Mio marito scorreva la timeline di un noto social e quasi incredulo domandava a se stesso più che a me: “Ma sono vere le immagini della guerra in Medioriente”. Quella domanda mi ha ferita come una freccia acuminata. Giravo per casa chiedendomi se ci siamo abituati così tanto alla guerra negli ultimi mesi da chiederci se sia reale. Papa Francesco ha definito la situazione “una terza guerra mondiale a pezzi” e forse è proprio a pezzi il nostro modo di recepire il dramma dell’umanità.
Non potremmo contenere tutto questo dolore se non lo frammentiamo. Se non lo derubrichiamo a qualcosa di molto lontano da noi. Bisogna sopravvivere a quelle immagini di bambini strappati alla vita, di donne torturate, di padri che non faranno mai ritorno. È difficile accogliere il mistero del dolore. Eppure esso è in mezzo a noi. Accompagna costantemente la nostra quotidianità intrecciandosi all’allegria e alla gioia.
Inseguiamo una falsa felicità, quella dell’assenza dal dolore. Come si fa? Come vivere chiudendo gli occhi sul mondo? Come pensare di poter ogni giorno lavorare, amare, progettare scansando le difficoltà che si incontrano come atleti in una maratona?
Ricordo che molti anni fa nella nostra comunità parrocchiale una bambina, Lucia, era uscita di casa di nascosto perché voleva comprare un regalo per l’onomastico della sua mamma il 16 luglio. Fu investita da un’auto ed è rimasta in uno stato di coma e poi di forte disabilità per molti anni. Fu un evento che scosse tutti. In quel momento per lei pregammo tanto, andavamo a casa a farle visita. Poi piano piano sempre più raramente. Immersi nelle nostre attività. Lucia però era sempre lì nel suo letto, assistita con amore immutato dalla sua dolce mamma Carmela.
Quella bambina dal suo letto del dolore era l’immagine viva dell’Agnello immolato. Un’ostia vivente. Davanti a lei le parole, le prediche, i piccoli problemi scomparivano. Pensavo spesso a lei quando le difficoltà mi schiacciavano il cuore. Pensavo alla madre che è stata tale fino alla fine. Pensavo a quell’offerta silenziosa, a quel dolore costante e quotidiano che se vissuto con fede trasfigura il cuore e ci proietta nell’eternità.
È difficile pronunciare parole di senso quando la croce ti investe come un treno in corsa ma l’amore che convive con il dolore, l’amore è capace di donarci nell’orrore un barlume di luce. Così comprendiamo che anche noi dobbiamo fare la nostra parte, con una esistenza spesa nel sacrificio e nella speranza. Nel generare la vita tra il male che vuole soccomberci. Senza disperare mai.
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stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).
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