EDUCARE ALL’AFFETTIVITÀ

Un amore che dura non è “questione di fortuna”: due sposi ci spiegano perché

Alessandra e Francesco, di 5pani2pesci, chiedono in uno dei loro video: «Quanti anni hai speso per diventare ingegnere? Quanti anni hai speso per diventare falegname? Quanto ci hai messo per diventare infermiera? Sei andata a scuola, hai studiato, hai fatto i tirocini, hai avuto vicino persone più brave di te. Hai sudato. Quanto tempo, quante energie hai impiegato invece per imparare ad amare?».

Alessandra e Francesco sono due sposi che hanno trovato la perla preziosa di cui parla il Vangelo. Hanno ricevuto un dono: sapersi amati da Dio, sapere che Dio è presente nel matrimonio, quando lo si accoglie con fede. Però hanno capito anche che l’amore non è una “magia”: per vivere un matrimonio bello e fecondo (che doni vita anzitutto ai coniugi stessi) occorre impegnarsi, essere buoni costruttori, allenarsi e allearsi già nel fidanzamento, lavorare sulla coppia. 

Di recente, abbiamo parlato di loro e del progetto di evangelizzazione che hanno ideato (5pani2pesci) per riflettere sulla guarigione affettiva e su cosa significhi “risolversi affettivamente”. Oggi, prendendo spunto da un altro video, intitolato “L’amore può finire?”, cercheremo di capire cosa rende solida una relazione tanto da farla durare, non solo “nel tempo”, ma soprattutto “nell’amore”.

La coppia apre il video con una domanda: “Perché alcune storie d’amore funzionano e altre no? Perché alcune finiscono e altre no? Qual è il segreto dell’amore che dura?”

Alcuni pensano che sia solo questione di “fortuna”, altri credono che dipenda “dalla chimica”, altri ancora parlano di “compatibilità caratteriale” e “complicità naturale”.

Alessandra e Francesco non la pensano esattamente così e spiegano: «Padre Giovanni Marini (un sacerdote che accompagna le coppie di fidanzati ndr), all’inizio dei suoi corsi dice sempre che in amore non si improvvisa, non si va dove ti porta il cuore (“Come mi sento”, “Come mi va”, “Se mi batte più forte”, “Se mi piglia”, “L’amore è finito perché non provavo più niente per lui”). La prima domanda che dobbiamo farci è: “Che equipaggiamento ho per entrare in una relazione d’amore?”».

Quando ci si innamora le prime volte, – spiegano i due – a quindici, sedici, diciotto anni, è normale provare “una cotta”: le famose farfalle nello stomaco. È normale arrossire, sentire quel brivido quando la vedi, quando lo vedi, non vedere l’ora di passare del tempo insieme. Magari inizia una relazione, che dura due mesi, un anno, poi finisce. E perché finisce?

Francesco prova a dare una risposta: «Se vai a fare un’analisi, la realtà della situazione è questa: tu, all’interno di quella storia, ci sei entrata con lo slancio, col vento di passione, poi all’interno sei andata un po’ “come capitava”’. Magari ci hai provato. Hai cercato delle soluzioni, hai provato delle strade, hai provato a camminare un po’ come sapevi fare. Poi, ad un certo punto la storia è finita».

«Oppure – questa volta a parlare è Alessandra – con tutte le persone che incontri tu alla fine la storia finisce. Iniziano relazioni anche importanti, che durano due o tre anni, poi ogni volta finisce. Possibile che li trovi tutti tu quelli sbagliati?». 

Leggi anche: Risolversi affettivamente: che vuol dire? La risposta da 5pani2pesci (puntofamiglia.net)

«Gli studi di psicologia – riprende Francesco – ci hanno fatto capire una cosa fondamentale: c’è una prima fase, che si chiama innamoramento e in questa prima fase lui o lei sono il tuo mondo. Sono perfetti, ai tuoi occhi. Dopo il primo anno inizi a vedere che qualcosa non funziona bene. Comincia ad esserci qualche alone di ruggine, però ti dici che comunque è una persona fantastica. Dopo due anni, cominci a notare cose più grosse e ti dici: “Ma veramente io devo stare con questa persona?”. A quel punto, la storia d’amore che sembrava eterna finisce. In realtà, questa è proprio la dinamica delle relazioni umane: c’è una prima fase di entusiasmo. Poi, piano piano che l’idealizzazione va scemando, emerge la realtà. Si vedono sia i lati positivi, sia quelli negativi. Una volta che emergono delle cose che forse si incastrano meno con te, con la tua vita, col tuo modo di vedere, è lì che bisogna iniziare a lavorare e comincia ad essere faticoso. Molti di noi, arrivata la fase faticosa, se ne vanno. Vediamo che non funziona e diciamo semplicemente “basta”, perchè pensiamo che l’amore sia una cosa che deve andare da avanti sola, trascinata dalle emozioni. E invece è proprio finita la fase dell’innamoramento che inizia l’amore vero e proprio, perché l’amore è una scelta”.

