Educare ai tempi di internet: immigrati digitali alla riscossa.
di Tonino Cantelmi
Un padre, esasperato dal figlio 23enne sempre immerso in videogiochi online (anzi un vero genio: il suo avatar è praticamente imbattibile), decide di uccidere digitalmente il figlio e assolda dei tecnokiller che avrebbero dovuto assassinare l’avatar del figlio. Ma il ragazzo, purtroppo per il padre, batte i killer e li costringe a confessare. La notizia compare sui giornali di tutto il mondo e ci strappa un qualche sorriso amaro: quanti genitori vivono uno stato di confusione e di disorientamento e non sanno proprio come regolarsi di fronte ai figli “nativi digitali”?
Che fare se nostro figlio studia mentre manda sms, scarica post e controlla facebook? Possiamo essere orgogliosi se il nostro bimbo di 1 anno sa già utilizzare il tablet (eh sì! accade frequentemente che bimbi ancora in età prescolare, di 1 o 2 anni, utilizzino tablet e tecnologia touch con incredibile capacità) oppure dobbiamo dare retta a quel vago senso di inquietudine che ci pervade mentre ingrandisce con le dita le foto del tablet? Come parlare al figlio adolescente che sta immerso in chat e social fino alle due di notte? E che dire di fenomeni agghiaccianti come il sexting (di cui parlerò in futuro, ma intanto informatevi…) che sembra tanto piacere ai nostri figli? Insomma questa rubrica educare ai tempi di internet e indagare il nuovo gap generazionale che si staglia all’alba del terzo millennio, quello fra immigrati digitali (noi genitori) e nativi digitali (i nostri figli). Diciamoci la verità: la rivoluzione digitale sembra essere alla base di una sorta di mutazione antropologica e noi genitori non ce ne siamo accorti: per questo ho definito gli adulti di oggi “generazione-di-mezzo” (affascinati dalla tecnologia ed alti utilizzatori della stessa, ma dotati di un sistema mentecervello predigitale e figli di una generazione pre-digitale oggi in estinzione, insomma immigrati digitali che abitano un mondo non loro) e i bambini di oggi “nativi-digitali” (cresciuti cioè in costanti immersioni telematiche attraverso i videogiochi, il cellulare, il computer, l’MP3 e pertanto dotati di nuove organizzazioni cognitive-emotive e forse di un cervello diverso). Chi sono dunque i “nativi digitali”?
Intanto potremmo definire “nativi digitali” quanti sono nati nel III millennio e sono sottoposti a profonde, pervasive e precoci immersioni nella tecnologia digitale. Ebbene, è possibile affermare che le osservazioni attuali già ci consentono di notare vere e proprie mutazioni del sistema cervello-mente. I nativi digitali imparano subito a manipolare parti di sé nel virtuale attraverso gli avatar e i personaggi dei videogiochi, sviluppano ampie abilità visuospaziali grazie ad un apprendimento prevalentemente percettivo, viceversa non sviluppano adeguate capacità simboliche (insomma, sono molto abili e forse piuttosto superficiali), utilizzano il cervello in modalità multitasking (cioè sanno utilizzare più canali sensoriali e più modalità motorie contemporaneamente), sono abilissimi nel rappresentare le emozioni (attraverso la tecnomediazione della relazione), un po’ meno nel viverle (anzi apprendono a scomporre l’esperienza emotiva e a viverla su due binari spesso non paralleli, quello dell’esperienza propria e quello della sua rappresentazione), sono meno abili nella relazione face-to-face, ma molto capaci nella relazione tecnomediata, e, infine, sono in grado di vivere su due registri cognitivi e socioemotivi, quello reale e quello virtuale. Inoltre non hanno come riferimento la comunità degli adulti, poiché, grazie alla tecnologia, vivono in comunità tecnoreferenziate e prevalentemente virtuali, nelle quali costruiscono autonomamente i percorsi del sapere e della conoscenza. Ecco dunque i nativi digitali! E noi adulti? Noi adulti siamo in clamorosa ritirata. Per questo nasce questa rubrica, che per stare al passo con i tempi non può che essere interattiva. Se siete genitori tecnoconfusi confessate pure i vostri dubbi, ovviamente via mail, facebook o twitter.
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