19 Maggio 2023
La nostra fede genera cultura: cristiani non abbandonate la barca
Un cristiano con il suo modo di vivere il lavoro, gli affetti, lo svago, alla luce della fede, fa cultura. Oggi ne abbiamo urgentemente bisogno. Un certo pensiero cerca di rilegare la fede nella sfera del privato e del devozionismo, la storia ci insegna che gli uomini che hanno vissuto seriamente il loro essere cristiani, hanno lasciato segni di umanità e di speranza che ancora oggi è possibile ammirare. Penso a Carlo Casini, fondatore del Movimento per la Vita, don Oreste Benzi e la sua attenzione per gli ultimi, Alcide De Gasperi e il suo impegno politico. Se vogliamo parlare dei tempi moderni possiamo citare Alessandro D’Avenia e la sua infaticabile opera nella scuola e come scrittore. Questi i nomi più famosi ma l’impegno culturale resta una prerogativa di ogni cristiano.
Ogni azione che nasce dalla fede fa cultura perché annunciando ad ogni uomo che Gesù è la nostra salvezza e solo in Lui l’uomo comprende la verità su stesso è tutto l’uomo che deve realizzarsi in Cristo. “Una fede che non diventa cultura è una fede non pienamente accolta, non interamente pensata, non fedelmente vissuta” (Giovanni Paolo II, 16 gennaio 1982, Unesco). “Nello stesso tempo, l’impegno culturale di un credente sarebbe sostanzialmente lacunoso se l’umanizzazione dell’uomo, che egli promuove mediante la cultura, non fosse consapevolmente orientata e diretta verso il suo compimento nella fede. La fede dunque non è per nulla estrinseca alla cultura, ma anzi genera cultura”. Nell’attuale contesto di secolarizzazione e per tanti aspetti di scristianizzazione, dobbiamo guardare al futuro con l’obiettivo che la fede “abbia, o ricuperi, un ruolo-guida e un’efficacia trainante”, mediante una presenza anche pubblica nella società e con la tensione a “far sì che le strutture sociali siano o tornino a essere sempre più rispettose di quei valori etici, in cui si rispecchia la piena verità sull’uomo” (Insegnamenti di Giovanni Paolo II, 1001-1002).
La nostra fede ci chiede di coltivare e di difendere sempre quella identità culturale cristiana, che ci rende degli autentici credenti maturi e ci permette di condurre altri alla verità. La verità delle cose, della storia, della vita e dell’uomo, non deve essere acriticamente accettata, ma ricercata con sincerità e con fiducia, e coltivata con coraggio e con coerenza. Nelle nostre famiglie, nelle nostre comunità ecclesiali, dovremmo educare a ricercare questa verità delle cose. Dovremmo sentire il fascino di condurre i giovani che ci sono stati affidati come anche gli sposi a fare questo itinerario di ricerca in Dio che lo conduce alla verità sull’uomo.
Non possiamo non sottolineare anche solo richiamando, il ruolo che svolge la famiglia nell’ambito dell’impegno culturale e che si esplica specificatamente nel compito educativo. La centralità che la famiglia ha, ci obbliga ad aiutare e ad accompagnare ogni famiglia perché sia il luogo dove i valori vengono respirati, accolti e fatti propri. La famiglia è la prima culla dove si fa cultura. Riprendiamo consapevolezza di questa specifica missione. Non sono i numeri a spaventarci ma la rinuncia a questo specifico compito. Inderogabile e necessario. Vorrei vedere una Chiesa più impegnata e non ripiegata nel rincorrere le mode culturali del momento. Una Chiesa che come una madre quando il figlio le dice: “Perché non posso avere lo stesso IPhone che ha il mio amico?”. Risponde che a 15 anni non si può andare in giro con un telefono di 1000 euro. Non è una questione economica, è culturale. Restiamo cristiani, fa bene al nostro modo di vivere e fa crescere i nostri figli.
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Cari lettori di Punto Famiglia,
stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).
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