CORRISPONDENZA FAMILIARE

Il perdono coniugale, un’arte necessaria per custodire la comunione

27 Novembre 2023

“Stiamo bene bene assieme, ci vogliamo bene e ci aiutiamo ma… questo non significa che non litighiamo. Anzi”. Parole di uno sposo che ha scelto e vive la coniugalità come un bene essenziale. I conflitti appartengono alla vita ordinaria di una coppia. A volte sono punture di spillo apparentemente innocue, altre volte lasciano ferite più profonde che alimentano amarezza e delusione. Vi sono anche situazioni in cui innalzano muri che impediscono agli sposi di guadarsi con occhi di benevolenza. In questi casi il silenzio arriva come un vento gelido e soffoca i sentimenti. 

La radicale diversità di genere favorisce senza dubbio i contrasti ma non dobbiamo sottovalutare l’impatto negativo che essi hanno sulla vita di una coppia né dobbiamo rassegnarci come se fossero inevitabili. Al contrario, imparare a gestire la diversità e sanare i conflitti dovrebbe essere uno dei capitoli più importanti della relazione coniugale. È un tema che ha tante sfaccettature, oggi mi soffermo sul valore del perdono. Tocchiamo un punto fondamentale, anzi quello che decide il cammino di una coppia: la disponibilità al perdono dona stabilità alla relazione, malgrado gli urti e le tempeste; al contrario, l’incapacità di fare i passi della riconciliazione, conduce ad un graduale indebolimento del legame, fino alla rottura. 

Nel corso degli anni, a contatto con l’esperienza e la fatica di tanti sposi, ho compreso sempre meglio l’importanza di questo argomento. Ho notato che spesso la vita di coppia si inaridisce perché nessuno dei due ha il coraggio di perdonare di cuore e di ricominciare daccapo. Non dobbiamo considerare solo quelle situazioni in cui la conflittualità ha raggiunto livelli di tale esasperazione da far pensare alla separazione come unica via d’uscita. Faccio riferimento anche alla vita quotidiana di una coppia, attraversata da tante piccole e grandi ferite, da contrasti che sembrano di poco conto ma, a lungo andare, generano distanze sempre più grandi. Non tutti giungono alla separazione ma molti si acquietano nella placida rassegnazione, ritenendo che la comunione sia un ideale bello ma impossibile. 

Non è facile perdonare perché non è mai facile riconoscere i propri limiti. Ciascuno di noi è portato ad amplificare gli errori dell’altro, minimizzando i propri, rivendica il proprio impegno e denuncia il i torti commessi dal coniuge. Nel nostro database abbiamo una lista precisa dei peccati altrui. Quando apriamo il libro delle mancanze, la Chiesa insegna a guardare in sé stessi: “Confesso che ho molto peccato”. È il primo passo di quel lungo cammino che conduce alla riconciliazione coniugale. La liturgia è una scuola di vita ma… nel concreto dei giorni, quando la delusione annebbia la vista, chi aiuta gli sposi a compiere questo lavorio interiore? 

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Ci vuole una guida, un accompagnatore spirituale, un’altra coppia di sposi più matura negli anni e nell’esperienza. Ci vuole un sacerdote che conosca bene le dinamiche della vita coniugale e sappia perciò indicare con quell’autorità che viene da Dio quali sono i passi da evitare e quelli che devono essere fatti. Il sacerdote può svolgere un ruolo molto importante perché non resta nella logica orizzontale della comunione ma aiuta gli sposi a ripartire da Dio. Il sacerdote può offrire a ciascuno la grazia della riconciliazione sacramentale, comunica l’amore incondizionato di Dio che sana le ferite, dona la forza di risorgere e il coraggio di rimettersi in cammino, malgrado la fragilità che accompagna e inquina anche le intenzioni più sincere. La disponibilità al perdono è la premessa necessaria, la grazia sacramentale conferma e fortifica, mette nel cuore una nuova capacità di amare e di accogliere l’altro. 

Amare e perdonare sono due aspetti strettamente congiunti. Gesù lo sapeva bene perciò ha fatto del perdono la legge suprema dell’amore. Attraverso il perdono egli accoglie il nemico e lo trasforma in amico. Il perdono è una sfida, una provocazione. Anzi, una vera rivoluzione dei rapporti umani. Solo il perdono impedisce al male di prevalere. La fede non toglie l’umana debolezza e non impedisce al peccato di mettere radici ma allontana la rassegnazione. Chi crede in Gesù Cristo sa che non può rassegnarsi al male né rispondere al torto subito con un’altra offesa. Perdonare di cuore è l’unico modo per spezzare la catena del male. Quanti conflitti verbali verrebbero bloccati sul nascere se uno dei due avesse il coraggio di dire: “hai ragione”. E di rileggere tutta la vicenda a partire dalle ragioni dell’altro… 

Siamo alla vigilia di un nuovo Avvento, la liturgia ci invita a immergersi nel passato – in quella storia ricamata dall’amore di Dio – per avere certezza che c’è un futuro perché Dio non abbandona l’umanità. Questo nuovo avvento inizia in famiglia, in ogni famiglia. L’unità coniugale, cercate e custodita con amore, è la culla di una storia segnata dalla Provvidenza di Dio. 




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Silvio Longobardi

Silvio Longobardi, presbitero della Diocesi di Nocera Inferiore-Sarno, è l’ispiratore del movimento ecclesiale Fraternità di Emmaus. Esperto di pastorale familiare, da più di trent’anni accompagna coppie di sposi a vivere in pienezza la loro vocazione. Autore di numerose pubblicazioni di spiritualità coniugale, cura per il magazine Punto Famiglia la rubrica “Corrispondenza familiare”.

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