CHIESA SINODALE

Generare comunione? Dono Dio e compito della Chiesa. Riflettendo sulla sinodalità

amicizia

Nelle scorse settimane, abbiamo iniziato a riflettere sul documento preparatorio per l’assemblea sulla sinodalità prevista il prossimo ottobre 2023. Oggi continuiamo a parlarne, soffermandoci su un’altra caratteristica della Chiesa sinodale, su cui i partecipanti dovranno interrogarsi: la “comunione cristiana”. 

Per i cristiani, si afferma nell’instrumentum laboris redatto in vista della prossima assemblea per una Chiesa sinodale (che si svolgerà ad ottobre), “la comunione non è un sociologico ritrovarsi come membri di un gruppo identitario, ma è prima di tutto un dono del Dio Trino e, al tempo stesso, un compito, mai esaurito, di costruzione del “noi” del Popolo di Dio”. 

Dio, come spiegava già il Concilio Vaticano II in Lumen gentium, chiama all’unione con Lui e all’unità del genere umano. Pertanto, “quello della comunione è un cammino in cui siamo chiamati a crescere, «finché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino all’uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo»” (Ef 4,13).

Nella liturgia viviamo già un’anticipazione della comunione perfetta che si realizzerà alla fine dei tempi, quando il Regno di Dio si manifesterà in pienezza. 

“Innanzitutto – si spiega nel documento – è nell’azione liturgica, e in particolare nella celebrazione eucaristica, che la Chiesa fa ogni giorno esperienza di radicale unità nella medesima preghiera, ma nella diversità delle lingue e dei riti: un punto fondamentale in chiave sinodale. Da questo punto di vista, la molteplicità dei riti nell’unica Chiesa Cattolica è un’autentica benedizione, da proteggere e promuovere”.

Leggi anche: La Chiesa sa ascoltare? Riflettendo sul cammino della sinodalità (puntofamiglia.net)

Scopo dell’assemblea sinodale non è discutere al pari di un Parlamento, ma riconoscere che c’è un Altro, Dio, che precede e conduce nell’unità il suo Popolo. 

La comunione nella Chiesa si realizza nella misura in cui si accoglie Cristo, che “si rende presente e agisce, trasforma la storia e le vicende quotidiane, dona lo Spirito che guida la Chiesa a trovare un consenso su come camminare insieme verso il Regno e aiutare l’umanità a procedere nella direzione dell’unità”.

La comunione avviene camminando insieme “nell’ascolto della Parola e dei fratelli e delle sorelle”, cioè “nella ricerca della volontà di Dio e nella concordia”. Questo “conduce all’azione di grazie al Padre attraverso il Figlio nell’unico Spirito”. 

Va chiarito, allora, che “la vita sinodale non è una strategia di organizzazione della Chiesa, ma l’esperienza di poter trovare una unità che abbraccia la diversità senza cancellarla, perché fondata sull’unione con Dio nella confessione della stessa fede”.

È innegabile che “la storia produce divisioni, che causano ferite da curare e richiedono di avviare percorsi di riconciliazione. In questo contesto, in nome del Vangelo, quali legami vanno sviluppati, superando trincee e steccati, e quali ripari e protezioni vanno costruiti, e a tutela di chi? Quali divisioni sono infeconde? Quando la gradualità rende possibile il cammino verso la comunione compiuta?” 

Il documento precisa che “paiono interrogativi teorici, ma la loro concretezza si radica nella vita quotidiana delle comunità cristiane consultate nella prima fase (quando si sono raccolti i dati per scrivere l’instrumentum laboris ndr): riguardano infatti la questione se esistano limiti alla disponibilità di accogliere persone e gruppi, il modo di impegnarci nel dialogo con le culture e le religioni senza compromettere la nostra identità, o la determinazione nel farci voce di chi è ai margini e nel riaffermare che nessuno deve essere lasciato indietro”.

La comunione si presenta, dunque, al tempo stesso come dono e come compito: dono di Dio, che ci precede, ma anche compito dell’uomo e della donna, chiamati a rivelare al mondo questo grande mistero.




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