FIDANZAMENTO Non cercate casa: puntate a diventare casa l’uno per l’altra. Se la convivenza non è la chiave Autore articolo Di Cecilia Galatolo Data dell'articolo 21 Luglio 2023 Nessun commento su Non cercate casa: puntate a diventare casa l’uno per l’altra. Se la convivenza non è la chiave di Cecilia Galatolo Quanto avete lavorato sulla relazione, prima di andare a vivere insieme? Se la risposta è “Per niente”, la convivenza non vi salverà. Se non avete posto le basi, se non avete superato i “nuclei di morte” che mangiano come tarli la vostra relazione, i problemi resteranno. Non è “assaggiando la vita matrimoniale” che vi assicurate un matrimonio felice. Qualche giorno fa, una signora di circa sessantacinque anni, che vanta di avere una certa ‘apertura mentale’, mi ha detto: “Oggi come oggi bisogna andare a convivere prima di sposarsi, soprattutto se non si è convinti che la storia possa funzionare. Meglio scoprirlo prima che non va, piuttosto che dopo essersi sposati, o quando ci sono i figli. Io non sono bigotta, che ci vadano a vivere insieme i ragazzi prima di fare una scelta importante come il matrimonio!” In quel momento ho pensato alla mia amica Valeria, madre di una bambina. Non si è sposata, ha scelto la convivenza (proprio perché non era sicura di quella relazione!), ma la storia con il padre della figlia è finita malissimo, lasciando in lei e nella piccola i segni di un divorzio. Penso ad un altro mio amico, Davide, il quale, quando si è lasciato con la sua ragazza (convivevano da tre anni) mi ha detto: “Per me, oggi, è come se si fosse distrutta la mia famiglia”. Non avevano figli, ma condividevano tutto. Anche se con delle riserve (ovvero senza donarsi nella totalità del matrimonio) i due si erano vincolati. Quando si fa l’amore – forse ce ne dimentichiamo – ci si lega nella carne. Senza considerare che, da quel gesto, possono nascere nuove vite (l’atto sessuale è di per sé generativo, indipendentemente dal fatto che siamo convinti o meno della relazione che stiamo vivendo!). Possiamo anche auto-ingannarci, possiamo raccontarci che “ci stiamo solo conoscendo”, ma di fatto ci comportiamo da marito e moglie, se col corpo diamo tutti noi stessi e viviamo un gesto capace persino di farci diventare in tre (la contraccezione non è infallibile e in ogni caso non può cancellare questo significato dell’atto sessuale, ovvero l’aspetto procreativo, che indica, tra l’altro, l’immensa portata di un gesto spesso banalizzato). Andare a convivere, pur senza firmare niente sulla carta, pur senza ricevere il sigillo del sacramento, significa di fatto vivere da coniugi, in un rapporto che ha tutta l’intimità del matrimonio. È un passo importantissimo, anche per chi non è credente, anche per chi “Per carità, io in Chiesa non mi sposerò mai”. Dunque, che siate credenti o meno, non affrettatevi a cercare una casa per conoscervi: piuttosto chiedetevi, con calma e lucidità: quali caratteristiche deve avere la relazione perché abbia senso condividere lo stesso tetto? Checché ne dica la signora di aperte vedute, esisterà una valutazione da fare prima di vincolarsi tanto da vivere insieme… Leggi anche: Vita di coppia e “nuclei di morte”: per amare una donna, devi saper dire no a tua madre! (puntofamiglia.net) Ecco a cosa serve il fidanzamento: a fare questa valutazione. Il fidanzamento può essere vissuto come tempo di preparazione al matrimonio. Se “matrimonio” è sinonimo di “fusione” e “comunione”, il fidanzamento è il momento del discernimento e della pianificazione della futura vita insieme. Se il fidanzamento è un tempo di “prova” e di “verifica”; la convivenza no: è già sperimentare il matrimonio… è già vincolarsi. Quanto avete lavorato sulla relazione, prima di avere lo stesso tetto sopra alla testa? Se la risposta è “per niente”, la convivenza non vi salverà. Se non avete posto le basi, se non avete superato i famosi nuclei di morte di cui parla Padre Marini, non vi servirà