UDIENZA DEL PAPA
Come portare Gesù agli altri? Risponde Papa Francesco
Il Papa parla di evangelizzazione durante l’Udienza di mercoledì 15 febbraio: “L’annuncio nasce dall’incontro con il Signore; ogni attività cristiana, soprattutto la missione, comincia da lì. Non si impara in un’accademia: no! Incomincia dall’incontro con il Signore”. “Testimoniarlo, infatti, significa irradiarlo; ma, se non riceviamo la sua luce, saremo spenti”.
Papa Francesco continua le sue catechesi del mercoledì sul tema “La passione di evangelizzare, lo zelo apostolico”. Nella mattina del 15 febbraio, durante l’udienza, il santo padre ha iniziato il suo discorso precisando che evangelizzare non è solo parlare: “C’è una passione che ti coinvolge tutto: la mente, il cuore, le mani, andare… tutto, tutta la persona è coinvolta”.
Per diventare discepoli autentici, secondo il Santo Padre, può aiutarci guardare il modo di agire dei primi seguaci di Cristo: “Dopo aver visto in Gesù il modello e il maestro dell’annuncio, passiamo oggi ai primi discepoli”. “Il Vangelo dice che Gesù «ne costituì Dodici – che chiamò apostoli –, perché stessero con Lui e per mandarli a predicare» (Mc 3,14)”.
Il pontefice si sofferma su questo, mostrando un apparente paradosso: “Li chiama perché stiano con Lui e perché vadano a predicare. Verrebbe da dire: o l’una o l’altra cosa, o stare o andare. Invece no: per Gesù non c’è andare senza stare e non c’è stare senza andare”.
Cosa significa? Il papa cerca di spiegare meglio quanto ha appena affermato: “L’annuncio nasce dall’incontro con il Signore; ogni attività cristiana, soprattutto la missione, comincia da lì. Non si impara in un’accademia: no! Incomincia dall’incontro con il Signore”. Per Francesco “Testimoniarlo, infatti, significa irradiarlo; ma, se non riceviamo la sua luce, saremo spenti; se non lo frequentiamo, porteremo noi stessi anziché Lui e sarà tutto vano”.
Non ha dubbi il papa: “Può portare il Vangelo di Gesù solo la persona che sta con Lui”.
Allo stesso modo, però, per Francesco “non c’è stare senza andare. Infatti, seguire Cristo non è un fatto intimistico: senza annuncio, senza servizio, senza missione, la relazione con Gesù non cresce”.
Il pontefice nota allora che nel Vangelo il Signore invia i discepoli prima di aver completato la loro preparazione: “Poco dopo averli chiamati, già li invia! Questo significa che l’esperienza della missione fa parte della formazione cristiana”.
Prima di inviarli, però, Cristo rivolge loro un discorso, noto come ‘discorso missionario’: “Si trova al capitolo 10 del Vangelo di Matteo – spiega il papa – ed è come la “costituzione” dell’annuncio. Da quel discorso traggo tre aspetti: perché annunciare, che cosa annunciare e come annunciare.
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Perché annunciare. “La motivazione sta in cinque parole di Gesù, che ci farà bene ricordare: «Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date» (v. 8)”.
Secondo Francesco, l’annuncio non parte da noi, ma dalla bellezza di quanto abbiamo ricevuto gratis, senza merito: incontrare Gesù, conoscerlo, scoprire di essere amati e salvati. “È un dono così grande che non possiamo tenerlo per noi”, spiega Francesco. E la gratuità è un elemento fondante di questo dare.
Secondo: che cosa annunciare? “Gesù dice: «Predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino» (v. 7)”.
Ecco, per il santo Padre, cosa è prioritario annunciare: che Dio è vicino. “Chi è Dio? – domanda il papa – Il Vicino, il Tenero, il Misericordioso”.
Secondo Francesco quando predichiamo spesso invitiamo la gente a “fare qualcosa”. “Questo va bene – afferma – ma non scordiamoci che il messaggio principale è che Lui è vicino”.
Tuttavia, “accogliere l’amore di Dio è più difficile perché noi vogliamo essere sempre al centro, noi vogliamo essere protagonisti, siamo più portati a fare che a lasciarci plasmare, a parlare più che ad ascoltare”. “Invece l’annuncio deve dare il primato a Dio”.
Terzo punto: come annunciare. Qui il papa si sofferma sullo stile dell’evangelizzatore e ricorda che il Signore ci manda “come pecore in mezzo a lupi” (v. 16). “Non ci chiede di saper affrontare i lupi, – specifica Francesco – cioè di essere capaci di argomentare, controbattere e difenderci: no. Noi penseremmo così: diventiamo rilevanti, numerosi, prestigiosi e il mondo ci ascolterà e ci rispetterà e vinceremo i lupi: no, non è così”. Il punto di forza dei cristiani è “essere umili”.
Il Signore “ci chiede di essere così, di essere miti e con la voglia di essere innocenti, essere disposti al sacrificio; questo infatti rappresenta l’agnello: mitezza, innocenza, dedizione, tenerezza”.
Francesco cita allora un Padre della Chiesa, che scriveva: “Finché saremo agnelli, vinceremo e, anche se saremo circondati da numerosi lupi, riusciremo a superarli. Ma se diventeremo lupi saremo sconfitti, perché saremo privi dell’aiuto del pastore. Egli non pasce lupi, ma agnelli” (S. Giovanni Crisostomo, Omelia 33 sul Vangelo di Matteo).
Infine, sempre sul come annunciare, secondo Francesco colpisce che Gesù, anziché prescrivere cosa portare in missione, dice cosa non portare. “Alle volte, uno vede qualche apostolo, qualche persona che trasloca, qualche cristiano che dice che è apostolo e ha dato la vita al Signore, e si porta tanti bagagli: ma questo non è del Signore, il Signore ti fa leggero di equipaggio e dice cosa non portare: «Non procuratevi oro né argento né denaro nelle vostre cinture, né sacca da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone» (vv. 9-10). Non portare niente. Dice di non appoggiarsi sulle certezze materiali, di andare nel mondo senza mondanità”.
Chi annuncia Gesù, secondo Francesco, è una persona semplice: “Ecco come si annuncia: mostrando Gesù più che parlando di Gesù”.
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