Casa Betlemme: una risposta incarnata

di Flora Gualdani fondatrice opera Casa Betlemme (Arezzo)

I vescovi italiani riflettono sulla fatica di costruire una famiglia in questo periodo di crisi. Da tempo l’occidente è impaurito della vita: benestante ma decadente, si è avviato all’inverno demografico. Anni fa scrissi che solo i pazzi e i poveri generano, ci fanno da maestri. La situazione non migliora. Alle scarse politiche familiari oggi si aggiungono indifferenza morale e distorsioni: il generare divenuto opzione tecnoesaudibile; e la pressione culturale  sulle diagnosi che crea la sindrome del feto perfetto: eugenismo “democratico” che arriva dalla Francia dove non nascono più bimbi down. Come spiegano i vescovi, «non si esce da questa fase critica generando meno figli». Un paese di vecchi non produce e non ha futuro. Dare priorità alla finanza invece che alla persona, non porta lontano. Le risorse naturali possono esaurirsi, l’uomo no: perché genera e ha l’uso di ragione.

Con l’intelligenza può creare soluzioni. Per questo il primo investimento economico sicuro, per il bene dell’economia globale, sono i figli: il capitale umano. Il vero sviluppo, dice la CEI, ha bisogno di fare forza «sulla verità della persona umana, sulla logica della gratuità e sul dono grande e unico del trasmettere la vita». A Casa Betlemme c’è una risposta socialmente incarnata. Giovani coppie che, nonostante le tribolazioni del precariato, si sposano aprendosi alla vita. Cenacoli itineranti cioè famiglie di laici che pregano insieme nelle case: trasmettendo ai figli la fede e la carità, fanno cultura e si prendono cura delle mamme nel bisogno, in una rete di solidarietà.




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