CORRISPONDENZA FAMILIARE

Educare alla fede. La prima e più grande sfida del nostro tempo

23 Ottobre 2023

Un’agorà in cui le voci s’intrecciano e si confondono nella speranza di trovare un’armonica sintesi. Così appare il Sinodo dei vescovi che si svolge a Roma in queste settimane e troverà la sua conclusione la prossima domenica (29 ottobre). Considerando la grande diversità delle voci, è difficile prevedere un documento conclusivo che possa realmente soddisfare tutti i partecipanti. Sarà interessante capire quali temi e ambiti saranno indicati come sfide prioritarie. 

Rileggendo alcuni appunti scritti anni fa – quando non c’era il web avevo il vizio di trascrivere le cose più intelligenti che incontravo nelle mie letture – ho ritrovato alcune considerazioni di don Oreste Benzi (1925-2007), fondatore dell’associazione Papa Giovanni XXIII, una delle comunità ecclesiale più vive degli ultimi decenni. 

"La Chiesa è assediata e disarmata (...) i cattolici conoscono poco o niente del mistero cristiano. I più hanno del mistero cristiano una conoscenza superficiale, tradizionale, ininfluente. L'ignoranza riguarda addirittura la figura del Cristo del quale al massimo si arriva ad affermare che era uno che ha detto una parola buona. Non sanno nulla della natura di Cristo, cioè Dio venuto in mezzo a noi, non conoscono cos'è la redenzione operata da Cristo, non conoscono la Chiesa e la missione che essa ha nella storia del mondo (...) 
La catechesi viene fatta solo ai bambini o ai preadolescenti che si preparano alla Cresima. Ecco una grande piaga della Chiesa di oggi: la catechesi viene fatta solo da persone specializzate, ma che riducono la catechesi all'informazione, a qualche notizia intorno al Cristo e alla Chiesa, ma non viene proposta la conoscenza di Cristo all'interno di un cammino di vita. La catechesi dovrebbe essere fatta dai genitori, dovrebbe essere una catechesi globale. La vera catechesi sono i genitori che interpretano alla luce della fede ogni avvenimento, così il figlio impara a conoscere il mistero cristiano nella concretezza della vita e della storia (...) L'età della preadolescenza è l'età della riscoperta di Dio e, nello stesso tempo, la fase in cui tutti si allontanano dalla fede (...) 
Manca un autentico slancio missionario. Non esiste più la preghiera della povera gente (...) abbiamo un popolo che non sa rendere ragione della propria fede e della propria speranza" (Don Benzi. Con questa tonaca lisa, Rimini 1991, 81-83). 

Queste riflessioni sono tratte da un libro che presenta una lunga e dettagliata intervista al sacerdote riminese, oggi Servo di Dio. L’ambito primario della sua testimonianza è quello della carità. Una carità, va detto subito, che non segue le mode culturali ma riguarda la persona umana in tutti i suoi ambiti, dai bambini non ancora nati ai migranti, dai disabili ai drogati, dagli zingari alle prostitute… tutti hanno diritto di trovare un cuore che li accoglie perché tutti sono amati da Dio. 

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Don Oreste non è stato solo un testimone della solidarietà, come oggi si usa dire. Era e si sentiva figlio di una Chiesa che attraverso le sue molteplici opere null’altro desidera se non manifestare la tenerezza di Dio. Per questo sapeva che la radice da cui nasce la testimonianza, ciò che permette di fare anche della carità un annuncio della fede, è l’incontro con Cristo. Per questo vedeva con amarezza la sostanziale mancanza di un cammino di fede che accompagna i battezzati in ogni stagione della vita, a partire da quella giovinezza in cui prendono forma le idee e le scelte che danno un preciso orientamento ai giorni della vita. 

Un altro grande testimone del nostro tempo è stato Giovanni Paolo II. Il suo pontificato ha toccato tanti ambiti ma c’era un punto fermo che accompagnava e ispirava la sua azione pastorale, egli desiderava suscitare nella Chiesa un nuovo slancio missionario che aveva una duplice e complementare prospettiva: rinnovare l’annuncio del Vangelo nei Paesi di antica tradizione cristiane e sostenere la missione nei territori dove il Vangelo non aveva ancora salde radici. “Guai a me se non annuncio il Vangelo!” (1Cor 9,16), queste parole autobiografiche dell’apostolo Paolo sono adatte a descrivere il cuore di Giovanni Paolo II. 

Seguendo le orme del suo Predecessore, Benedetto XVI ha proclamato un Anno della fede che aveva lo scopo di “richiamare la bellezza e la centralità della fede, l’esigenza di rafforzarla e approfondirla a livello personale e comunitario” (16 ottobre 2011). È questa la sfida prioritaria, da qui dobbiamo partire se vogliamo che i battezzati abbiamo consapevolezza della propria fede e siano perciò capaci di testimoniare che il Vangelo è sorgente d’acqua viva, un bene prezioso e assolutamente indispensabile per custodire la speranza e seminare a piene mani quella carità che veste di dignità la vita di tutti e di ciascuno. 




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Silvio Longobardi

Silvio Longobardi, presbitero della Diocesi di Nocera Inferiore-Sarno, è l’ispiratore del movimento ecclesiale Fraternità di Emmaus. Esperto di pastorale familiare, da più di trent’anni accompagna coppie di sposi a vivere in pienezza la loro vocazione. Autore di numerose pubblicazioni di spiritualità coniugale, cura per il magazine Punto Famiglia la rubrica “Corrispondenza familiare”.

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