23 Maggio 2023
“Non separiamo il corpo dall’anima”, quando ci accontentiamo di mettere il preservativo nelle tasche dei nostri figli
È passato un po’ in secondo piano ma io ritengo che sia uno di quegli eventi epocali e fondamentali nella vita della Chiesa che andava celebrato a porte aperte, chiamando a partecipare uomini e donne da tutto il pianeta. Per grazia possiamo godere degli interventi e approfondirli. Sto parlando del Congresso organizzato dalla Cattedra Internazionale di Bioetica Jérôme Lejeune, il 19 e 20 maggio 2023 a Roma su “Humanae vitae, l’audacia di un’enciclica sulla sessualità e la procreazione”.
Il cardinale Luis F. Ladaria, prefetto per la Congregazione della dottrina della fede, nel Discorso meraviglioso di apertura del Congresso internazionale ha spiegato come la frase che va tanto di moda nella cultura di oggi, urlata ultimamente anche al Salone del libro di Torino e cioè “Il mio corpo mi appartiene e ne faccio quello che voglio” nasconde una grande menzogna che già profeticamente Paolo VI aveva denunciato nell’enciclica così poco accolta e avversata anche all’interno della stessa comunità ecclesiale.
Il valore di questo documento magisteriale è immenso e ogni volta che ne leggo qualche passaggio, io non riesco a comprendere come si possa ridurla ad una semplice negazione della contraccezione. Nelle parole del santo Papa c’è molto di più. C’è una visione dell’uomo integrale, è come racchiuso il segreto della felicità perché come dice Ladaria “Se l’uomo è capace di riconoscere e interpretare i significati unitivi e procreativi dell’atto coniugale, potrà realizzare correttamente la propria esistenza e portarla a compimento”. Portare a compimento significa fare l’esperienza della gioia piena. E quando questa gioia piena si realizza? Benedetto XVI lo dice molto bene nella Deus caritas est: “L’uomo è veramente se stesso quando il corpo e l’anima formano un’intima unità […] è l’uomo, la persona, che ama come creatura unitaria, di cui fanno parte il corpo e l’anima. Solo quando entrambi sono veramente fusi in un’unità, l’uomo è pienamente se stesso”.
Il rifiuto dell’enciclica invece è frutto di una visione in cui il corpo è lontano dal cuore, è un bene strumentale, manipolabile. “Questa reificazione del corpo non solo comporta la perdita della verità dell’amore umano e della famiglia” dice Ladaria “ma ha portato a un’allarmante diminuzione delle nascite e a una moltiplicazione del numero di aborti. Il rifiuto dell’indissolubilità dei due significati, che proclamava la regolazione della natalità con l’uso di contraccettivi, si è evoluto nella manipolazione artificiale della trasmissione della vita, attraverso le tecniche di riproduzione assistita”.
Da questo punto di vista, l’enciclica è quanto mai attuale. E noi abbiamo il dovere di trasmetterla e annunciarla ai nostri giovani senza paura. Su questo aspetto è come se ci fossimo arresi nella pastorale. Non crediamo più al fondamento antropologico che l’uomo è unità di corpo e di spirito. Ci accontentiamo di arginare le derive ma come possiamo pensare di delimitare il gender, l’utero in affitto, l’aborto se non ripartiamo da questo annuncio, da questa formazione in famiglia, ai nostri adolescenti, ai giovani? Quando arriviamo a parlare di questi temi – il più delle volte nel breve itinerario di preparazione al matrimonio – è già tutto inquinato dalla cultura della libertà e del piacere. I risultati sono scarsi. Se ci fermassimo a riflettere di più. Noi potremmo consegnare ai nostri figli la chiave della felicità, quella che permette loro di vivere un’esperienza corporea di compimento e invece ci limitiamo ad assicurarci di aver messo il preservativo nelle loro borse.
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