C’è un episodio che la beata Maria Candida dell’Eucaristia, monaca carmelitana (1884-1949), scrive della sua infanzia che mi commuove profondamente: «Ricordo che quando ero piccina – avrò avuto tre o quattro anni – la mamma, venendo dall’aver fatto la Comunione, baciava me e le mie sorelline, dicendo che con quel bacio ci dava il Signore. Perciò io, vedendola rincasare, per prima le correvo incontro e abbracciandola chiedevo: a me, a me il Signore! Mamma mi baciava, alitando sulle mie labbra, e io me ne andavo felice, con le mani incrociate sul petto, con piena fede di possederlo e dicendomi: io pure, io pure ho il Signore!».
Non sorprende il grande amore verso l’Eucaristia che questa mistica ha poi sviluppato negli anni della sua vita terrena. Ha respirato questa fede nella chiesa domestica, è cresciuta all’ombra del sacramento onorato dalle persone che lei amava profondamente.
Sono profondamente addolorata dal vedere così spesso la superficialità con cui le persone si accostano a ricevere la Santa Comunione, in modo particolare da quando le restrizioni dovute al Covid hanno favorito la recezione dell’Eucaristia sulla mano. Noto con dispiacere che la gente non è educata, non ha coscienza di accogliere nelle proprie mani il Re dei re. C’è chi si avvicina goffamente cercando di afferrarlo con la bocca dalla mano, c’è chi lo porta in giro per la chiesa trovando il posto o il momento adatto per comunicarsi. Non si verifica attentamente se qualche briciola è rimasta sul palmo della mano. Insomma, c’è da rattristarsi moltissimo se si fa caso a queste cose.
Qualche anno fa ho ascoltato con attenzione le prediche quaresimali di padre Raniero Cantalamessa che ha riletto in modo sublime tutta la celebrazione eucaristica. Un tesoro inestimabile da meditare con calma e attenzione. Nella Terza predica, parlando della Comunione al Corpo e al Sangue di Cristo, il padre ha utilizzato un’analogia che mi ha colpito moltissimo: «La Lettera agli Efesini dice che il matrimonio umano è un simbolo dell’unione tra Cristo e la Chiesa: “Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e i due formeranno una carne sola. Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa!” (Ef 5, 31-33). L’Eucaristia – per usare un’immagine audace ma vera – è la consumazione del matrimonio tra Cristo e la Chiesa e una vita cristiana senza l’Eucaristia è un matrimonio rato, ma non consumato. Al momento della comunione, il celebrante esclama: “Beati gli invitati alla cena dell’Agnello!” (Beati qui ad coenam Agni vocati sunt) e l’Apocalisse – da cui la frase è tratta – dice ancora più esplicitamente: “Beati gli invitati alla cena di nozze dell’Agnello” (Ap 19,9).
Ora – sempre secondo san Paolo – la conseguenza immediata del matrimonio è che il corpo (cioè tutta la persona) del marito diventa della moglie e, viceversa, il corpo della moglie diventa del marito (cfr. 1 Cor 7, 4). Questo significa che la carne incorruttibile e datrice di vita del Verbo incarnato diventa “mia”, ma anche la mia carne, la mia umanità, diventa di Cristo, è fatta propria da lui. Nell’Eucaristia noi riceviamo il corpo e il sangue di Cristo, ma anche Cristo “riceve” il nostro corpo e il nostro sangue! Gesú, scrive sant’Ilario di Poitiers, “assume la carne di colui che assume la sua”. Cristo dice a noi: “Prendi, questo è il mio corpo”, ma anche noi possiamo dire a lui: “Prendi, questo è il mio corpo”».
Queste parole non si possono comprendere solo con la ragione, c’è bisogno di un cuore innamorato, di un cuore abitato dallo Spirito. Aggiunge Cantalamessa: «Quale inesauribile motivo di stupore e di consolazione al pensiero che la nostra umanità diventa l’umanità di Cristo! Ma anche quale responsabilità da tutto ciò! Se i miei occhi sono diventati gli occhi di Cristo, la mia bocca quella di Cristo, quale motivo per non permettere al mio sguardo di indugiare su immagini lascive, alla mia lingua di non parlare contro il fratello, al mio corpo di non servire come strumento di peccato». Queste parole siano per noi un’opportunità per riflettere su questo grande mistero al quale siamo stati chiamati ad unirci.
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