E come si ama? Secondo Alessandra, non dobbiamo “inventarci” quel “come”, perché è Gesù stesso a dirci come si fa: “Amatevi gli uni gli altri, come io ho amato voi”.

C’è un “come” e c’è anche chi ce lo mostra, questo “come”. È Gesù la via. Dobbiamo metterci alla sua scuola, seriamente. D’altronde, chi l’ha detto che in amore non mi bisogna imparare e faticare?

«Quanti anni hai speso per diventare ingegnere? – chiede Alessandra, rivolgendosi a chi segue il video – Quanti anni hai speso per diventare falegname? Quanto ci hai messo per diventare infermiera? Sei andata a scuola, hai studiato, hai fatto i tirocini, hai avuto vicino persone più brave di te. Hai sudato per anni e imparato sulla tua pelle… Ma, in amore, quanto tempo hai impiegato per imparare ad amare? Quanto hai investito su questo? Tutti dicono che dobbiamo studiare, che ci dobbiamo impegnare per realizzare questa o quell’altra cosa… ma chi ci insegna come relazionarci? Eppure, la cosa più importante della tua vita, quella da cui dipende la tua felicità, è proprio come ti relazioni, la tua affettività».

Insomma, «il segreto nell’amore non è buttarsi a capofitto, come si facesse bungee jumping – aggiunge Francesco – Ci sono delle regole. Ci sono dinamiche da verificare. Bisogna chiamare per nome le dinamiche che si verificano all’interno della relazione e poi andarci a lavorare».

«Noi ci siamo resi conto – spiega Alessandra – Grazie al nostro padre spirituale che eravamo due disastri assoluti, in amore. Ci siamo resi conto di tantissimi punti che nella nostra storia non funzionavano. Cosa abbiamo fatto? Li abbiamo chiamati per nome. Ci abbiamo lavorato. E poi abbiamo valutato se la persona che avevamo davanti era una persona solida, matura. Se nel fidanzamento vedo che lui è stato maturo e si è messo in moto per risolvere i punti critici della nostra relazione, allora posso dire che questo è un uomo vero e pensare di sposarlo… Se invece vedo che lui è immaturo, fa passi indietro, dice di “sì”, ma concretamente non fa nulla e si giustifica e basta, non ci sono le premesse per un matrimonio…».La cosa più importante che questi due sposi ci tengono a far sapere ai giovani è che la relazione è un cammino. Ci saranno dinamiche su cui si dovrà lavorare tutta la vita. L’importante è non stare fermi. L’importante, in altre parole, è non aspettare che le soluzioni “cadano dal cielo”, senza muovere un dito.




Aiutaci a continuare la nostra missione: contagiare la famiglia della buona notizia

Cari lettori di Punto Famiglia,
stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).

CONTINUA A LEGGERE



Cecilia Galatolo

Cecilia Galatolo, nata ad Ancona il 17 aprile 1992, è sposata e madre di due bambini. Collabora con l'editore Mimep Docete. È autrice di vari libri, tra cui "Sei nato originale non vivere da fotocopia" (dedicato al Beato Carlo Acutis). In particolare, si occupa di raccontare attraverso dei romanzi le storie dei santi. L'ultimo è "Amando scoprirai la tua strada", in cui emerge la storia della futura beata Sandra Sabattini. Ricercatrice per il gruppo di ricerca internazionale Family and Media, collabora anche con il settimanale della Diocesi di Jesi, col portale Korazym e Radio Giovani Arcobaleno. Attualmente cura per Punto Famiglia una rubrica sulla sessualità innestata nella vocazione cristiana del matrimonio.

ANNUNCIO


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Per commentare bisogna accettare l'informativa sulla privacy.