento con una famiglia non è stato facile, in primo luogo perché non si trattava di una dichiarazione di abbandono totale; tuttavia, i giudici sono stati bravi nel trovare per lei una famiglia pronta ad affrontare questa avventura. Le suore che la conoscevano da piccola ci hanno aiutato a ricostruire la sua storia, a recuperare delle foto come traccia della sua infanzia e a consentire la costruzione di una sua identità. Così nell’incontro con la famiglia Debora ha avuto la possibilità di portare le sue origini e i suoi ricordi del passato, e questi nuovi genitori l’hanno accettata pienamente con le sue esuberanze e con le sue fragilità accompagnandola nel percorso di una rinascita nuova come loro figlia.
Il Caffè sospeso...
aneddoti, riflessioni e storie di amore gratuito …quasi sempre nascoste.
Il caffè sospeso è un’antica usanza a Napoli. C’è chi dice che risale alla Seconda Guerra Mondiale per aiutare chi non poteva permettersi nemmeno un caffè al bar e c’è chi dice che nasce dalle dispute al bar tra chi dovesse pagare. Al di là delle origini, il caffè sospeso resta un gesto di gratuità. Nella nuova rubrica che apre l’anno 2024, vorrei raccontare storie o suggerire riflessioni sull’amore gratuito e disinteressato. Quello nascosto, feriale, quotidiano che nessuno racconta, che non conquisterà mai le prime pagine dei giornali ma è quell’amore che sorregge il mondo, che è capace di rivoluzionare la società dal di dentro. Buon caffè sospeso a tutti!
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Cari lettori di Punto Famiglia,
stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).
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