SANTA MESSA

Sì al presepe davanti all’altare: ridona centralità a Cristo

In questi giorni abbiamo visto tante nostre Chiese ricche di simboli legati all’Avvento e al Natale. Su tutti il Presepe, ancor più quest’anno in cui ricorrono gli 800 anni dall’iniziativa di San Francesco d’Assisi di allestirne uno nella chiesetta di Greccio. Ben vengano i presepi davanti all’altare: ridonano centralità a Cristo. 

Più che il classico presepe, ricco di tanti figuranti, nell’intento di Francesco c’era lo sguardo volto all’Essenziale, la volontà di legare profondamente, anche da un punto di vista simbolico-figurativo, il mistero dell’incarnazione di Gesù con il Mistero pasquale che si celebra sull’altare. 

Tommaso da Celano, infatti, così descrive il desiderio del Santo: «vorrei rappresentare il Bambino nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello» [468]. La pienezza del memoriale della Pasqua vissuto sull’umile mangiatoia di Betlemme lega inscindibilmente l’incarnazione e la risurrezione di Gesù tanto che, commenta ancora il suo biografo, «il Santo è lì estatico di fronte al presepio, lo spirito vibrante di compunzione e di gaudio ineffabile. Poi il sacerdote celebra solennemente l’Eucaristia sul presepio e lui stesso assapora una consolazione mai gustata prima» [469] «e uno dei presenti, uomo virtuoso, ha una mirabile visione. Gli sembra che il Bambinello giaccia privo di vita nella mangiatoia, e Francesco gli si avvicina e lo desta da quella specie di sonno profondo. Né la visione prodigiosa discordava dai fatti, perché, per i meriti del Santo, il fanciullo Gesù veniva risuscitato nei cuori di molti, che l’avevano dimenticato, e il ricordo di lui rimaneva impresso profondamente nella loro memoria» [470]. Come non manca di sottolineare il biografo di Francesco «oggi quel luogo è stato consacrato al Signore, e sopra il presepio è stato costruito un altare e dedicata una chiesa ad onore di san Francesco, affinché là dove un tempo gli animali hanno mangiato il fieno, ora gli uomini possano mangiare, come nutrimento dell’anima e santificazione del corpo, la carne dell’Agnello immacolato e incontaminato, Gesù Cristo nostro Signore, che con amore infinito ha donato sé stesso per noi»

È proprio per questo che vedere tante natività allestite ai piedi dell’altare funge da monito, anche nel tempo ordinario, per ridonare a Cristo la giusta centralità al centro dell’altare. 

Spesso si sente discutere dell’orientamento dell’altare versus popolum (paragrafo 262 della Institutio Generalis Missalis Romani), una delle principali novità liturgiche promosse dal Concilio Vaticano II, ma occorre fare un po’ di chiarezza e un po’ di storia. 

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L’originario orientamento verso est dell’abside (e quindi anche dell’altare) era volto a guardare al sole che sorge, Gesù Cristo, proprio nella dinamica sacramentale della celebrazione eucaristica. Questo orientamento architettonico è stato poi superato da una centralità interna al luogo di culto, ossia la presenza del crocifisso al centro dell’altare. È questo il “centro” che si è andato perdendo. 

Quella mangiatoia ai piedi dell’altare che abbiamo osservato in questi giorni dovrebbe aiutarci a riconoscere cosa abitualmente manca: lo sguardo su Cristo da tenere fisso sia da parte del popolo che del celebrante. Uno sguardo che vive sia prima, che durante, che dopo la consacrazione eucaristica proprio mentre rivolgiamo i nostri occhi e il nostro cuore alle mani del sacerdote che sollevano l’ostia e il calice. Joseph Ratzinger in un bellissimo testo sullo spirito della liturgia osservava proprio questo paradosso: «tra i fenomeni veramente assurdi del nostro tempo io annovero il fatto che la croce venga collocata su un lato per lasciare libero lo sguardo sul sacerdote. Ma la croce, durante l’eucaristia, rappresenta un disturbo? Il sacerdote è più importante del Signore? Questo errore dovrebbe essere corretto il più presto possibile e questo può avvenire senza nuovi interventi architettonici. Il Signore è il punto di riferimento. È Lui il sole nascente della storia» [J.Ratzinger, Introduzione allo spirito della liturgia, San Paolo, Milano 2001, 80]. 

Sarebbe bello vedere Gesù al centro dell’altare, sentire e “sapere” che è sempre verso di Lui che tutto converge, il nostro sguardo, i nostri pensieri, le mani del sacerdote. Sarebbe bello se nelle nostre Chiese tornassimo a rimettere Cristo al centro dell’altare, a decentrarci, sempre, per lasciare spazio a Lui.




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Vito Rizzo

Vito Rizzo è nato e vive ad Agropoli (SA). Avvocato e giornalista, autore e conduttore di programmi televisivi di informazione religiosa. È catechista, educatore di Azione Cattolica e direttore del Festival della Teologia “Incontri”. Oltre alla Laurea in Giurisprudenza all’Università “Federico II” di Napoli, ha conseguito la Laurea in Scienze Religiose presso l’ISSR “San Matteo” di Salerno e sta proseguendo gli studi teologici presso la Sezione “San Luigi” della Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale di Napoli. Tra le sue pubblicazioni “La Fabbrica del Talento”, Effedi editore (2012), con Milly Chiarelli “Caro Angioletto. Le preghiere con le parole dei bambini”, L’Argolibro editore (2014), con Rosa Cianciulli “Francesco. Animus Loci”, L’Argolibro editore (2018). Ha attivato un suo blog (vitorizzo.eu) su cui pubblica riflessioni e commenti e collabora alla rivista on line di tematiche familiari Punto Famiglia. Sempre con Editrice Punto Famiglia ha pubblicato “Carlo Acutis – l’apostolo dei Millennials”.

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