22 Maggio 2023
Quanto fa paura un libro? Il caso Roccella al Salone di Torino…
«Voglio parlare con le persone che manifestano, non voglio che nessuna sia portata via, non lo posso accettare visto che la mia esperienza è stata quella di fare sit in cui venivo portata via», a parlare è la ministra Eugenia Roccella che sabato 20 maggio al Salone del libro di Torino avrebbe dovuto presentare la sua autobiografia “Una famiglia radicale” (edita da Rubbettino). Non è stato possibile. Appena è arrivata, la ministra che racchiude nel suo dicastero tre deleghe del governo (Famiglia, Pari opportunità, Natalità) è stata silenziata con urli, slogan, persone che si sono stese a terra.
Nonostante le proteste, la Roccella ha cercato in tutti i modi un dialogo e un confronto. Ha chiesto ad una di loro di venire sul palco per presentare le loro istanze e dialogare con lei, farle delle domande precise. Le attiviste attiviste di Extinction Rebellion e ‘Non una di meno’ hanno mandato una giovane donna ma a leggere un comunicato, tra l’altro rivolgendosi al pubblico non alla ministra. Dopodiché hanno continuato a gridare e a dimenarsi in slogan del tipo: «Giù le mani dai corpi e dalla terra», «Aprite gli occhi» e «Né le terre né i nostri corpi sono territori di conquista». Senza dare alla ministra la possibilità di rispondere su quei temi che ponevano sul tavolo.
Sono andata a leggere il testo del comunicato letto dalle attiviste. Vi riporto alcuni passaggi significativi: «Siamo venute per far sentire la nostra voce e disturbare l’intervento della ministra della Natalità Eugenia Roccella. Perché non possiamo restare a guardare mentre ancora una volta gli spazi ci vengono tolti per essere dati a posizioni antiabortiste e negazioniste». E ancora, nonostante il tema della natalità ormai lo conoscono pure i bambini all’asilo: «Questo governo crede che i problemi veri siano ben altri, e decide allora di stanziare un milione di euro al cosiddetto fondo di “vita nascente”, nascondendo dietro a parole confuse le proprie posizioni antiabortiste». E poi giù sulla paura che qualcuno neghi loro il diritto di abortire: «la politica si occupa di noi solo come strumento di propaganda, per poter scegliere dei nostri corpi e delle nostre vite liberamente».
Il problema non è la contestazione, ma la censura vera e propria. E in questo purtroppo dobbiamo dire che il direttore del Salone del Libro, lo scrittore Nicola Lagioia, non ha colto nel segno né ha tutelato quel principio di democrazia che lui stesso sbandierava sul palco quando è stato tirato dentro. Anzi successivamente ha messo una pezza peggio dello strappo, dichiarando che quello era lo spazio riservato alla Regione Piemonte che ha deciso di invitare la Roccella, lavandosi le mani come Pilato. Sinceramente a mente non ricordo ma non credo ci siano stati nel passato episodi simili in senso opposto. Per esempio, per la presentazione di un libro di Roberto Saviano o di qualche esponente del PD.
«Quello che più mi ha colpito, e sinceramente mi addolora, è che delle donne abbiano impedito ad altre donne di parlare» ha commentato amaramente la Roccella alla fine di una giornata, stanca e delusa. Il libro che avrebbe voluto presentare al Salone racconta la storia della sua famiglia, di suo padre Franco che ha contribuito a fondare il Partito radicale. Il suo passato assomiglia alle ragazze e ai ragazzi che hanno fatto in modo di zittirla. Anche lei è stata una contestatrice e oggi lei si definisce una femminista consapevole e voleva raccontare a quelle ragazze il perché. Ma non le è stato permesso…
La narrazione di processi di pensiero che conducono lontano da quello che è il dominante, è ciò che si combatte con la censura. Non c’è confronto, non c’è dialogo, non c’è terreno di incontro. «Quando ho invitato quelle ragazze a battersi con noi, per la libertà del corpo delle donne, contro l’utero in affitto, mi è stato risposto un no aggressivo e perentorio» ha detto la Roccella. Mi chiedo, come si può difendere la libertà della donna ed essere favorevoli al fatto che il corpo di un’altra donna venga “affittato” per una vera e propria “tratta” degli esseri umani e dello sfruttamento del corpo delle donne? Queste ragazze che contestano pensano con le loro teste? I libri servono a questo, a comprendere meglio anche la realtà e a formare il pensiero. Ma evidentemente è proprio questa semina culturale a far tremare le poltrone di molti strateghi della vita sociale ed economica. E quello che mi rattrista profondamente è che i giovani non si rendano conto della pericolosità di questo sistema che non è solo antidemocratico ma li piega, come soldatini pronti ad ubbidire, ad un potere subdolo che pur di non confrontarsi con la verità, continua a urlare.
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