Ci sono delle sere che a Compieta, in quella pausa di silenzio prima dell’inno, quando si dovrebbe chiedere perdono delle mancanze della giornata, mi ritrovo puntualmente con una lista di cose da presentare: telefonate che non sono riuscita a fare, messaggini di affetto a un’amica per il suo tempo difficile, chiarire una questione con un coabitante del mio tetto… Insomma mai una sera senza debiti.
Le giornate non sono da meno. A volte mi guardo nello specchietto retrovisore della mia auto – quello che mio figlio dice che serve per guardare dietro quando faccio retromarcia, strano, ho sempre pensato che mi servisse per controllare il trucco – e mi accorgo che il mascara l’ho meso ad un occhio solo e la matita fa curve diverse sulle labbra. Ho pensato fosse la miopia e ho messo gli occhiali ma è sempre storta. Comunque a parte queste cose fondamentali per una donna, c’è questa sensazione continua di essere inadeguata nonostante mi sforzi di essere una buona cristiana. Programmo tutto con amore. Cerco di dare priorità alla Messa quotidiana, al Rosario, alla meditazione della Parola e poi il lavoro, i numeri da controllare e che non si trovano mai, le corse in cucina per presentare a tavola qualcosa di buono e commestibile. Nonostante questo, molte volte trovo tanti inciampi: un cantiere che mi fa arrivare tardi a Messa, una telefonata più lunga del solito che mi fa saltare la consegna di un lavoro e i miei uomini che a tavola non distinguono un riso bollito da una pasta al forno, cioè “ingurgitano” senza notare la differenza.
In questi momenti mi sovvengono le parole di una meravigliosa poesia di Madeleine Delbrêl, una mistica poetessa francese, sulla pazienza: “Le pazienze, queste briciole di passione, che hanno lo scopo di ucciderci lentamente per la tua gloria, di ucciderci senza la nostra gloria. Fin dal mattino esse vengono davanti a noi: sono i nostri nervi troppo scattanti o troppo lenti, è l’autobus che passa affollato, il latte che trabocca, gli spazzacamini che vengono, i bambini che imbrogliano tutto. Sono gl’invitati che nostro marito porta in casa e quell’amico che, proprio lui, non viene; è il telefono che si scatena; quelli che noi amiamo e non ci amano più; è la voglia di tacere e il dover parlare, è la voglia di parlare e la necessità di tacere; è voler uscire quando si è chiusi, è rimanere in casa quando bisogna uscire; è il marito al quale vorremmo appoggiarci e che diventa il più fragile dei bambini; è il disgusto della nostra parte quotidiana, è il desiderio febbrile di quanto non ci appartiene”. Tutto questo dice è da vivere con pazienza, il martirio delle pazienze le chiama. Un martirio quotidiano che serve per la nostra santificazione.
A fine giornata la mia lista delle mancanze e delle lamentazioni si conclude sempre con un atto di fiducia: “Tu lo sai, mio Dio, tu lo sai che ti amo”. Alla fine ciò che conta è il nostro rapporto con Lui, è sapere che tutto può andare storto, che le persone ci deludono, vanno via, ti feriscono, che il dolce si affloscia nel forno, che nessuno ti dice grazie per quello che fai ma Lui è sempre lì per donarci il suo amore. I piccoli ostacoli o le grandi croci se vissute con Lui generano gioia. Con questa fiducia ogni mattino ricomincio.
Vai all'archivio di "Con gli occhi della fede"
Aiutaci a continuare la nostra missione: contagiare la famiglia della buona notizia
Cari lettori di Punto Famiglia,
stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).
Lascia un commento