16 Settembre 2023

Madre imperfetta ma… felice

Adriana è arrivata nel mio ufficio facendo le scale a quattro a quattro. Ho pensato che fosse successo qualcosa di molto grave. Ha spalancato la porta, mi ha guardata a stento, si è buttata sul divano come un sacco di patate supplicandomi di avere bisogno di un caffè urgente. Mentre andavo nell’altra stanza per esaudire la sua richiesta, ho pensato che mi ero giocata il programma del pomeriggio. “Allora qual è il problema?” le ho chiesto mentre le porgevo la tazza fumante di caffè.

E lei dopo aver ingurgitato il contenuto come se fosse una medicina amara da buttare giù, ha cominciato a spiegarmi che la scuola era iniziata da pochi giorni ma già si sentiva stanca e senza forze. È un insegnante di scuola materna, ha tre figli dai 4 ai 16 anni e pensa di non essere una buona madre. Soffre di non avere il tempo per portare la seconda figlia a danza e il più piccolo al parco giochi. Non comprende perché il figlio di sedici anni è sempre fuori casa e quando è nella sua stanza si chiude a chiave. In più mi dice che nell’ultimo anno è ingrassata dieci chili e non si sente a suo agio e ha paura che il marito guardi le altre super accessoriate colleghe della banca in cui lavora e per di più deve occuparsi dei genitori anziani.

La pressione sociale e le aspettative su come essere madre oggi sono un peso significativo che molte donne si trovano ad affrontare. La società moderna ha creato un’immagine ideale della madre perfetta, che deve essere in grado di gestire tutte le sfide della genitorialità senza mostrare segni di stress o fatica. Questa pressione può essere a volte opprimente e contribuire a creare un senso di inadeguatezza e di solitudine nelle madri. Le aspettative sono spesso alimentate dai media e dai social media, che mostrano immagini di madri perfette che sembrano gestire tutto senza sforzo.

Di solito ciò che leggo in giro su questo disagio è risolto con un appello a trovare un equilibrio tra maternità e identità personale. Secondo questa teoria bisogna dedicare del tempo per praticare attività che si amano, come hobby, sport, lettura o semplicemente avere momenti di relax e di riflessione. Credo che sia un approccio molto semplicistico, che non ci aiuta a comprendere la dimensione materna.

La valorizzazione del ruolo materno nella società contemporanea non è solo una questione economica. Certo negli ultimi anni si è data maggiore importanza alla maternità e ciò si riflette in una serie di politiche e programmi che sostengono e valorizzano il ruolo materno. Ad esempio, sono stati introdotti congedi parentali più lunghi, politiche di lavoro flessibili e servizi di assistenza all’infanzia accessibili ed economicamente sostenibili. Queste iniziative mirano a garantire che le madri abbiano il tempo e le risorse necessarie per svolgere il proprio ruolo in modo efficace, senza dover sacrificare la propria carriera o il proprio benessere. È importante continuare a promuovere politiche e programmi che supportino le madri e garantiscano che abbiano le risorse necessarie per svolgere il proprio ruolo in modo efficace. Ma non basta. 

Sono stata contenta della condivisione di Adriana. Il primo passo è infatti sapere di avere qualcuno con cui condividere il proprio disagio. Non sentirsi per forza delle wonder woman ma cercare e chiedere aiuto è già una prima forma di accoglienza verso se stessi e la propria dimensione materna. Aiuta a ridurre la pressione e a far sentire una donna meno sola e più sicura nel suo ruolo. La prima condivisione dovrebbe essere con il proprio sposo, la relazione coniugale quando è forte aiuta a vincere i momenti di difficoltà e di stanchezza. Anche le amiche sono molto importanti perché possono offrire un sostegno emotivo notevole in particolari momenti.

Bisogna fare anche un passaggio interiore. La maternità è proprio il cammino di spoliazione e di uscita da se stessi per andare incontro all’altro. Più che cercare un equilibrio bisognerebbe rilanciare le motivazioni e l’unicità di essere madre trovando gioia proprio nella capacità di donarsi senza trattenere nulla per sé. E questo non significa essere trascurate fisicamente o nell’abbigliamento ma trovare gioia proprio nella dimensione materna, evitando di ancorarsi alle aspettative che la pressione sociale mette sulle spalle delle donne. Non è la stessa cosa la realizzazione professionale e la maternità. La maternità è mille volte più importante. È la vocazione propria e primaria della donna. Con questo non sto dicendo che dobbiamo lasciare il lavoro o non fare carriera. Dico semplicemente che lo stress maggiore è proprio causato da questo sbilanciamento interiore o, peggio, dal mettere sullo stesso piano lavoro e maternità. Solo riconoscendo l’assoluto primato della maternità nella propria dimensione vocazionale una donna può ritrovare gioia e serenità.

Ho tolto dai capelli di Adriana la pinza nera. Si era nascosta tra la sua folta chioma riccia. E mentre lo facevo le ho chiesto: “Ti va se ti aiuto stasera a preparare la cena per la tua famiglia””. Lei sorridendomi mi ha risposto: “Corriamo a fare la spesa prima che il supermercato chiude”.


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Giovanna Abbagnara

Giovanna Abbagnara, è sposata con Gerardo dal 1999 e ha un figlio, Luca. Giornalista e scrittrice, dal 2008 è direttore responsabile di Punto Famiglia, rivista di tematiche familiari. Con Editrice Punto Famiglia ha pubblicato: Il mio Giubileo della Misericordia. (2016), Benvenuti a Casa Martin (2017), Abbiamo visto la Mamma del Cielo (2016), Il mio presepe in famiglia (2017), #Trova la perla preziosa (2018), Vivere la Prima Eucaristia in famiglia (2018), La Prima Comunione di nostro figlio (2018), Voi siete l'adesso di Dio (2019), Ai piedi del suo Amore (2020), Le avventure di Emanuele e del suo amico Gesù (2020), In vacanza con Dio (2022).

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