20 Aprile 2023
“Nella mia valigia ho due cose: la Parola di Dio e la tenerezza”
Domenica scorsa mi trovavo ad Ugento in Puglia ed è impossibile percorrere quella terra senza pensare a don Tonino Bello. Così navigatore alla mano, subito dopo pranzo, io e mio marito ci siamo recati sulla tomba del vescovo di Molfetta che si trova nel cimitero di Alessano. Alle 15 eravamo lì, nella domenica della Misericordia, per pregare un testimone verace dei nostri tempi, un uomo coraggioso, dalla penna delicata e profonda come una lama, dallo sguardo aperto e accogliente.
Non ho molta dimestichezza con le date, qualcun altro mi avrebbe subito detto che di lì a pochi giorni, esattamente oggi, 20 aprile, sono trent’anni (1993) dalla nascita al Cielo del venerabile presbitero. Per questo leggerlo sulla sua lapide è stata una sorpresa imprevista, una delicata tenerezza divina. Il vento soffiava forte, avvolgeva quell’angolo pieno di verde, di fiori e di bandiere della pace. Quasi a voler testimoniare che c’era vita che continuava a sgorgare da quel seme deposto nella terra. E quanta vita nella sua esistenza passata a girovagare con l’auto da un luogo all’altro, da una povertà all’altra. Quanta vita nei suoi scritti che comunicano la freschezza del Vangelo. Quanta vita nelle sue preghiere, quasi poesie, che hanno la capacità di ridestare il cuore, di innalzarlo alle vette delle cose vere, autentiche.
Il suo motto episcopale: “Ascoltino gli umili e si rallegrino” (Sal 34) è la piena sintesi del suo ministero. Nato in una famiglia povera, conobbe l’orrore della guerra con la perdita di due fratelli e del padre quando ancora aveva cinque anni. La mamma Maria fu essenziale per la sua formazione e la sua vita, le telefonava ogni giorno, da parroco la volle con sé, da vescovo portò la sua fede nuziale come anello episcopale. L’8 dicembre del 1957, a soli 22 anni fu ordinato sacerdote ad Alessano. Ebbe modo di seguire i lavori conciliari accompagnando il suo vescovo, Mons. Ruotolo, un’esperienza che lo segnò molto e diede una direzione precisa alla sua futura azione pastorale. Si dedicò molto alla formazione dei seminaristi fino a quando non fu nominato parroco. L’esperienza tra la gente fu vissuta con lo stesso impeto e la stessa passione. Era difficile tenere il passo con lui, era un folle, un innamorato di Cristo, dei giovani, dei poveri.
Per ben due volte rifiutò l’incarico di vescovo fino a quando nel 1982 venne eletto alla guida della diocesi di Molfetta- Giovinazzo e Terlizzi. Nel saluto che rivolse alla sua diocesi, in una piazza gremita disse: “Liberatemi da tutto ciò che può ingombrare la mia povertà. Di mio non ho molte cose da darvi. Perciò nella mia valigia ho due cose: la Parola di Dio e la tenerezza, la sofferenza e la speranza indistruttibile della mia piccola, stupenda Chiesa d’origine”. Ecco chi era don Tonino, un uomo di Dio.
Sul lato della tomba c’era proprio una valigia che mi ha fatto pensare a quelle parole lette alcuni anni fa. Allora l’ho aperta, ho preso il diario contenuto, ho scritto anche io le mie due povere cose che volevo affidargli, l’ho richiusa e mentre uscivo da quel luogo pregavo: “Santa Maria, donna del riposo, insegnami il segreto della pace interiore. Donami di saper perdere tempo con Dio perché Lui ne perde tanto con noi”. Grazie don Tonino!
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