Qualche anno fa, esattamente nel settembre del 2014 rimasi molto colpita dalla testimonianza di tre suore missionarie salesiane uccise selvaggiamente in Burundi. La vita e le opere di suor Olga Raschietti, suor Lucia Pulici e suor Bernardetta Boggian sono state raccolte in un libro “Va’, dona la vita! Storia, parole, morte di tre missionarie saveriane in Burundi” (Editrice Missionaria Italiana, pp. 256, euro 13) curato da suor Teresina Caffi. Il testo racconta i loro lunghi anni di missione tra America latina e Africa, il loro impegno come catechista (Olga), ostetrica (Lucia) e formatrice (Bernadetta).
Le tre religiose vennero uccise il 7 e 8 settembre 2014 nella loro casa di Kamenge, nella periferia di Bujumbura, in Burundi. Ad oggi non è stata fatta chiarezza né sull’autore del triplice omicidio né sui mandanti o sul movente – si pensa all’opera di un solo pazzo – ma la loro casa è stata trasformata in luogo di preghiera e spiritualità.
Il libro attinge a materiale inedito delle tre suore uccise, lettere private, diari personali, biglietti e riflessioni spirituali, da cui traspare una decisione radicale, come scrive Giordana Bertacchini, allora direttrice generale delle Saveriane: «Non hanno avuto scelta nella morte, ma la scelta l’avevano fatta prima: quella della vita data per la missione per amore di Gesù e della gente, della presenza in contesti difficili, dello stile indifeso che le ha rese più vulnerabili».
Le tre sorelle erano tutte anziane, nonostante l’età avevano però deciso di restare con la loro gente cercando di aiutare per quanto possibile la comunità locale. Erano dunque donne fragili nel fisico ma evidentemente forti nello spirito. C’è da chiedersi perché l’odio si scatena contro di loro? A chi danno fastidio queste donne? Al maligno certamente. Perché il male non ha paura del potere, piuttosto è terrorizzato quando vede un’anima fragile e debole consegnata all’Amore. La vita di queste suore era l’immagine eloquente dell’Agnello che porta su di sé tutto il dolore e il peccato del mondo. La loro fedeltà pur nella debolezza scandalizza il nostro modo di pensare. In fondo se avessero chiesto di rientrare in Italia a godersi legittimamente gli ultimi anni della loro vita, dopo un’esistenza vissuta in missione, nessuno avrebbe osato criticare la scelta.
Eppure hanno scelto di restare abbracciati a quel Gesù amato attraverso i fratelli in missione, fino a versare il sangue. E la loro morte così violenta e cruenta, una di loro è stata decapitata dopo che si è accorta dell’uccisione delle due consorelle sgozzate, ci fa intravedere già quel Cielo a cui aneliamo. Ancora la nostra conversione passa attraverso il cuore e la voce delle donne. A noi il compito di raccoglierle e di non dimenticarle.
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1 risposta su “Il male ha paura della fragilità che si consegna all’Amore”
Dove posso trovare questo testo? Grazie