FESTA DELLA MAMMA
“Sex toys per la Festa della Mamma? No, grazie, vogliamo essere amate”
Un’azienda che produce profilattici avrebbe voluto affiggere per le città una pubblicità dove una donna, con un’eloquente espressione sul viso, ha al suo fianco un vibratore e la scritta: “La mamma non si tocca, o forse sì”. Davvero pensate che noi mamme ci accontentiamo di un gioco di plastica? Ci pensate così semplici? No: abbiamo bisogno di (e meritiamo!) un uomo vero accanto.
Una nota azienda produttrice di condom e oggetti ludici ad uso sessuale, con un reparto marketing apposito per studiare come veicolare al meglio i suoi prodotti raggiungendo anche fruitori impensati, avrebbe voluto lanciare, in occasione della Festa della Mamma, una fantastica (è ironia: per scrivere questo articolo, ce ne vorrà per non piangere) campagna pubblicitaria. Ecco, dunque, lo spot: l’immagine di una donna, un’eloquente espressione sul viso, di fianco a lei un attrezzo di plastica rosa shocking per praticare autoerotismo e la scritta che campeggia tra i due: “La mamma non si tocca, o forse sì”.
Stringerei la mano al marketing manager dell’azienda, perché con una frase accattivante ha centrato in pieno il bersaglio prefissato: sessualizzare la donna, ma non soltanto la donna, ancora meglio, la mamma (un terreno forse ancora poco esplorato dalle ditte produttrici di questi aggeggi, alias sex toys). Ho detto che gli stringerei la mano, se non fosse per il fatto che questa nobile campagna pubblicitaria, che avrebbe dovuto campeggiare con cartelloni giganti su tutte le strade d’Italia da Trieste in giù (ma che per fortuna non è stata autorizzata) ci fa un danno enorme.
Di fatto, la pubblicità sta girando via social ovunque, grazie a personaggi pubblici femminili che hanno ritenuto obbligo morale amplificarla, in virtù della lotta contro i retaggi del passato e a favore dell’emancipazione femminile. Ma siamo sicuri sul serio che questo messaggio giochi a nostro vantaggio? A vantaggio delle donne, delle madri, e della loro vita sessuale?
Iniziamo col dire che di sesso e maternità probabilmente è giunto il tempo di parlare. Ovvero della vita sessuale vissuta nella coppia che ha un ménage arricchito da uno o più figli. Di fatto, le voci che ci raggiungono da più parti sono chiare: mantenere una sana vita sessuale in una modernità dove i tempi sono rapidi, le ore esclusive per la coppia poche, e la stanchezza cronica, diventa sempre più difficile.
Sono molte, anzi moltissime, le madri insoddisfatte della loro vita sessuale, trascurate per tempi biblici dai loro mariti, ferite profondamente nella loro dignità di donne e soggetti bisognosi di tenerezze e vicinanza affettiva. Perché l’amore passa anche attraverso i corpi, e non ammetterlo per pudicizia non giova a nessuno. Ma il problema serio è il messaggio che lo slogan vuole far passare: cari bimbi, cari uomini e cari voi tutti che guardate e leggete, “le mamme sono semplici”, come il loro piacere. Dunque, regalate loro un aggeggio di plastica per procurarselo da sole in pace e avete risolto, facendole felici. Che ci vuole?
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C’è chi obietta spiegando che i sex toys sono utilizzati anche reciprocamente nella coppia (e su questo avrei alcune riserve, chiedendo quando e perché sia necessario ricorrere a oggetti per generare unione e complicità profonda) ma c’è anche chi, dalla sua esperienza nel marketing, ci assicura che questo messaggio è esattamente votato a rassicurare gli uomini, confermandoli su ciò che sperano: “fare meno fatica possibile, avere meno responsabilità possibili”. Ecco perché cattura anche a loro.
Lo slogan dice, sostanzialmente, agli uomini che se non hanno voglia di investire tempo e cure con la loro compagna di vita è ok, anzi, benissimo, perché lei in fondo non merita altro che oggetti sessuali: farà da sé. La donna, la madre, oggetto tra oggetti. Ecco l’inganno sostanziale di una campagna ironica ma dannosa in modo colossale per tutte le donne, comprese quelle che a questi giochi sexy si arrendono per la ricerca di un piacere self-service, che sarebbe “meglio di nulla”.
Perché ciò che non si contempla qui è il bisogno atavico femminile di avere un compagno di vita maschile che sostenga, ancora di più nel ruolo complicato di madre. Piuttosto di vedere l’uomo scappare di fronte alle sue responsabilità, il che ormai è routine, con i padri sempre più marginali o latitanti nelle scelte decisive a favore o contro il concepito, la madre ha bisogno di certezze su come cavarsela quando l’auto è in panne, di spalle su cui piangere quando le fa male il seno per le ragadi da allattamento, di un abbraccio sicuro se si sente fallita quando un figlio compie sbagli oltre il prevedibile, ha bisogno di sentirsi dire che è bella anche quando è sfinita da una routine fatta di poco sonno e pensieri pesanti come macigni. Ha bisogno di essere amata, mentre ama e si prende il carico emotivo degli altri con tutta sé stessa, cosa che a noi donne viene facile pure con le pietre.
Tutto questo non può essere banalizzato da una ditta che proprio sul controllo nascite, e disincentivando le donne a diventare madri, fa cassa. Un’azienda che vorrebbe convincere anche i bambini, che avrebbero senz’altro letto e visto questa pubblicità, a vedere l’archetipo di ogni donna – cioè la loro mamma – come una persona che vola basso con i suoi bisogni più viscerali da accontentarsi con cose di plastica.
Le madri, la maggior parte di loro, comprese quelle troppo annichilite per riconoscere le proprie attese più intime, hanno bisogno di tenerezze e presenza, di un gladiatore alla Russel Crowe disposto a combattere per lei contro i leoni sempre più ruggenti in questa modernità di piaceri e sentimenti di plastica.
Le madri hanno bisogno del santo piacere che viene dall’amore, che costa sudore e lacrime.
Le madri hanno bisogno di essere amate, sul serio.
Che a comprare e regalare aggeggi di plastica, qua, sono buoni tutti.
Auguri a noi mamme. Non abbassiamo l’asticella: valiamo molto di più di come vuol farci credere chi ci usa per fare soldi…
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