UDIENZA DEL PAPA

I consacrati? Una “riserva” preziosa per la Chiesa. Parla papa Francesco

“Come può della gente che vive in monastero aiutare l’annuncio del Vangelo? Non farebbero meglio a impiegare le loro energie nella missione? Uscendo dal monastero?”. Il papa si pone queste domande durante l’udienza, per poi rispondere: “In realtà, i monaci sono il cuore pulsante dell’annuncio, la loro preghiera è ossigeno per tutte le membra del Corpo di Cristo”.

Durante l’Udienza di mercoledì 26 aprile, papa Francesco ha proseguito la sua catechesi parlando ancora dello zelo apostolico. “Siamo partiti da San Paolo e la volta scorsa abbiamo guardato i martiri, che annunciano Gesù con la vita, fino a donarla per Lui e per il Vangelo – ha esordito il Santo Padre – Ma c’è un’altra grande testimonianza che attraversa la storia della fede: quella delle monache e dei monaci, sorelle e fratelli che rinunciano a sé, rinunciano al mondo per imitare Gesù sulla via della povertà, della castità e dell’obbedienza e per intercedere a favore di tutti”. 

Il papa ha assunto le domande che spesso le persone si pongono: “Come può della gente che vive in monastero aiutare l’annuncio del Vangelo? Non farebbero meglio a impiegare le loro energie nella missione? Uscendo dal monastero e predicando il Vangelo fuori dal monastero?”. La risposta del Santo Padre è che “In realtà, i monaci sono il cuore pulsante dell’annuncio, la loro preghiera è ossigeno per tutte le membra del Corpo di Cristo, la preghiera loro è la forza invisibile che sostiene la missione”. 

Il Papa nota, poi, che “Non a caso la patrona delle missioni è una monaca, Santa Teresa di Gesù Bambino”. A questo punto il papa ricorda come la donna ha scoperto la sua vocazione. Così ella scrisse così: «Compresi che la Chiesa ha un cuore, un cuore bruciato dall’amore. Capii che solo l’amore spinge all’azione le membra della Chiesa e che, spento questo amore, gli apostoli non avrebbero più annunciato il Vangelo, i martiri non avrebbero più versato il loro sangue. Compresi e conobbi che l’amore abbraccia in sé tutte le vocazioni […]. Allora con somma gioia ed estasi dell’animo gridai: O Gesù, mio amore, ho trovato finalmente la mia vocazione. La mia vocazione è l’amore. […] Nel cuore della Chiesa, mia madre, io sarò l’amore» (Manoscritto autobiografico “B”, 8 settembre 1896). 

Il Papa ha parole di stima per i contemplativi, i monaci, le monache, li definisce “gente che prega, lavora, prega in silenzio, per tutta la Chiesa. E questo è l’amore: è l’amore che si esprime pregando per la Chiesa, lavorando per la Chiesa, nei monasteri”.

Questo amore per tutti, afferma il Santo Padre, “anima la vita dei monaci” e “si traduce nella loro preghiera di intercessione”. 

Leggi anche: Non si annuncia il Vangelo facendo i “leoni da tastiera”: parola di Papa Francesco (puntofamiglia.net)

Francesco fa poi riferimento a San Gregorio di Narek, Dottore della Chiesa: “È un monaco armeno, vissuto attorno all’anno Mille, che ci ha lasciato un libro di preghiere, nel quale si è riversata la fede del popolo armeno, il primo ad abbracciare il cristianesimo; un popolo che, stretto alla croce di Cristo, ha tanto sofferto lungo la storia. E San Gregorio trascorse nel monastero di Narek quasi tutta la vita. Lì imparò a scrutare le profondità dell’animo umano e, fondendo insieme poesia e preghiera, segnò il vertice sia della letteratura sia della spiritualità armena”. 

L’aspetto che in lui più colpisce è, per Francesco proprio “la solidarietà universale di cui è interprete”. I monaci e le monache hanno “una solidarietà universale” nel senso che “qualsiasi cosa succede nel mondo, trova posto nel loro cuore e pregano”. 

Il cuore dei monaci e delle monache è “un cuore che prende come un’antenna”, “prende cosa succede nel mondo e prega e intercede per questo”. E così “vivono in unione con il Signore e con tutti”. “Come ha fatto Gesù i monaci prendono su di loro i problemi del mondo, le difficolta, le malattie, tante cose e pregano per gli altri. E questi sono i grandi evangelizzatori. I monasteri come mai vivono chiusi ed evangelizzano? Perché con la parola, l’esempio, l’intercessione e il lavoro quotidiano, i monaci sono un ponte di intercessione per tutte le persone e per i peccati”. 

Se da un lato essi “piangono per i loro peccati – tutti siamo peccatori”, piangono anche “per i peccati del mondo”, e pregano e intercedono con le mani e il cuore in alto. 

Il Papa definisce queste persone una “riserva” che abbiamo nella Chiesa: “sono la vera forza, la vera forza che porta avanti il popolo di Dio e da qui viene l’abitudine che ha la gente – il popolo di Dio – quando incontra un consacrato, una consacrata di dire: ‘Prega per me, prega per me’”. si sa, infatti, che la loro è “una preghiera d’intercessione”. Infine, invita a “visitare qualche monastero, perché lì si prega e si lavora”. “Ognuno ha la propria regola, ma lì hanno le mani sempre occupate: occupate con il lavoro, occupate con la preghiera. Che il Signore ci dia nuovi monasteri, ci dia monaci e monache che portino avanti la Chiesa con la loro intercessione”.




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