nulla andare a convivere, se non a farvi ancora più male quando la relazione finirà. Anni addietro, penso all’epoca in cui si sono sposati i miei genitori (35 anni fa) si iniziava a prospettare questa visione. Ovvero che una prova prima del matrimonio poteva essere “utile”. Non tutti, però, sceglievano questa via. C’era ancora chi sceglieva il matrimonio senza convivenza previa. Oggi i fidanzati non conviventi che si presentano ai corsi prematrimoniali sono mosche bianche. Eppure, mi guardo intorno, e, purtroppo, vedo tante persone non risolte affettivamente, che usano la convivenza come fuga, come scusa, perché di fatto hanno paura di impegnarsi. E se hai paura di impegnarti, se non vuoi metterti in gioco, se non hai imparato a uscire da te stesso per amare, la storia non funzionerà magicamente solo perché in un certo periodo hai “testato” l’altra persona in casa tua. Cari ragazzi, abbiate il coraggio di andare più a fondo, non rifugiatevi nel sesso, che spesso copre una moltitudine di fragilità, non restate insieme “finché la barca va”: lavorate sulla vostra coppia, chiamate per nome i problemi che vengono al pettine. La coppia può star bene solo nella misura in cui ciascuno ha imparato a prendersi cura dell’altro. Prima di cercare una casa, puntate a diventare l’uno casa per l’altro. Puntate a risolvervi affettivamente, puntate a capire cosa significhi davvero dare la vita. Solo così vi assicurerete un matrimonio felice. Perché i problemi veri non c’entrano nulla con lo spazzolino fuori posto o la tavoletta del water alzata. I problemi veri, che dovete avere il coraggio di guardare in faccia, sono altri: posso davvero fidarmi di te, fai sul serio? Vogliamo le stesse cose nella vita? Siamo fatti per camminare insieme nella via della santità? Mi rispetti, favorisci la mia autostima, abbiamo un rapporto alla pari? Mi denigri o cresciamo nella correzione fraterna? Sei sincero? Sei onesta? Credi nella fedeltà? Vuoi accogliermi per tutta la vita? E cosa pensi della famiglia? Non buttatevi a capofitto: anche l’amore ha le sue dinamiche, curatele con pazienza e attenzione. Parlate tanto, fatevi accompagnare, cercate persone sagge e credibili che possano illuminarvi il cammino Guarire nell’affettività – e non convivere prima di sposarsi – è garanzia di un matrimonio duraturo. Aiutaci a continuare la nostra missione: contagiare la famiglia della buona notizia Cari lettori di Punto Famiglia, stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11). CONTINUA A LEGGERE Tag castità, conoscenza, convivenza, CONVIVERE, dialogo, Fedeltà, fidanzamento, matrimonio, NUCLEI DI MORTE, risolversi affettivamente, SINCERITÀ, Sposarsi Cecilia Galatolo Cecilia Galatolo, nata ad Ancona il 17 aprile 1992, è sposata e madre di due bambini. Collabora con l'editore Mimep Docete. È autrice di vari libri, tra cui "Sei nato originale non vivere da fotocopia" (dedicato al Beato Carlo Acutis). In particolare, si occupa di raccontare attraverso dei romanzi le storie dei santi. L'ultimo è "Amando scoprirai la tua strada", in cui emerge la storia della futura beata Sandra Sabattini. Ricercatrice per il gruppo di ricerca internazionale Family and Media, collabora anche con il settimanale della Diocesi di Jesi, col portale Korazym e Radio Giovani Arcobaleno. Attualmente cura per Punto Famiglia una rubrica sulla sessualità innestata nella vocazione cristiana del matrimonio. Visualizza archivio → ANNUNCIO Lascia un commento Annulla rispostaIl tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *Commento Nome * Email * Sito web Per commentare bisogna accettare l'informativa sulla privacy. Ho letto e accettato la Privacy Policy * Ti potrebbe interessare: La preghiera sincera ti salva il matrimonio: la storia di Anna e Filippo “Noi, portate in pellegrinaggio dai santi Martin”: quattro suore si raccontano “Volevo essere pura, ma non ci riuscivo per insicurezza. 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