Passiamo gran parte della nostra vita a chiederci perché siamo al mondo, qual è il senso della nostra esistenza. Tante energie vengono poi investite per comprendere il passato. Restiamo prigionieri di un sogno o di una delusione, di un progetto o di un’esperienza dolorosa che ci ha segnati indelebilmente. Apparentemente la vita prosegue, avanza, ma ad ogni passo ci trasciniamo il nostro carico di domande, dubbi, dolore. La gioia e la felicità diventano chimere, confondiamo i successi personali con la gioia vera fino a renderci conto che, dopo un po’ di tempo, ci lasciano più insoddisfatti di prima. In questa diatriba interiore rischiamo di trascorrere anche tutta la vita.
Per alcuni la psicologia diventa importante per poter nominare il passato, dare una definizione precisa, avere gli strumenti per non ricadere in alcune dinamiche. Ma poi? Poi abbiamo bisogno della luce di Dio. Abbiamo bisogno di “fede retta” e “umiltà profonda” come san Francesco prega in una bellissima preghiera davanti al Crocifisso di san Damiano. Per farlo dobbiamo “stare con Gesù”. Stare vicino a Lui, ascoltarlo, assimilare il suo stile di vita, la sua relazione con il Padre, il suo essere fratello e maestro dei discepoli, il suo stare sulla croce, la sua promessa di restare con noi tutti i giorni.
La settimana scorsa ho vissuto gli esercizi spirituali ad Assisi. Il tempo di Dio. Una possibilità di fare una verifica attenta e puntuale della propria vita ma soprattutto uno spazio in cui lasciarsi amare da Lui. Ho sempre pensato che il segreto della vita spirituale consista nel permettere a Gesù di amarci, nel deporre la corazza, arrendersi, farlo parlare. La psicologia ti dice: “Questo è il tuo passato, è accaduto per questi motivi…”. Gesù ti dice: “Io c’ero in quel passato che ti fa così soffrire, ero con te”. Egli accende una luce, illumina quello spazio oscuro. Ci libera dalla schiavitù di alcune situazioni che ci tengono in pugno. Non ci fa l’elenco delle cause. Il perché è molto sopravvalutato. Gesù non ci dà una spiegazione, Lui ci dona una vocazione. E vivere il presente è rispondere a questa vocazione, prendersi la responsabilità ogni giorno di questa chiamata.
È questa la ricchezza, la gioia della vita. Il sapere che nella vocazione ricevuta Lui è con me, dentro di me, nei sacramenti, nei fratelli che mi ha donato. Senza paura. La paura a volte detta legge. È una tiranna che ci impedisce di vivere il presente. Anche nella fede può suscitare una falsa relazione con Dio. Ci comportiamo in un determinato modo, o preghiamo solo perché abbiamo paura di Lui o di quello che ci potrebbe accadere. Quante relazioni sono costruite sulla paura e non sull’amore autentico che libera e riempie di senso ogni istante!
Gli esercizi sono il tempo per purificare il cuore. Come ha detto don Luigi Epicoco in questi giorni: “Puoi ingannare tutti tranne il tuo cuore. Se tu non sei felice, ti puoi raccontare all’infinito che lo sei, non lo sarai mai. Il cuore non lo può ingannare”. È vero non lo puoi educare a furia di doveri o di convinzioni intellettuali. Il cuore è lo spazio di Dio, la tenda dove Lui dimora. Spesso però lo buttiamo fuori e lasciamo che entrino ladri e briganti a rubare ciò che Lui ha preparato per noi. Fidiamo di Dio. Fidiamoci a partire dalle piccole cose. Cominciando dalla nostra vocazione. “Io ti amo e mi fido di Te”: come è bello ascoltare queste parole sussurrate nel silenzio. A noi la responsabilità di testimoniarle con una vita degna di tanto amore.
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stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).
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